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Primarie Pd, Livorno vira a sinistra ma resta una certezza. «Il modello civico non si tocca»

di Andrea Rocchi
Primarie Pd, Livorno vira a sinistra ma resta una certezza. «Il modello civico non si tocca»

Uragano Schlein (75%). Il segretario Mirabelli: «Una grande volontà di cambiamento». Ferroni (Bonaccini): «Ora però nessuna rincorsa a partitini e 5 Stelle»

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LIVORNO. Il Pd livornese alza il pugno e vira a sinistra. L’iconografia del post elezioni sta tutte in quelle immagini che fotografano l’esito delle primarie più pazze del mondo: il braccio alzato di Emiliano Fossi da Campi Bisenzio, il sorriso combattivo di Elly Schlein da Lugano-Chicago-Bologna. 75% di consensi nell’ex roccaforte rossa della Toscana, un plebiscito inequivocabile che ribalta l’esito decisamente più combattuto dei congressi. Mentre tutte le diverse anime del Pd livornese si affrettano a dire che non ci saranno scossoni e stravolgimenti, la verità è un’altra: a Livorno ha vinto un elettorato che vuole un Pd più a sinistra, un “Pd che parli di più di lavoro, ambiente e diritti”, come affermano i sostenitori della Schlein. Ha perso il “quartier generale”, hanno perso i “soliti noti”, ha perso (parola bruttissima) l’establishment.
Certo il famigerato popolo della primarie (anche se un popolino dimezzato rispetto al 2019 dato che domenica hanno votato poco più di 5mila nella federazione livornese) , ha dato uno schiaffo agli iscritti con un voto di rabbia, di pancia e di speranza. E che boccia tutto ciò che sa di politicismo. Con Bonaccini (e la Mercanti) rimasti stritolati da questo mix esplosivo di voglia di cambiare rotta. Ma questo boom livornese dell’uragano Schlein – sebbene tutti adesso tirino il freno a mano su ogni ipotesi di “rivoluzione” – qualche conseguenza se la porterà dietro. Cambia il peso delle componenti nel partito, cambiano vocazioni e prospettive.
«È chiaro che assistiamo a un radicamento a sinistra del partito», dice Viola Ferroni, coordinatrice del comitato livornese per Bonaccini. «Prima di tutto faccio i complimenti veri a Elly Schlein e a Emiliano Fossi, il loro risultato parla chiaro. Ora questo radicamento sarà anche una responsabilità da gestire bene perché non si perda quella vocazione maggioritaria che ha sempre caratterizzato, sin dalla nascita, il nostro partito».
Bastano queste parole per capire che la convivenza fra due anime così diverse, dentro ai Democratici – non sarà una passeggiata. Ferroni, se vogliamo, è ancora più esplicita: «L’importante è che adesso non si rincorrano partiti e partitini, 5 Stelle e altri. Le alleanze si costruiscono sui temi e sui programmi». Un altolà verso un messaggio, che invece in queste ore circola diffusamente, di un Pd sempre più aperto alle contaminazioni dell’arcipelago left. Senza dimenticare che la Schlein non guarda come altri a Conte come il demonio, anzi è pronta ad aprire un tavolo con lui su temi comuni. E lo stesso ex primo ministro ha salutato l’elezione di Elly come “un riconoscimento della bontà dei temi su cui ci siamo battuti”. Se per l’ala più riformista del Pd (quella di Andrea Romano) che ha sposato Bonaccini, oggi si «apre una riflessione sul modello organizzativo del Pd», chi sta con la Schlein come il segretario Federico Mirabelli fa notare come “il voto degli elettorali da un’indicazione chiara del cambiamento. E noi dobbiamo essere bravi a interpretare questo”. Innegabile che partirà una fase di dialogo e apertura a sinistra, anche se Mirabelli esprime cautela: «Le alleanze si costruiscono attraverso i programmi e gli obiettivi». Inevitabile il riferimento alle prossime scadenze con la cartina di tornasole delle amministrative di maggio 2024. Il voto per la Schlein rivoluziona anche lo schema del Pd per la corsa al sindaco? Mirabelli stoppa e ribadisce che “l’esperienza di un civico sostenuto da uno schieramento di centrosinistra è stata presa a riferimento anche in altre realtà». Dunque non si cambia il “modello Salvetti”. Cercando casomai “un’alleanza ancora più forte”. Schema ribadito da Ferroni. «Non credo che queste primarie possano cancellare un progetto vincente». Anche se adesso, in un campo probabilmente più largo, la scelta del candidato, non sarà solo una questione interna al Pd. 

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