Livorno, l'Asl sul futuro dell'ex Rari: «Va spostata dalla zona del Picchianti»
L’Azienda sanitaria raccomanda agli enti di valutare la delocalizzazione dell’impianto. Da Rifiuti Zero a Fdi chiedono al sindaco il parere sanitario negativo
LIVORNO. In via dei Fabbri, al Picchianti, ci sono ancora il vecchio gazebo di protesta del comitato Livorno nord e la scritta “basta veleni”. Da anni la Rari non c’è più, almeno non con questo nome. L’azienda di trattamento dei rifiuti che fu sequestrata nel 2017 e dissequestrata un paio di anni dopo, è da tempo in mano a una nuova realtà, Ireos, che ha sede a Genova. Tra covid, procedure e adeguamenti vari degli impianti, le attività all’interno sono di fatto ripartite nel novembre scorso. E come sottolineano i vertici della nuova società (nell’articolo in basso) le autorizzazioni regionali «ci sono tutte»: la Via postuma (Valutazione di impatto ambientale) è stata certificata a settembre, l’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) scadrà il prossimo anno. Ed è proprio nell’ambito del percorso di riesame dell’Aia in vista del 2024, che la Asl ha emesso un parere che ha riacceso il dibattito intorno all’impianto. Scaldando anche il consiglio comunale.
Cosa ha scritto l’azienda sanitaria? Nelle quattro pagine indirizzate a Regione e Comune ha dato soprattutto indicazioni, pareri, prescrizioni di carattere tecnico, per esempio sulla frequenza dei monitoraggi degli odori. Ma sul finire, in un capitolo in grassetto, ha scritto anche che «si raccomanda agli enti competenti di valutare la delocalizzazione dell’azienda in un’area più consona, posta a debita distanza da insediamenti destinati a permanenza di persone». Non si ordina, ma comunque si «raccomanda di valutare». E questo «in considerazione degli insediamenti civili e delle attività commerciali aperte al pubblico che sono presenti in aree non distanti, nonostante la zona dove la ditta è insediata sia destinata ad attività artigianali/industriali», e «vista la tipologia delle lavorazioni svolte dalla Ireos, che consistono nella gestione di rifiuti contenenti anche sostanze pericolose e cancerogene con conseguente emissione in atmosfera di inquinanti quali, solo a titolo di esempio non esaustivo, arsenico, cadmio, cromo, mercurio, piombo».
Questo passaggio è contenuto in un atto datato 16 marzo, ma è finito sotto i riflettori dopo un recente intervento di Rifiuti Zero, che ha chiesto pubblicamente «cosa aspetta il sindaco per emettere il parere sanitario negativo». Nell’ultimo consiglio comunale, invece, ce l’ha portato il capogruppo di Fratelli d’Italia, Andrea Romiti, che ha chiesto a Luca Salvetti se «come autorità locale di sanità pubblica, alla luce del parere dell’Asl, stia valutando di delocalizzare l’attività lontano dai centri abitati». Il sindaco, nella sua risposta, ha premesso che nel precedente percorso di Valutazione di impatto ambientale, dalla Asl non sono state scritte queste parole. «Ne prendo atto», ha aggiunto. «Ma intanto – ha puntualizzato – questo parere sarebbe stato importante all’interno della Via» e «il sindaco non ha la facoltà di ordinare la delocalizzazione di una struttura privata». Poi: «Se la situazione rimane questa e la Asl mi specifica anche meglio qual è la sua preoccupazione e mi dichiara in maniera chiara che si tratta di un’attività insalubre, se lo fa, darò un parere negativo, perché l’aspetto della salute dei cittadini è primario».
Romiti ha invitato gli altri gruppi a firmare una mozione il più possibile condivisa: «Prima queste cose le dicevano solo i cittadini, solo il comitato Livorno nord, ora lo dice anche la Asl, vicino a case e negozi non può esserci un’attività del genere».
Da Firenze è intervenuto anche Alessandro Capecchi, consigliere regionale Fdi nella commissione ambiente, che parla di una «grande vittoria di tutti i cittadini, in particolar modo del comitato che da sempre lotta su questo fronte e grazie anche a Fdi finalmente ha ottenuto un parere della Asl». Per lui è «un parere chiaro nei contenuti e che dà prescrizioni abbastanza stringenti: noi siamo sempre a favore delle attività produttive, ma quelle che sono pericolose occorre che abbiano luoghi dedicati».