Da Livorno in Guinea Bissau, il dottor La Gioia in missione: «Le nostre tecnologie al servizio dei più poveri»
L’ex primario dell’ospedale di Livorno: «L’obiettivo è l’autonomia diagnostica»
LIVORNO. Più di 30 anni come medico di laboratorio anche a Livorno, poi in Africa, Somaliland, Tanzania e quindi Guinea Bissau. Paesi poverissimi ai due estremi ovest ed est del continente per aiutare lo sviluppo medico e assistenziale di quelle popolazioni con il supporto della comunità valdese.
Un percorso professionale che Antonio La Gioia ha portato avanti da molto tempo e che si propone di continuare partendo ancora una volta dall’inizio, con il gruppo di volontariato italiano “Docemus”.
«Andrò in Guinea Bissau dal 9 dicembre per la conclusione del progetto TeleLab – racconta La Gioia – . Il progetto prevede l’uso di tecnologie per la trasmissione/ricevimento a distanza di immagini, direttamente dal microscopio in uso nel laboratorio della clinica Madrugada di Bissau. Discussioni interattive in diretta tra me e il personale tecnico del laboratorio permetteranno sia la possibile diagnosi di una malattia del sangue sia l’aggiornamento e il miglioramento della qualità professionale del personale. L’obiettivo finale, se pur di lungo periodo, è il perseguimento di una sufficiente autonomia diagnostica nella microscopia clinica». La Guinea Bissau, ricorda il medico di laboratorio, è uno dei Paesi più poveri del mondo.
Perché la Chiesa Valdese e non altre strutture religiose?
«La Chiesa Valdese utilizza il suo 8x1000 per il finanziamento totale o parziale di progetti di cooperazione che le vengono presentati. Presentiamo progetti di cooperazione a molti potenziali finanziatori (fondazioni, associazioni varie tipo Rotary). I valdesi sono i più reattivi e laici: almeno tre progetti finanziati da loro riguardava strutture sanitarie cattoliche, frequentissime in Africa».
Le malattie ematologiche sono più diffuse rispetto alla media europea?
«Non vi è motivo d’ipotizzare una maggiore incidenza di malattie ematologiche. Mancano le possibilità diagnostiche ed è questo il motivo principale dei nostri interventi. La nostra missione, descritta dal nome “Docemus” ovvero “Insegniamo”, è creare dove possibile autosufficienza diagnostica operando sulla formazione e l’aggiornamento del personale sanitario».
In quanti andrete in Somaliland? Lei è il solo medico di laboratorio?
«Il numero di operatori può essere diverso nelle diverse fasi progettuali. Questa volta vado da solo. “Docemus” ha altri professionisti di laboratorio, medici, biologi e tecnici. Io sono il responsabile delle attività di laboratorio. La prossima missione è in Guinea Bissau. In Somaliland abbiamo operato in passato (2014 – 2020 circa); in Tanzania e Kenia abbiamo progetti ancora in corso per il miglioramento della medicina trasfusionale e della diagnostica delle malattie infettive».
È una struttura sanitaria unicamente ematologica o esistono più specialistiche?
«A Bissau, capitale di questa Guinea, vi è il centro polivalente Madrugada (Alba, Aurora in portoghese che è la lingua ufficiale; la Guinea Bissau è ex colonia Portoghese). Vi sono prevalentemente attività ambulatoriali ma anche alcuni letti di degenza, sala operatoria e radiologia». l