Tragedia in porto ai Costieri Neri, in aula i poliziotti che hanno indagato sull’esplosione
Sono imputate per omicidio colposo 13 persone
Livorno. Si è aperto il processo per l’esplosione ai Depositi Costieri Neri costato la vita, il 28 marzo 2018, agli operai della Labromare Lorenzo Mazzoni (25 anni) e Nunzio Viola, di 65. I due lavoratori – impegnati in quel momento a collegare il mezzo autospurgo a una cisterna per svuotarla dal residuo di acetato di etile, un liquido infiammabile molto pericoloso – persero la vita nella deflagrazione. A causarla – secondo i tecnici della procura – l’evaporazione di quella sostanza, mista a ossigeno, e una scintilla creata per l’accumulo di cariche elettrostatiche che si sarebbero formate sulla parte finale del tubo di aspirazione. Sulle cause, il processo apertosi in tribunale, cercherà di fare luce.
GLI IMPUTATI
Tredici gli imputati per il reato di omicidio colposo. Sono i gestori dello stabilimento livornese Piero e Tito Neri (77 e 79 anni) e i quadri dell’epoca della Neri Depositi Costieri: il sessantenne Antonio Saltarelli (responsabile del servizio di prevenzione e protezione), il dirigente con funzione di direttore dello stabilimento Francesco Volpi (54 anni) e il cinquantasettenne Giampiero Taddei (responsabile tecnico degli impianti e responsabile della sicurezza). Con loro tutti i membri del consiglio di amministrazione della Labromare – i due Corrado Neri (stesso nome, uno di 53 anni e l’altro di 47), Alberto Cattaruzza (56, di Venezia) e Giacomo Gavarone, genovese di 41 anni – e i dirigenti Emiliano Coluccia (di Collesalvetti, responsabile del servizio di prevenzione e protezione), il quarantanovenne Massimo Nicosia (direttore generale), il direttore tecnico operativo della divisione terra Riccardo Figaro (58 anni) e Riccardo Mannucci, stessa età, capo servizi terra sempre della Labromare. Mazzoni e Viola erano dipendenti di quest’ultima società, che stava svolgendo dei lavori in appalto dalla Neri Depositi Costieri. Fra le parti civili, oltre ai familiari delle vittime, è stata ammessa anche l’Anmil (Associazione lavoratori mutilati e invalidi del lavoro) assistita dalla legale Alessandra Guarini.
Piero Neri è difeso dall’avvocata ed ex ministra della Giustizia Paola Severino e dal collega Vaudo Damiano, mentre Tito da quest’ultimo e da Elisa Scaroina. Gli altri imputati sono assistiti da Marco Talini, Lorenza Musetti, Roberto Nuti, Laura Formichini, Rita Pironti, Giovanni Scopesi, Gabriele Rondanina, Vinicio Vannucci, Leonardo Biagi, mentre le società – Neri Depositi Costieri e Labromare, anch’esse a giudizio – da Sergio Spagnolo e Leonardo Cammarata.
L’ULTIMA UDIENZA
L’ultima udienza, di fatto la terza dall’inizio del dibattimento, è stata però la prima dove sono stati ascoltati i testimoni e quelle dove il dibattimento è entrato nel vivo. Oltre ad alcuni poliziotti della frontiera marittima, intervenuti quel giorno insieme alle altre forze dell’ordine (carabinieri, capitaneria di porto, guardia di finanza e vigili del fuoco) per il sopralluogo e le indagini, è stato ascoltato l’agente della scientifica – ora in forza alla digos della questura labronica – Tommaso Lemmi. Che ha risposto alle domande del giudice Andrea Guarini, della pubblico ministero Sabrina Carmazzi (la titolare dell’inchiesta) e dei legali.
«Il 19 aprile del 2018 – ha spiegato in aula riepilogando l’attività investigativa successiva alla tragedia – ho documentato ciò che era presente nel magazzino adibito a deposito dei dispositivi personali di sicurezza negli stabilimenti della Labromare. Sono capannoni e ambienti vasti, con strumenti da lavoro anche molto ingombranti. Mi ricordo che nella parte posteriore ho trovato un canal jet, un camion dentro al quale vi sono delle pompe di aspirazione usate per questi tipi di lavori. Era lo stesso modello di quello usato in cantiere e in quella circostanza è stato deciso di repertare un tubo di plastica rigido lungo tre metri che a un’estremità aveva una filettatura a vita e una ghiera metallica, mentre all’altra aveva una struttura formata da un raccordo a vite che mi sembrava simile per conformazione a quello che avevamo documentato nel bacino dove era esploso il serbatoio». La prossima udienza, in cui verranno ascoltati altri testimoni del pubblico ministero, si terrà a ottobre nel tribunale di via Falcone e Borsellino.
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