I rifiuti livornesi bruciati al Picchianti a tariffe massime
Da anni smaltire costa meno a chi conferisce da fuori città
LIVORNO. Se hai un inceneritore in casa, bruciare i rifiuti che produci ti costa meno di quanto costerebbe ad altri chiederti di bruciare la loro spazzatura. È quello che suggerisce il buonsenso e che in molti forse pensano. Ma in realtà, per Livorno, i numeri raccontano altro. Raccontano che da anni chi smaltisce i propri scarti al Picchianti spende a tonnellata molto meno di quanto invece devono versare i livornesi. C’è scritto nelle prime schede che, come anticipato dal Tirreno, sono state consegnate da Aamps e Comune a forze politiche di maggioranza e sindacati.
Schede che, nell’intenzione dell’azienda, servono a confermare lo spegnimento dell’inceneritore nell’ottobre del 2023. Di cosa accadrà una volta fermato l’impianto - per esempio dove sarà conferito nel dettaglio il materiale, con quali costi e che effetto avrà tutto questo sulla Tari, se salirà - per ora c’è scritto poco o niente.Mentre sulla storia recente dell’inceneritore parecchi dati saltano all’occhio. Per esempio: in media, dal 2015 al 2022, il costo industriale del trattamento dei rifiuti per la stessa Aamps ha superato i 139 euro a tonnellata, con l’effetto che se la tariffa applicata a terzi è stata di circa 103 euro a tonnellata, il costo per trattare i rifiuti prodotti a Livorno ha raggiunto quasi i 170 (i rifiuti che arrivano da fuori vengono prima trattati in altri impianti, con relativi costi per i comuni di provenienza, ma questo cambia poco).
Lo scrive la stessa Aamps amministrata da Raphael Rossi (che in Italia è anche uno dei volti di riferimento della politica rifiuti zero): «Il costo industriale dell’incenerimento è molto alto» e «negli anni è stato impossibile far sostenere tali costi al mercato dei conferitori esterni, che hanno conferito a valori inferiori al costo industriale». Più nel dettaglio: «La ricostruzione del costo sostenuto per trattare i rifiuti provenienti da Livorno risulta sempre più alta del costo industriale e della tariffa dei conferitori esterni, arrivando addirittura a superare i 200 euro a tonnellata nel 2019 e nel 2020».
Quando invece la spesa per terzi ha oscillato tra 108 e 113 euro. Una tariffa, quella per gli scarti livornesi, che quest’anno dovrebbe invece rientrare nei 139 euro a tonnellata «per gli altissimi introiti della vendita di energia elettrica...».C’è comunque da chiedersi perché il costo industriale risulti così alto: se è per esempio per ammortizzare gli investimenti e le manutenzioni fatte nel tempo all’impianto, oppure per le numerose fermate, o per il fatto che «dal 2015 a oggi il forno ha sempre bruciato più metano che rifiuti, in volume». Certo è che, in una logica di mercato, la concorrenza delle discariche ha costretto ad abbassare i prezzi, con il risultato che «se Livorno avesse pagato lo smaltimento dei propri rifiuti allo stesso valore dei conferitori esterni, l’impianto avrebbe sempre chiuso in perdita».
C’è stato, insomma, da "bilanciare", e in virtù del contratto di servizio tra Aamps e Comune, lo hanno fatto i livornesi mettendoci con la loro Tari una media di 2,3 milioni di euro all’anno. Dall’altra parte va sottolineato che nei piani di Aamps (e di Retiambiente) lo spegnimento dell’inceneritore dovrà essere accompagnato da una diminuzione importante dei rifiuti indifferenziati prodotti in città e dalla partenza della tariffazione puntuale (pago per quando produco). Ma le stesse schede raccontano che qualcosa con la differenziata non va: dopo che nel 2019 e nel 2020, con l’allargamento del porta a porta, le tonnellate da mandare nel forno sono scese da oltre 46mila a poco più di 25mila, lo scorso anno sono risalite a più di 31mila. Per Aamps è colpa del covid, che avrebbe fatto «leggermente tornare indietro le buone abitudini». Ma se davvero vuole arrivare in futuro a sole 15mila tonnellate da smaltire (meno di 100 chili a livornese) dovrà fare qualcosa in più...