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Ristrutturato, chiuso e dimenticato: a Livorno viaggio nella bellezza del Cisternino di Pian di Rota

di Francesca Suggi
Ristrutturato, chiuso e dimenticato: a Livorno viaggio nella bellezza del Cisternino di Pian di Rota

Arcate, cupole, cisterna e gallerie di metà 800 firmate Pasquale Poccianti: è un capolavoro di architettura neoclassica interdetto ai livornesi da anni

13 maggio 2024
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LIVORNO. La bellezza e il degrado. La storia del sistema di approvvigionamento idrico cittadino che getta le sue radici alla fine del '700 coi granduchi lorenesi e un presente dove tutto questo appare dimenticato. E ancora un restauro a sei zeri terminato nel 2008 con grandi propositi di valorizzazione e aperture sparati dalla politica di allora e caduti nell’oblio.

Perché la realtà è triste. È quella di un gioiello di architettura neoclassica a firma dell’archistar - come si direbbe oggi - di primo Ottocento Pasquale Poccianti. Benvenuti al Cisternino di Pian di Rota. Quanti livornesi rammentano le sue meraviglie? Le porte sono sbarrate da troppi anni. E nel momento in cui il “fratello maggiore”, la Gran Conserva del Cisternone registra migliaia di visitatori - ben 4500 fino ad oggi - durante le visite organizzate in queste settimane da Asa e Comune, l’oblio del Cisternino fa ancora più male.

Dopo il «grande intervento di valore culturale e unico nel suo genere grazie a un nuovo progetto che si caratterizza per la valorizzazione storico-architettonica dell'edificio e per la funzione sociale», come amava sottolineare la politica che governava la città in quegli anni, il Cisternino di Pian di Rota si è fatto ammirare veramente molto poco. Così dal 2008. Così anche oggi. Inspiegabilmente.

I soldi spesi al tempo - questo intervento viene ricordato anche da una targa accanto al portone d’ingresso - arrivarono in parte con gli oneri derivanti dai lavori di Porta a Terra e in parte con un contributo dell'Unione europea, nell'ambito dei fondi Pils, per un importo complessivo 1 milione e 100mila euro. Poi per completare l'intervento, che prevede il pieno il recupero funzionale della struttura, fu previsto un ulteriore costo di 350 mila euro. Venne subito messo bene in chiaro che il Cisternino non sarebbe tornato ad avere alcuna attività di acquedotto.

Sempre dall’amministrazione di allora veniva prospettato un futuro anche come location di eventi. E di visite a gruppi (massimo 25 alla volte) per aperture non continuative - per ragioni di sicurezza - ma comunque frequenti.

Quelle arcate, quelle cisterne, quel sottotetto “lunare”, il seminterrato: la storia si racconta attraverso le foto “narranti” pubblicate dal Tirreno oggi. Per il momento appare l’unico modo per ricordare alla città quanto è bello quel monumento-acquedotto con due incisioni all’entrata che ne scandiscono l’importanza: sono poste sulla facciata principale a ricordare che l'opera fu iniziata nel 1827 sotto il governo di Ferdinando III e fu conclusa nel 1851 sotto Leopoldo II di Lorena. In oltre un secolo e mezzo di storia dalla sua benedizione - avvenuta nel 1852 - sono molte le vicissitudini che fanno di questo edificio un pezzo importante di Livorno.

La funzione di "purgatoio" (depurazione dell'acqua in cisterna) terminò già nel 1893 perché le acque che arrivavano dalle sorgenti avendo un flusso troppo lento e così, invece di essere filtrate dallo strato di carbone e ghisa posto nella vasca interna, acquistavano batteri. Perciò furono chiusi i rubinetti e l'acqua venne fatta arrivare per altre vie.

La struttura cadde successivamente a in stato di abbandono ed incuria. Poi il restauro che non si focalizzò solo su intonaci, tinteggiature, deumidificazioni, impermeabilizzazioni della pietra, ripristino del sistema dei pluviali, ma anche la realizzazione di strutture per consentire la accessibilità e visitabilità della cisterna ai fini dell’ accoglienza ed esposizione, messa in sicurezza del camminamento per i visitatori, recupero del sistema di smaltimento delle acque meteoriche. Oltre alle diverse funzioni per cui è stato usato nel corso del tempo, il Cisternino era anche l'ultima tappa delle passeggiate a cavallo tra '800 e '900 che i livornesi amavano fare lungo la via delle Sorgenti.

