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Livorno

Rapina choc

Accoltellato e rapinato a 13 anni, la rabbia del padre: «Corea un quartiere pericoloso»

Stefano Taglione
Accoltellato e rapinato a 13 anni, la rabbia del padre: «Corea un quartiere pericoloso»

Livorno, il genitore: «Vivo qui da più di 30 anni, non da ieri. Sai quando esci, non sai se rientri sano e salvo. La situazione è drammaticamente peggiorata»

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LIVORNO. «Abito in Corea da più di 30 anni e non ho visto mutare solo questo quartiere, ma tutta Livorno. Una città peggiorata drasticamente: prima, anche alle 4 di notte, potevi andare in giro tranquillamente e al massimo se eri una donna qualche fesso poteva urlarti qualcosa dietro, ora invece rischi di essere violentata. Esci e non sai se rientri: prima si moriva quasi solamente per gli incidenti stradali, ora invece potresti essere accoltellato da chiunque anche alle 19.30 del pomeriggio per una banale lite, per una precedenza mancata o per un normale diverbio. Bisogna inasprire le pene, non c’è altra soluzione».

A parlare nuovamente al Tirreno è il padre del tredicenne accoltellato e rapinato in via don Davide Albertario, nel rione nord di Livorno. Lui, insieme alla moglie, non ha mai lasciato solo il figlio, neanche per un secondo, facendogli compagnia in ospedale. L’adolescente – ferito al braccio, all’addome e alla gola dopo l’aggressione di martedì scorso mentre portava a spasso il cane – da mercoledì è tornato a casa, dimesso dal reparto di pediatria con sette giorni di prognosi. Poi dovrà fare un ulteriore controllo sanitario e al più presto, la sua vita, riprenderà normalmente. Tornerà a scuola, racconterà ai compagni (dal vivo) ciò che purtroppo gli è successo. E riprenderà, finalmente, a portare in giro l’amato cagnolino come ha sempre fatto, senza che mai gli fosse accaduto niente nei dintorni del condominio dove vive. Durante l’agguato, fra l’altro, da dolce e responsabile padrone dell’animale ha subito pensato alla sua sicurezza, chiedendo al bandito che gli stava puntando il coltello se poteva, anche solo per un attimo, mettere il cane nel cortile. «Prima a Livorno si stava bene, si poteva andare in giro in tranquillità – rimarca il padre del ragazzo, che Il Tirreno non cita con nome e cognome per non rendere riconoscibile il minorenne vittima della rapina – ora no, è cambiato tutto e le persone hanno paura. Per pochi spiccioli ti puntano contro il coltello, è qualcosa di spaventoso».

Il genitore, nell’edizione di ieri, attraverso il nostro giornale si era appellato al prefetto Paolo D’Attilio e al questore Roberto Massucci denunciando l’insicurezza del rione, ringraziando al contempo i carabinieri «per come si sono adoperati – aveva detto – dal momento della prima chiamata al 112, fino all’ultimo istante in cui li abbiamo salutati nella caserma di viale Fabbricotti». Sono i militari dell’Arma, infatti, a indagare sul grave episodio di cui è stato vittima il tredicenne, prontamente intervenuti dopo l’allarme al centralino unico di emergenza. «La persona che ha aggredito mio figlio – prosegue il babbo – era armata con un coltello a serramanico, di quelli che si nascondono nei pantaloni per minacciare gli altri. È incredibile che si arrivi ad accoltellare una persona per un telefonino».

Secondo l’uomo, l’unica soluzione, è «inasprire le pene». «Le persone delinquono perché sanno di rimanere impunite o quasi – prosegue – quindi è chiaro che la punizione non serve a prevenire il reato. Questi individui lo sanno e agiscono di conseguenza. Credo che sia anche il caso del giovane che ha rapinato mio figlio: me lo immagino come un uomo dalla fedina penale sporca, sicuramente con qualche precedente penale».

Secondo il padre dell’adolescente «la legge è troppo permissiva, per questo i giudici poi liberano le persone che le forze dell’ordine arrestano». «Polizia di Stato e carabinieri – conclude il babbo – a mio parere fanno già il massimo, ma hanno le mani legate se poi, in tribunale, chi compie i reati sul momento torna libero. E chi viene denunciato trascorre solamente tre ore in caserma e poi è di nuovo in giro». l

Stefano Taglione

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