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Il lutto

Livorno, addio al barman Renzo Scotto: ha lavorato 40 anni da Torricelli
 

di Stefano Taglione
Renzo Scotto
Renzo Scotto

Il novantaduenne abitava in via Nino Bixio, nel rione di Shangai, era un leader dell’Anppia e si occupava dei tesseramenti
 

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LIVORNO. Ha lavorato per una vita intera al Torricelli, il noto bar di via Grande punto di riferimento per decenni per tutti i livornesi. «Per ben 40 anni – rimarca la nuora, Susanna Franceschi – tanto che c’è andato in pensione. Era un punto di riferimento per tutti in quel locale, un grandissimo barman. Prima aveva servito i suoi affezionati clienti anche in altri punti di ristoro».

Livorno piange Renzo Scotto, 92 anni, dipendente del famoso esercizio commerciale del centro e simbolo dell’Anppia labronica, l’Associazione nazionale perseguitati politici italiani antifascisti. Abitava a Shangai, in via Nino Bixio. Per il collettivo, fino a pochi mesi fa, «mio nonno consegnava a tutti le tessere, facendosi pure tre piani di scale a piedi pur di ottemperare al suo dovere», aggiunge la nipote, Rachele Scotto. «Per l’Anppia – prosegue la nuora – era più che un attivista, visto che ad ogni manifestazione portava lo stendardo. Anche pochi minuti fa (ieri per chi legge ndr) una delegazione di iscritti è venuta alla camera ardente lasciando proprio lo stendardo che mio suocero ha portato per anni. Era un vero antifascista. Si dava veramente da fare, era instancabile, a tutti noi ha insegnato l’amore per le piccole cose, come apprezzare un caffè venuto bene o un fiore sbocciato nel vaso sul terrazzo. Da questo punto di vista lui era incredibile: aveva veramente il cosiddetto “pollice verde”, faceva rinascere le piante».

Le condizioni di salute di Scotto, negli ultimi mesi, si erano purtroppo aggravate. «Pensare che fino all’anno scorso guidava e fino a poco prima faceva il bagno di Capodanno alla Rotonda – prosegue Franceschi – così come lunghe passeggiate. Era uno sportivo, per questo abbiamo deciso di vestirlo con indosso una tuta». «Era la persona più buona che io abbia mai conosciuto – le parole della nipote – perché appena sapeva che avevo bisogno di qualcosa, si prodigava per farmela avere. Sapeva, ad esempio, che adoravo l’ananas e non c’era domenica che non me lo comprasse. Si scusava quando non ci riusciva e mi preparava le spremute per accontentarmi. Mio nonno mi mancherà tantissimo, era una persona che voleva vedere gli altri felici ed era contento di questo, lo rallegrava. Inoltre era un paciere – conclude – perché quando si litigava, lui in casa riportava sempre l’armonia».

Negli ultimi giorni è stato ricoverato in ospedale. «Non voleva farsi vedere giù – afferma la nuora – quindi appena andavamo a trovarlo lui riprendeva animo, per non farci preoccupare, anche se magari riusciva ormai a parlare con grande difficoltà. Ricordo il suo grande amore per la moglie, Lucia Lavita, si vedeva anche solo dal suo sguardo quanto l’amasse. Diceva sempre che voleva vivere fino a cent’anni». Scotto, oltre alla coniuge, lascia i figli Massimo, Alessio e Patrizia, sei nipoti e tre bisnipoti. Dal 10 agosto alla camera mortuaria dell’ospedale di viale Vittorio Alfieri è stata allestita la camera ardente. Il funerale, sempre qui, si terrà l'11 agosto alle 15.

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