DAL COMUNE: C’E’ UN PROGETTO DI VALORIZZAIONE

Sa bene che, oggi, il Cisternino di Pian di Rota purtroppo è ammalorato. Fuori (e si vede a occhio nudo) e anche dentro. L’assessore alla Cultura Simone Lenzi si dice dispiaciuto che quel tesoro monumentale con la sua storia e la sua bellezza sia stato restaurato e per troppi anni chiuso. Il suo percorso lo conosce bene. «Io sono dell’opinione che i restauri vadano fatti quando c’è, in abbinamento, un progetto concreto di utilizzo del bene che si è restaurato». E pensa alla fine che ha fatto oggi il Cisternino di Pian di Rota, ma guarda al suo prossimo futuro. Rientra nel progetto di valorizzazione delle vie dell’acqua. Dentro c’è anche Asa e ci sono istituzioni come il Comune di Collesalvetti, la Regione, la Sovrintendenza.

Perché il Cisternino per ovvie ragioni fa parte di quell’Acquedotto Leopoldino che si vuol valorizzare. Almeno questa è una delle cose inserite nel protocollo che esiste tra enti e istituzioni. «Bisogna avere la consapevolezza che comunque sul Cisternino bisogna rimetterci le mani e per questo bisogna reperire finanziamenti». Tutto è rimandato al dopo elezioni. Lenzi conferma che la volontà è quella di ripristinare il cammino delle vie dell’acqua. E anche tornare a far visitare e vivere il Cisternino disegnato da Poccianti, lo stesso autore del Cisternone che in queste settimane è meta di aperture speciali. Fu attivato il 16 aprile 1852 e serviva sia da purgamento per l'Acquedotto di Colognole, sia come riserva d'acqua. Chi passeggia in quella parte di città meta di pomeriggi nel verde viene colpito dal suo aspetto maestoso, le sue linee rigorose, prive di quel decorativismo che si trova nel Cisternone. E' un quadrilatero con tre navate in lunghezza e 5 in larghezza, con due semicerchi ai lati, ricoperto da 15 calotte sostenute da 28 pilastri e circondato da una galleria. «Abbattimento del cavalcavia della stazione, Uffici del Mare alle Terme, le vie dell’acqua col Cisternino, l’Acquedotto Leopoldino sono tutti tasselli di un progetto globale di valorizzazione che sarà portato avanti», chiude l’assessore.

L’ASSOCIAZIONE RESET SI METTE A DISPOSIZIONE

 «Torniamo a rinnovare volentieri la nostra proposta di collaborazione per tenere pulito, fare manutenzione e rendere il Cisternino di Pian di Rota finalmente fruibile dai cittadini, in sicurezza». Giuseppe Pera e il suo gruppo di volontari dell’associazione Reset ben volentieri si mette a disposizione del Comune per far tornare a vivere quel monumentale serbatoio alle porte della città.

Il contesto è quello del sold out delle due slot di visite al Cisternone. «Lo stesso successo potrebbe averlo il Cisternino di Pian di Rota: rispetto alla Gran Conserva ha caratteristiche diverse, non è deposito dell’acqua dell’acquedotto, non ha rischi di alcun genere, in più ha un enorme cisterna vuota che potrebbe essere utilizzata per proiezioni, eventi e tanto altro». È il gruppo che in questi anni in città è riuscito a valorizzare, grazie alle istituzioni che hanno dato fiducia a questi volontari, tanti beni comuni. Dalle Terme del Corallo alle ville della Belle Epoque di Monterotondo, passando dalle galleria della Fortezza Nuova a piazza Dante e ora col cimitero monumentale Olandese Alemanno, i tanti volontari guardano ai “nostri” tesori dimenticati.

Per il loro percorso sulla valorizzazione dei beni comune la domanda è d’obbligo: perché non interessarsi anche del Cisternino?

«Noi avevamo fatto la nostra proposta di collaborazione al Comune due anni fa proprio per occuparci del Cisternino di Pian di Rota e se servisse a ridare vita e fruibilità a quel monumento di grande bellezza e storia noi nuovamente ci mettiamo a disposizione come associazione: dico ancora che noi ci siamo se serve, per un patto di collaborazione per l’Acquedotto Leopoldino e siamo pronti a valorizzare questa struttura bellissima», chiude il presidente a nome di tutti i volontari dell’associazione. l

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