Il mistero
Da Peter Pan alla Caverna di Platone, Ruggeri in concerto a Livorno si racconta: «I labronici sono pungenti»
Il cantautore, 40 album e 4 milioni di dischi venduti: "Non faccio musica per il facile consenso ma per sperimentare"
LIVORNO È stato punk prima di noi, con Tozzi e Morandi ha dato di più, ha inseguito Peter Pan, insomma, Enrico Ruggeri è un gran bel pezzo sulla scacchiera della musica italiana. Forte di un nuovo intenso album, “La caverna di Platone” uscito nel gennaio scorso, giovedì 10 luglio alle 21.30, Ruggeri farà tappa col suo tour in Fortezza Vecchia, per la stagione curata da Luca Menicagli.
Classe 1957, Enrico Ruggeri ha iniziato a suonare fin dai primi anni Settanta. Già nel 1977 aveva fondato i Decibel di “Contessa” e nel 1980 ha partecipato al suo primo Sanremo (di 11 Festival, che vincerà 2 volte). Arriveranno poi, da solista, “Polvere” e “Nuovo Swing”, attraversando gli anni Ottanta e Novanta, tra falchi e gabbiani, da un successo all’altro. Nella sua carriera ha venduto oltre 4 milioni di dischi, ha scritto decine di capolavori (per sé e per altri), è conduttore radiofonico, televisivo e autore di bestseller. Il concerto di Livorno è organizzato da “Leg” e Menicagli Pianoforti (biglietti su Ticketone a partire da 35 euro).
Ruggeri, la data livornese sarà più “Caverna di Platone” o “Giostra della memoria”?
«Ci saranno i miei successi e quella serie di canzoni pressoché obbligatorie, così come alcuni brani dell’ultimo album, ma anche il pezzo che non fai da un po’ di tempo, perché ai miei concerti c’è una parte di pubblico che prende le ferie e mi segue in tutte le tappe. È anche stimolante per loro sapere che ogni concerto che vedono sarà diverso».
Nel suo ultimo lavoro c’è una canzone, “Zona di guerra”, che lascia senza parole. Che opinione ha su quello che sta succedendo nel mondo?
«Credo che un artista piuttosto che andare sul palco e coprirsi le natiche con una bandiera palestinese debba far parlare il proprio repertorio. Alla fine, l’unica canzone che ho scritto su Gaza (stiamo parlando di un luogo dove il 60% degli abitanti ha meno di diciotto anni), o comunque sulle tragedie delle guerre vissute in casa, è questa. Sono convinto che un artista si faccia sentire di più se scrive delle cose che rimangono che non facendo proclami».
Lei è un artista molto fedele a se stesso. Si sente coerente?
«Penso di sì, coerente con dei principi. Uno è quello di non fare musica per il facile consenso e di sperimentare. Grazie a Dio ho una fan-base di persone che è cresciuta con me e che poi hanno fatto crescere con me i loro figli e che ha accettato dischi diversi anche nell’arco di breve tempo – quello più rock, quello con l’orchestra, quello più raffinato o più viscerale. In quaranta album ho fatto cose anche diverse ma un principio comune mi auguro ci sia».
Lei parla spesso di Milano che è la sua città, ma ha dei luoghi del cuore in Toscana?
«Più di uno. Devo dire che Livorno mi piace molto. È una città particolare, dove ho suonato diverse volte. Facevo un programma su Italia 1 che si chiamava “Il Bivio” e dedicai una puntata interamente ai ragazzi, che oggi sono adulti, della famosa beffa delle Teste di Modì. Livorno è questa roba qui, è la patria del mitico “Vernacoliere”, è una terra di persone pungenti, spiritose e anarchiche, nel senso buono del termine».
È un grande fan del rock degli anni ’70. Questa sua passione torna anche dal vivo?
«Sì. All’interno del concerto, i più esperti, troveranno tante citazioni storiche, non ci sono vere e proprie cover (anche se a un certo punto, solitamente, accenno qualche pezzo di Bowie), lo abbiamo proprio disseminato di omaggi all’interno degli arrangiamenti, tipo che a un certo punto, per esempio, un pezzo si ferma e comincia la ritmica di “My Sharona”, quasi un quiz per i più esperti (o per i più anziani)».
Ci può rivelare qualche anticipazione della scaletta di giovedì?
«Ah, la scaletta non la conosco, si decide a cena. Noi non abbiamo mai fatto nella nostra vita un concerto uguale a quello della sera prima, anche questo è il suo bello, è il vero divertimento, è il segreto del rock». l