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Letta a Livorno recupera la gaffe: «Meglio un pisano col bus elettrico che un fiorentino con gli aerei privati» – Il video

di Juna Goti
Letta a Livorno recupera la gaffe: «Meglio un pisano col bus elettrico che un fiorentino con gli aerei privati» – Il video

Il leader Pd a tu per tu con la piazza e dopo lo scivolone fatto a Pisa Romano gli regala un manifesto ironico

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LIVORNO. Lo sapeva, Enrico Letta, che i livornesi non gliel’avrebbero fatta passare tutta liscia. Che almeno una parolaccia o uno sfottò glielo avrebbero reso dopo che alla Festa dell’Unità di Riglione si è lasciato scappare quel “Livorno m ...” adatto più al tifoso nerazzurro che al segretario nazionale del Pd. Quando ieri alle 18 è arrivato in piazza Cavallotti per l’evento organizzato in chiusura di campagna elettorale, dei livornesi in piedi davanti a un locale gli hanno gridato: «Sei una m... hai offeso una città intera». «Mi sono già scusato se ho usato un linguaggio da curva nord», ha ripetuto lui, braccato dai giornalisti: «Al di là del folklore, sono convinto che Pisa e Livorno abbiano gli stessi interessi e che ci sia bisogno di valorizzarli. Porto, aeroporto, università, collegamenti: se facciamo le cose insieme, non ci ferma nessuno. Non voglio tornare alla Pisorno di Romeo Anconetani anni Ottanta, ma un’alleanza ancora più forte tra Pisa e Livorno è necessaria».


È il momento di salire sul palco. I sostenitori del Pd gli regalano un applauso (nel balletto delle cifre c’è chi dice che «siamo 500», chi si ferma a 300, di sicuro i più si radunano dopo le 17.30). Ci prova per primo il segretario Dem Alessandro Franchi a sgomberare il campo dagli imbarazzi: «È la prima volta che una piazza di Livorno applaude un pisano, ma a questo pisano gli vogliamo bene». Il sindaco Luca Salvetti fa gli onori di casa così: «Questo è uno degli eventi clou della chiusura della campagna elettorale, Livorno se lo merita per la sua storia. Se lo merita, me lo lasci dire segretario, più di tante altre città italiane, anche di quella che è a 20 chilometri da qui». Poi spara sull’«opportunismo di Calenda, anche qui sono venuti a strizzarci l’occhio», «il pressappochismo del M5S che noi abbiamo provato» e la «destra dei cliché». Ma mentre la parola passa al presidente della Regione Eugenio Giani, una donna ribatte dal pubblico gridando: «Si muore di fame a Livorno, di sudicio, perché non venite in via Garibaldi la sera?».

Gli interventi dal palco vanno avanti: prima Giani poi il candidato al Senato Andrea Marcucci, che se la prende con la fiamma sul simbolo di Giorgia Meloni. L’ex presidente della Camera e capolista sulla scheda, Laura Boldrini, riscalda i presenti quando dice che «queste elezioni saranno campali» per le donne e per l’universo Lgbt, perché «la destra fa dei diritti un campo di battaglia». Ma è soprattutto il parlamentare Andrea Romano ad aprire la strada all’intervento di Letta, mettendo un punto alla livornese – con il sorriso e parecchia ironia – sulla faccenda Riglione: tira fuori un maxi poster e lo regala al segretario, è una copia di un manifesto elettorale, uno di quelli con scritto “scegli”, da una parte (in grigio) c’è Pisa e dall’altra (in rosso) Livorno.

Campanilismo e sfottò a parte, facendo un giro nella piazza prima che arrivi il segretario, nel popolo del Pd si respira rassegnazione in vista del voto: chi dice che «Giorgia ci batterà 3 a 1», chi si lascia scappare un «magari Conte riequilibra facendo promesse al sud», chi la chiude con un «andrà abbastanza bene, dai...». Letta arriva invece per suonare la «remuntada», per dire che «nessun destino è già scritto, dipende da noi, ci saranno sorprese»: «Mi aspetto molto dalla Toscana, sarà il punto nevralgico della nostra rimonta». «Ci sono un 40-45 per cento di astenuti, di indecisi», e chiede un finale di campagna elettorale guardando negli occhi le persone, strada per strada. Partendo da cosa? «Dal lavoro. Noi abbiamo fatto errori in passato sul lavoro, non ne abbiamo riconosciuto la centralità». E «i giovani hanno tutte le ragioni per protestare». Mentre lo dice un gruppo di studenti solleva uno striscione contro l’alternanza scuola lavoro («prima ci sfruttate e poi ci piangete»). Si fermerà a parlare un attimo con loro poco dopo.

Dal palco – prima di andare a rendere omaggio alle vittime del Moby all’Andana degli Anelli – insiste sui temi rilanciati anche ieri in un’intervista al Tirreno: agenda sociale, misure per i giovani, perla casa, ius scholae per abbattere le disuguaglianze. L’ambiente. In piazza Cavallotti arriva con l’auto elettrica. E a proposito della Toscana che dovrebbe essere terra di rimonta, ecco il duello a distanza con il fiorentino Matteo Renzi: «Sono stato preso in giro perché noi giriamo con bus elettrico che arranca. Ma è molto meglio un pisano che gira con un bus elettrico che un fiorentino che fa campagna elettorale con gli aerei privati». Le parole più dure sono come sempre per Giorgia. «Lei (Meloni) noi l’abbiamo tutti già provata, con Berlusconi furono costretti a dimettersi perché stavano portando l’Italia in bancarotta, per strada giravano le bandiere come se il Livorno fosse andato in serie A. Noi non riporteremo l’Italia in bancarotta».

Intanto, questa volta, un finale di fede nerazzurra la piazza glielo concede: «Viva Livorno, viva Livorno. E forza Pisa. M’è scappato ragazzi...».

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