Morte di Denny Magina, il dolore di Erika: «Ammazzato due volte, capisco chi pensa alla vendetta»
Livorno, la mamma del 29enne dopo la scarcerazione dell’indagato: «Un situazione surreale, per un errore adesso ce lo troviamo in giro»
LIVORNO. I carabinieri che suonano alla porta, in piena notte. «Signora, suo figlio è gravissimo. È volato giù da una finestra». La corsa in ospedale e la frase che una mamma non dovrebbe mai sentire: «Suo figlio è morto». Le indagini, il fascicolo con tre nomi, i due arresti per droga e l’arresto per omicidio dopo la ricostruzione della procura. «Hamed Hamza l’ha colpito con un pugno, per questo Denny Magina è volato giù dal quarto piano». Tutto in un anno e mezzo. O poco più. Tutto da quel maledetto 22 agosto 2022. Tempo che mamma Erika Terreni ha passato in apnea. Sperando e aspettando «giustizia per Denny». Poi, all’improvviso, la notizia: Hamza è fuori. Sia per l’omicidio (per un corto circuito giuridico) sia per lo spaccio (perché sono venute meno le esigenze cautelari). Ed Erika ha vissuto ancora l’ultimo anno e mezzo. L’ha vissuto ancora e ancora. Dal suono del campanello fino alla notizia del rilascio. «Me l’hanno ammazzato un’altra volta».
«Questa è giustizia?»
Delusione, rabbia, amarezza. Dolore. C’è tutto questo nella voce di Erika. «E anche di più». Poi c’è la determinazione, quella che ha avuto fin dall’inizio, nel voler sapere la verità su suo figlio. «Ma se questa è la giustizia allora non ci credo più. Allora capisco chi finisce per pensare alla vendetta». Perché mamma Erika non ha mai creduto né all’ipotesi del suicidio né a quella dell’incidente. E se Denny Magina nella notte tra il 21 e il 22 agosto del 2022 è morto dopo essere precipitato dal quarto piano è stato perché «qualcuno l’ha ucciso».
Le indagini
Il dubbio è venuto anche alla procura, tanto che ci sono tre indagati per omicidio preterintenzionale (non più volontario, come nell’ipotesi iniziale). Secondo la procura, che si basa su riscontri tecnici, Hamed Hamza avrebbe dato un pugno in faccia a Denny che, in quel momento sotto l’effetto di droga e in piedi di spalle alla finestra, indietreggiando è volato giù per poi morire in ospedale. Nella stanza in quel momento – sempre secondo la procura – c’erano anche Niko Casoli (ancora in carcere dopo una condanna per rapina) e Amine Ben Nossra (arrestato per spaccio e poi rimesso in libertà). Anche Hamza è finito in carcere a novembre per spaccio. Stessa misura cautelare chiesta e ottenuta dalla procura per l’altra accusa: quella di omicidio. Poi però dal carcere è uscito. Perché l’esigenza cautelare per spaccio si è esaurita con l’inizio del processo e perché quella per omicidio è stata annullata dal giudice a causa di una retrodatazione dei termini. Tutto questo in attesa della chiusura delle indagini e della richiesta di rinvio a giudizio, almeno per Hamza, annunciata dalla procura.
«Fuggirà»
Erika Terreni ha saputo della scarcerazione ieri, sabato 30. «Neanche il mio avvocato era stato messo al corrente. È incredibile. Anzi, di più. È surreale. Sembra di essere in un film. Abbiamo mantenuto la calma per 20 mesi e adesso per un errore ce lo ritroviamo in giro. Ci voleva più scrupolo, anche per tutto il lavoro che hanno fatto i carabinieri. Cosa bisogna fare per avere giustizia?». Giustizia per Denny è la frase impressa sugli striscioni con cui, il giorno dopo la morte del 29enne livornese, è stata tappezzata la città. Da via Giordano Bruno fino al palazzo del municipio. È la frase gridata durante i cortei e dopo le partite di calcio. «Non credo più in questa giustizia. Lui (Hamza, ndr) prende il primo treno e se ne va. E quando succederà cosa faranno? Dove lo andranno a cercare? Come pensano di poterlo trovare? Non mi aspetto più niente. E chi ha sbagliato dovrà assumersene la responsabilità». La mente è sempre lì, a Denny. A quel figlio che «oggi mi hanno ammazzato una seconda volta».
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