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Moby Prince, il film e le polemiche: «Sono rimaste fuori alcune verità»

di Andrea Rocchi
Moby Prince, il film e le polemiche: «Sono rimaste fuori alcune verità»

L’avvocato Bruno Neri: «Il traghetto aveva problemi all’impianto timone e al vhf»

21 ottobre 2022
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LIVORNO. L’avvocato Bruno Neri, all’epoca del Moby Prince e dalla vicenda giudiziaria che seguì la tragedia, era il legale della Filt/Cgil che rappresentava alcuni marittimi, di una serie di famiglie delle vittime di Ercolano e della vedova del direttore di macchina del traghetto. Lunedì scorso era in sala, negli Hangar Creativi di via Meyer, dove si proiettava in anteprima nazionale il nuovo docufilm “Il mistero Moby Prince” realizzato da Salvatore Gulisano per Rai Documentari e andato in onda su Rai 2. Al termine della proiezione – dopo l’intervento dell’ex moglie di Loris Rispoli, anima del comitato dei familiari, che aveva contestato l’assenza della figura di Loris nel documentario – Neri ha criticato il taglio giornalistico dato al film. «Un lavoro di parte, la versione dei Chessa che taglia fuori tutta una serie di posizioni», ha detto.

Cosa non gli è piaciuto, avvocato?

«Intanto voglio fare una premessa. Non ho niente contro i Chessa di cui ho stima e ne riconosco la sofferenza per aver perso, in quella tragedia, oltre al padre anche la madre. Ma questo documentario riporta fedelmente solo quello che i fratelli Chessa hanno sempre pensato su come è nata la collisione».

Si spieghi

«C’erano posizioni diverse, di altre parti civili, sostenute anche da attività di accertamento di cui non è stata fatta menzione»

Tipo la sua...

«La mia ma anche quella dell’avvocato Bassano che rappresentava altre famiglie. Io e Bassano ci trovammo su posizioni diverse circa le cause della collisione, ma su una cosa eravamo d’accordo: l’inadeguatezza dei soccorsi. Le dico una cosa: fummo noi a trovare il professor Fiori le cui conclusioni sulla vita a bordo del traghetto contrastavano con quelle del professor Bargagna che sosteneva che erano morti subito. Nel film di questo non si parla come non si parla di alcuni problemi rilevati sul traghetto».

La questione del timone difettoso...

«Non solo. Noi avevamo come consulente tecnico l’ingegner Giovanni Mignogna che aveva individuato a bordo del Moby alcune problematiche. A partire da tre elementi dell’impianto di timoneria, del Vhf che aveva cali di tensione e non funzionava bene. Ma voglio anche ricordare che una società di consulenza inglese appurò che le valvole sprinkler del sistema antincendio non funzionavano e che l’attivazione dell’impianto avrebbe probabilmente potuto allungare la vita a bordo in alcune zone della nave.

E di questo non si parla nel documentario, dice

«Si. Si è presa per vera la versione dei Chessa. E guardi, sono convinto che i figli del comandante abbiamo raccontato tutto questo in buona fede. Ma chi fa un reportage giornalistico non può omettere certe questioni rilevanti come le condizioni del traghetto e le ricostruzioni di altre parti in causa».

  • Però avvocato converrà col fatto che finalmente ci siamo quasi tutti convinti che Chessa è stato costretto ad adottare una manovra di emergenza perché si è trovato un ostacolo che sulla sua rotta non doveva starci?

«Sì, ma guardi che su questo punto noi siamo d’accordo. Lo abbiamo detto per primi. Lo ha sostenuto proprio Mignegna nella sua perizia motivando tutto con calcoli scientifici sull’impatto».

Secondo lei cosa è successo quella notte?

«Non credo a tesi suggestive o complottistiche. Credo però che il Moby si sia trovato di fronte un ostacolo e abbia virato senza avere risposta dal timone per riallinearsi. La 21 Oktobar II? Le bettoline? Non saprei. Mi ricordo che già dopo la tragedia si parlò di alcune barche che stavano praticando attività di pesca abusiva in circolo».

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