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Poliziotti aggrediti dai detenuti, l'allarme dei sindacati: «Il carcere di Livorno è una polveriera»

Poliziotti aggrediti dai detenuti, l'allarme dei sindacati: «Il carcere di Livorno è una polveriera»

L’allarme dei sindacati: «Si intervenga»

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Livorno Due aggressioni a settimana subite dagli agenti della penitenziaria all’interno del carcere di Livorno. E tutte, secondo i sindacati, da parte di detenuti. E le sigle Sappe, Sinappe, Osapp-Alsippe, Uil, Uspp, Cisl, Cgil, Cnpp denunciano «un problema che sembra non riguardi davvero nessuno, tranne che al personale che continua a subirli nel silenzio assordante dell’istituzione che dovrebbe tutelarlo. Come abbiamo rappresentato, in più occasioni, all’autorità dirigente dell’istituto e al vertice regionale dell’amministrazione penitenziaria, l’azione disciplinare nei confronti dei ristretti facinorosi non è esercitata adeguatamente e a volte non prende neanche avvio».

I sindacati sottolineano che «qualcuno dovrà pur domandarsi perché il penitenziario di Livorno non riesca più a garantire l’ordine e la sicurezza all’interno delle mura e perché i protagonisti delle aggressioni non vengano immediatamente sanzionati e trasferiti in altri istituti. In tutto questo, il personale continua a dimostrare lealtà nei confronti dell’amministrazione penitenziaria e della cittadinanza, anche se il prezzo da pagare è quello di ricoprire due o più posti di servizio, che spesso implica il prolungamento dell’orario di lavoro contrattuale, e il disagio che percepisce dall’assenza dell’istituzione che rappresenta. Il carcere cittadino è una polveriera pronta ad esplodere».

Le sigle sindacali spiegano che «siamo ancora a registrare atti di violenza dopo che il 15 luglio dello scorso anno, per il tramite delle rappresentanze sindacali, il personale di polizia penitenziaria ha indetto uno stato di agitazione per le troppe aggressioni subite dai detenuti e per il troppo silenzio dell’amministrazione penitenziaria sul grido d’allarme lanciato dagli operatori. Tante sono state le criticità segnalate e tutte ben argomentate, per meglio far comprendere le cause della mobilitazione e le ragioni per cui siamo arrivati a chiedere insistentemente di essere ascoltati. Ma, da allora non abbiamo ricevuto nessun segnale che ci desse almeno un barlume di speranza». l

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