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Livorno, boom di leucemie e mielomi: «In un anno 500 nuove diagnosi». I sintomi da non sottovalutare

di Martina Trivigno
Livorno, boom di leucemie e mielomi: «In un anno 500 nuove diagnosi». I sintomi da non sottovalutare

ll primario di Ematologia, Enrico Capochiani: «Passi avanti con la medicina di precisione. L’incidenza è di gran lunga maggiore sulla costa rispetto all’entroterra toscano»

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LIVORNO. Nell’ultimo anno, all’ospedale di Livorno, sono state circa 500 le diagnosi di malattie che colpiscono il sangue, tra cui leucemia e mielomi. Il dottor Enrico Capochiani, primario di Ematologia degli Spedali Riuniti, spiega che da tempo il trend di queste patologie è in aumento. «L’incidenza è di gran lunga maggiore sulla costa rispetto all’entroterra toscano e i motivi andrebbero indagati dal punto di vista epidemiologico», sottolinea il direttore. Ma a fronte di questi numeri importanti, la buona notizia è che la ricerca medica ha fatto passi da gigante e che oggi, grazie alla medicina di precisione a cui si affida l’équipe livornese, l’aspettativa di vita dei pazienti si è molto allungata. «Questi farmaci, in alternativa alla chemioterapia tradizionale, quando non riescono a guarire definitivamente la patologia, trovano comunque un punto di equilibrio tale che le persone possono condurre una vita di assoluta normalità, magari ricordandosi di prendere un paio di compresse al giorno», sottolinea il primario.

Dottore, partiamo proprio da qui: la leucemia, ad esempio, è una delle patologie ematologiche che fa più paura. Qual è il ruolo dei farmaci in questa direzione?

«Oggi l’aspettativa di vita di un paziente a cui viene fatta una diagnosi di leucemia linfatica cronica o di leucemia mieloide cronica è totalmente sovrapponibile al resto della popolazione che non ha quella malattia. Ma fondamentale è lo stato clinico di partenza».

In che modo influisce?

«Stiamo vedendo nei pazienti che lo stato clinico di partenza finisce per condizionare il risultato finale. Perché è vero che noi abbiamo armi particolarmente efficaci e straordinariamente potenti, ma le possiamo usare laddove ci siano delle condizioni che ci consentono di poterlo fare. Per questo è fondamentale, e non vale soltanto per noi ematologi, che tutte le persone riescano ad arrivare a un’età non più giovane in buone condizioni. Così, infatti, si aumenta il ventaglio dell’offerta assistenziale che può essere proposta. E, di conseguenza, aumenta anche la qualità dei risultati che andiamo a ottenere sul fronte della cura».

Assistiamo quindi a un aumento delle patologie ematologiche?

«Sì. Notevole e preoccupante per alcuni aspetti. Negli ultimi cinque anni abbiamo visitato circa 12mila livornesi ed è vero che da una parte siamo diventati anche noi più bravi a fare le diagnosi e quindi riusciamo a individuare prima questo tipo di patologie; dall’altra, però, soprattutto negli ultimi anni, c’è un trend di crescita di alcune malattie, in particolare i linfomi e i mielomi, ma anche le leucemie acute sono in aumento. In altre parole, patologie che un tempo vedevamo una volta ogni tanto, ora non passa giorno senza una nuova diagnosi di una malattia ematologica particolarmente importante. Anche se, per fortuna, a questi dati non corrisponde un’elevata mortalità, anche grazie ai benefici della medicina di precisione».

Cosa si intende per medicina di precisione?

«Consiste nell’utilizzo di farmaci a target molecolare, farmaci a target immunologico, terapie cellulari e anticorpi monoclonali. Tutto questo richiede un passaggio di complessità assistenziale perché non sono terapie agevoli e semplici, anche se hanno un grande elemento di evoluzione, ovvero non sono più trattamenti immunoterapici».

Si spieghi meglio.

«Noi non facciamo pressoché quasi più a nessun nostro paziente immunoterapie convenzionali che hanno effetti collaterali importanti come mucosite (un’infiammazione della mucosa, che può colpire il cavo orale, il tratto gastrointestinale, o altre aree del corpo, ndr), perdita di capelli e vomito».

Come funzionano questi farmaci?

«Nell’ultimo anno, ad esempio, abbiamo gestito una quarantina di pazienti con anticorpi bispecifici che hanno una doppia specificità: in prima battuta identificano la malattia (linfoma, leucemia, mieloma) ma poi in qualche modo agganciano una parte del sistema immunitario, presentando quello che dovrebbe essere l’obiettivo della sua naturale azione terapeutica. In sostanza, questi anticorpi eliminano parte della malattia e insegnano al sistema immunitario a continuare a svolgere quell’azione di verifica e controllo che il sistema immunitario da solo non è riuscito a fare: questo fa sì che con trattamenti tutto sommato abbastanza semplici si mantenga poi nel tempo un’efficacia terapeutica che non dipende più dall'effetto della terapia stessa».

Quali sono i sintomi da tenere sotto controllo nel caso delle patologie ematologiche?

«Stanchezza diffusa, febbre, dimagrimento. Condizioni che di per sé non dovrebbero far preoccupare ma è la costanza di questi sintomi che deve far scattare l’allarme. Il consiglio, quindi, in presenza di una sintomatologia che perdura, è quello di rivolgersi a uno specialista se vediamo che alcuni di questi sintomi non se ne vanno e soprattutto non hanno una spiegazione logica alternativa evidente. Meglio fare un esame in più e chiedere una prestazione specialistica che trovarsi con una patologia in stato avanzato».

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