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Sanremo alla livornese, il racconto del concorrente: «Io, funambolo sullo spartito tra Celentano, prove e paure»

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Simone Fulciniti parla della sua esperienza al Goldoni: «Così mi sono preparato per salire su quel palco»

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Non è facile descrivere le emozioni che si provano salendo su quel palco per cantare, soprattutto per chi cantante non è. Con la tensione a palla e le mille variabili che è necessario calcolare per tenere la prestazione sotto controllo. La sensazione che si ha è quella di camminare su un filo, di vestire in qualche modo i panni del funambolo. Serve tutta la concentrazione del mondo, altrimenti si mette un piede in fallo e buonasera. La prima volta che Mario Menicagli mi parlò dell’idea di una serata a tema festival di Sanremo, con cantanti non di professione, fu nell’immediato dopo pandemia: «Proponi un pezzo, basta che abbia partecipato al festival. Sarà una seratina, così, tra pochi intimi». Invece il 27 marzo del 2022 neppure uno spillo sarebbe penetrato nel cuore di un Goldoni traboccante all’inverosimile. Io cantai “Il clarinetto”di Renzo Arbore, con l’incoscienza della prima. Andai bene e guadagnai il diritto di partecipare all’edizione 2023. Ma, nonostante l’annuncio, col passare dei mesi l’ipotesi di una replica pareva meno probabile. In un altro incontro, casuale, fu lo stesso patron Menicagli a dirmi che c’era incertezza. Ma facciamo un passo indietro. Una volta saputo che avrei ripetuto la grande esperienza, il primo problema fu quello di trovare una canzone che si adattasse alle mie caratteristiche di non cantante. Tante idee e alla fine l’illuminazione: “Il ragazzo della via Gluck”, di Adriano Celentano, pezzo nazional popolare, che, molto erroneamente, pensai essere facile. Una scelta che ebbe la meglio su “Sarà per te” di Francesco Nuti, che ben si accordava con le mie caratteristiche di ex uomo di teatro. Una volta deciso il brano, il percorso prosegue in questo senso: ascoltare un milione di volte l’originale e, in attesa della base ufficiale, esercitarsi con la versione Karaoke. E qui inizia davvero l’avventura. “Quel ragazzo che si divertiva a giocare nei prati” diventa per settimane il mio compagno di vita. Lo canto al mattino, alla sera, a casa, ma non solo. Con le cuffiette lo canto camminando per strada, in palestra, nelle sale d’attesa, a voce bassa certo, ma ogni tanto qualcuno lancia occhiate strane tipo a dire quello non batte i pari. E come dargli torto. La base nel frattempo è in ritardo, a causa di quelle incertezze raccontate prima. Poi arriva e con lei le prime preoccupazioni: quella canzone non è così facile, si basa su tempi d’ingresso precisi, che mi sfuggono. Il finale poi, folle, non riesco a gestirlo: contatto Cristiano Grasso, maestro del coro, mi tranquillizza. Poi penso di farmi aiutare e chiamo l’amico Manuel Aspidi. Gli spiego tutto. Lui, grande perfezionista, ci pensa e accetta di farmi da spalla. Confido anche nelle prove: la prima è in Goldonetta. Davanti a me c’è il maestro David D’Alesio. Vado bene, ma è la fortuna del principiante. Sento che non sono sicuro. Poi c’è la prima prova al Goldoni. Senza orchestra, con i Gary Baldi Bros e i due cori: viene anche Manuel. Un po’ sporca ma buona. Qualcuno la riprende, la guardo più volte. Il difficile arriva nella prova generale, quella con l’orchestra: mi sembra di essere in una bolla, vado qualche strofa fuori tempo. La sera c’è l’evento. Entro in crisi. E, come se non bastasse, la fortuna ha voluto che fossi io ad esibirmi per primo. Parlo con Michele Ceccarini, chitarrista dei Gary Baldi e amico d’infanzia. «La canzone è storta, difficile, Celentano va coi tempi suoi».

Anche D’Alesio mi supporta: «Se qualcosa non va ti copriamo noi». Quando arriva l’ora x, dietro le quinte c’è fermento. Tutti i concorrenti si stanno preparando, tra trucchi costumi. Qualcuno, come Marco Conte, sta provando in un angolo, altri la buttano i burla per mascherare l’emozione. Dieci minuti di panico dietro il palco, poi sento il mio nome, entro e faccio il salto nel buio. Una sensazione incredibile. L’applauso finale, il duetto con Manuel, i complimenti del sindaco. E anche la delusione per non aver raggiunto l’obiettivo. Poi ci ripenso: abbiamo donato tanti soldi a chi ha bisogno. L’obiettivo è raggiunto. Eccome. Grazie a tutti, un successo del genere è frutto di una collaborazione superba. l

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