Livorno, guerra ai “pirati” dei giornali nelle chat e sui social: «Fino a 15.000 euro di multe»
Basta lo “screenshot” della condivisione per finire nei guai. Un inoltro su Whatsapp può, già da solo, portare pesanti sanzioni. I militari pronti ad avviare le denunce
LIVORNO. Fino a 15.000 euro di multa (e processo penale) per chi condivide le pagine dei quotidiani per trarne profitto, banalmente anche piazzando un banner pubblicitario o un popup sulla pagina web per scaricarli o i collegamenti ipertestuali a quest’ultima, ad esempio, su un gruppo di Whatsapp. Una sanzione amministrativa da 103 a 1.032 euro, invece, per chi semplicemente le consulta e le inoltra, anche solo con uno “screen shot”, la cosiddetta foto di ciò che viene visualizzato sullo schermo del proprio tablet o del telefonino.
Il giro di vite
Offensiva della guardia di finanza di Livorno contro chi diffonde le copie pirata del Tirreno e degli altri giornali. Basta un clic per finire nei guai, perché con uno “screen shot” le fiamme gialle possono risalire facilmente all’identità di chi condivide illegalmente le opere protette dal diritto d’autore (tutti i quotidiani a pagamento) per multarlo in modo severo. Inviare a terzi il contenuto dei quotidiani, se non addirittura gli stessi file .pdf con tutte le pagine, è assolutamente vietato, dato che sono opere collettive protette dalla legge sul diritto d’autore, che nella sua prima versione risale addirittura al 1941 e che nel frattempo, ovviamente, è stata aggiornata. Un testo legislativo che, magari in molti non lo sanno, ora prevede sanzioni molto elevate per i trasgressori. E soprattutto, se le segnalazioni sono precise e circostanziate, anche una facilità di indagine con gli importanti mezzi che hanno a disposizione i finanzieri, che in passato in altre province d'Italia hanno sgominato attività criminali molto collaudate in questo ambito, con gli “inoltratori finali” che forse nemmeno immaginavano di far parte di un sistema così grande, da migliaia di utenti registrati ai vari servizi illegali.
Le indagini in provincia
In provincia di Livorno, almeno per il momento, non ci sono state indagini da parte della guardia di finanza, anche se il fenomeno della pirateria dei quotidiani locali come Il Tirreno è purtroppo molto frequente ogni giorno e viene comunque monitorato sia dalle fiamme gialle, che dalle altre forze dell’ordine come i carabinieri o la polizia postale. Esistono piattaforme, purtroppo, attraverso le quali la mattina presto vengono diffusi gratuitamente i quotidiani e chi li distribuisce, attraverso il proprio account, è già stato segnalato. Inoltrare un’edizione del Tirreno anche via Whatsapp, senza scopo di lucro, porta a una sanzione amministrativa di massimo 1.032 euro. Ma se, ad esempio, nella pagina in cui viene scaricata ci sono dei banner pubblicitari, subentra lo sfruttamento commerciale e si rischia il processo penale e una maxi-multa fino a 15.000 euro. Tantissimo: anche in questo caso, come prova iniziale, può bastare uno “screen shot” che evidenzia l’invio del link o del .pdf del quotidiano che in edicola, ovviamente, ha un costo ben preciso.
Il precedente
La stessa guardia di finanza, a Bari, al termine di una complessa indagine telematica ha chiuso diversi canali social dove venivano distribuiti i quotidiani. E il giro di vite, ovviamente, sta continuando. «Le indagini – si legge in una nota delle stesse fiamme gialle – hanno determinato, finora, la chiusura di 329 canali e gruppi di utenti presenti su Telegram, nonché l’identificazione di diverse persone responsabili della distribuzione illecita di migliaia di copie digitali di quotidiani. In quest’ultima operazione di polizia, la puntuale analisi del contenuto della memoria degli apparati sequestrati ha consentito di acquisire ulteriori elementi di riscontro delle condotte illecite tenute da nove uomini indagati per i reati di pirateria editoriale. In tale contesto è emerso che i responsabili della gestione dei siti oggetto di sequestro non percepivano dagli utenti alcun corrispettivo per l’accesso ai relativi contenuti, traendo, invece, profitto dalla pubblicità inserita nelle relative pagine sotto forma di banner e pop up. L’attività conferma come il mercato della pirateria editoriale rappresenti un business illecito molto fiorente, in grado di coinvolgere una vastissima platea di utenti che lo alimentano, spesso inconsapevoli delle conseguenze, anche di natura penale, cui si espongono e degli ingenti danni economici che tale pratica arreca sia ai titolari dei diritti di autore, sia in senso più ampio all’economia nazionale».
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