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Livorno piange Valerio Vatteroni, re a canestro e veterano del foro

di Claudia Guarino
Livorno piange Valerio Vatteroni, re a canestro e veterano del foro

Cestista cresciuto nella Libertas, pilastro della Nazionale e stimato avvocato, Vatteroni aveva 81 anni. Il ricordo di parenti e amici: «Livorno perde un grande uomo»

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Livorno In aula il suo era «un fare signorile». Distinto. Ma sul parquet, con quelle scarpette, volava. Valerio Vatteroni. Professione avvocato, segni particolari: mito. Prevalentemente sotto canestro. Soprattutto nei dorati anni Sessanta. «Se n’è andato. E ha lasciato Livorno senza un grande uomo. Ha lasciato la città senza un personaggio di spicco. Unico nel suo genere». Vatteroni è morto a 81 anni, dopo una lunga malattia. Ma la sua è una storia che rimarrà legata a doppio filo con quella dello sport labronico. Lascia i figli Alessio e Arianna e i nipoti Mariasole, Michelangelo e Lorenzo (cestista il secondo e avvocato il terzo, proprio come nonno ha insegnato). «Babbo era una persona estremamente altruista che pensava prima agli altri che a se stesso», dice Arianna.

Simbolo sotto canestro

La carriera del Vatteroni cestista inizia nelle giovanili Libertas. È qui che muove i primi passi sotto canestro. Come ala. «Mio fratello era un grande atleta – dice Fabio Vatteroni, anche lui ex giocatore di basket – un buon tiratore e un grande difensore». E mentre appena ventenne consumava il parquet dei palazzetti labronici, nel “tempo libero” si dedicava allo studio. Era iscritto alla facoltà di Giurisprudenza. Servivano rigore e dedizione. Concentrazione e metodo. E lui è sempre riuscito a tenere insieme le due cose. Ad essere studente e sportivo professionista insieme. «Babbo – racconta la figlia Arianna – si è laureato a 24 anni, in tempo, senza rinunciare a giocare a basket ad alti livelli. E di questo è sempre stato molto orgoglioso». Mentre macinava esami qualcuno l’ha notato sotto canestro. Così ben presto ha preso un aereo per il nord Italia. Destinazione Varese. Era il 1962. La stagione successiva, racconta il fratello Fabio, «con l’Ignis ha vinto uno scudetto». Vatteroni macinava vittorie. E presto arrivò il cambio di maglia. «Ha giocato a Milano, in serie A. E dopo a Siena». Poi è tornato a Livorno. Ha appeso la canottiera al chiodo e si è dedicato al suo lavoro di avvocato abbracciando, nei primi tempi, il mondo del basket. Ma non prima di indossare la maglia azzurra. In Nazionale ha collezionato varie partite, tutte ai campionati europei del 1963, mettendo a segno 66 punti complessivi «poi ha giocato con la nazionale delle forze armate». «Tre sono i fattori essenziali – scrisse qualche anno fa Valerio Vatteroni in un articolo reperibile sui siti di basket – equilibrio, coordinazione, convinzione. E un giocatore perfetto non dovrebbe avere un punto preferito di tiro. È una limitazione perché un difensore potrebbe conoscere quel punto e bloccare facilmente l’avversario».

Il lavoro da avvocato

A un certo punto, dicevamo, Vatteroni ha riposto il pallone a spicchi e si è gettato anima e corpo nel suo lavoro. Avvocato molto stimato in città, aveva lo studio in piazza Attias – zona in cui viveva – ed era specializzato in diritto civile. «In un primo momento – racconta il fratello Fabio – era l’avvocato dei giocatori di basket. Aveva creato una organizzazione: un sindacato che curava gli interessi dei cestisti. E in maniera particolare di quelli stranieri. La prese a cuore perché ci teneva che i giocatori avessero un punto di riferimento legale». Il suo studio, come detto, era in piazza Attias e da qui preparava pratiche e arringhe. Chi lo conosceva professionalmente lo descrive come un legale serio e in gamba. Oltre che come uomo amante del basket e del golf: giocava e per un periodo è stato presidente del club di Tirrenia. «Era il principe del foro – dice l’avvocata Silvia Mesturini –. E per gli avvocati della mia generazione è stato un vero punto di riferimento. In tribunale, con la sua signorilità e professionalità, era un mito. Quando Vatteroni entrava in aula se ne accorgevano tutti. Era preparato, serio e composto e per questo suo modo di fare era molto stimato anche dai magistrati». Inoltre «era un grande sportivo. E credo che sia stato la prova vivente di come si possa essere grandi studiosi e, nello stesso tempo, professionisti sportivi di alto livello». E adesso, nel giorno del dolore più grande, i colleghi avvocati si stringono attorno alla famiglia dell’ex cestista. «Ci stringiamo tutti attorno ai parenti di Vatteroni – dice l’avvocato Leonardo Biagi, presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati di Livorno –. Lascia un grande vuoto nel foro livornese».

L’amore per la famiglia

E lo lascia anche nel cuore di chi lo amava. Gli amici lo descrivono come una persona gentile e disponibile. Come un uomo semplice e “aristocratico” allo stesso tempo. «Era un signore. E diceva sempre ciò che pensava. Con educazione e rispetto per gli altri». La figlia Arianna dice che «è sempre stato un uomo molto legato alla famiglia. Stravedeva per i suoi nipoti. Mia figlia Mariasole, per esempio, è stata la sua prima nipote e verso di lei aveva un’adorazione assoluta». E quella di Valerio Vatteroni è una doppia eredità. «Mio figlio Michelangelo sta seguendo le orme del nonno e gioca a basket nell’Us Livorno. Mentre Lorenzo, il figlio di mio zio, è diventato avvocato iniziando nello studio di famiglia». Ieri pomeriggio i parenti non avevano ancora stabilito la data per l’ultimo saluto a Valerio Vatteroni. Un uomo che «ha dedicato la sua vita al basket, al diritto e alla famiglia». Un uomo la cui memoria, ne siamo certi, rimarrà legata alla storia di Livorno e a uno sport, quello labronico, che anno dopo anno ha saputo farsi spazio nel panorama mondiale, conquistando quell’oro che Vatteroni ha stretto forte a sé negli anni Sessanta dopo aver solcato i palazzetti di tutta Italia. l

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