Il Tirreno

Livorno

Dai fasti al vuoto, c'era una volta la Biblioteca dei Portuali

Lucia Aterini
Dai fasti al vuoto, c'era una volta la Biblioteca dei Portuali

Livorno, il presidente: «Non abbiamo più neppure l’aiuto del Comune perché il centro servizi Lem ha cambiato sede di recente» 

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Un luogo cult, si direbbe ora. Una biblioteca con un viavai continuo di ragazzi che non era solo biblioteca. Dove si andava per studiare ma anche per incontrarsi e vedere gente. E dove magari ci si innamorava. Ora nello spazio della Compagnia portuale dedicato alla cultura, al primo piano del palazzo a mattoncini rossi, gli studenti si contano sulle dita. Dopo i fasti predomina il vuoto che da poche settimane si è esteso anche con il trasferimento del Lem ((Livorno euro mediterranea). La sede del centro, da via San Giovanni ha traslocato al Cisternino ci città. E ora a rischio c’è l’esistenza stessa della biblioteca con la volontà della Compagnia di ridurre (almeno) questo spazio, di sicuro un posto del cuore per i livornesi .

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Venerdì scorso alle 12,30 erano tre gli studenti nelle due sale e in quel momento non era presente neppure la persona addetta a gestire la biblioteca. Finora era stato proprio il Lem a fornire linfa alla biblioteca: «Grazie a questa presenza avevamo un contributo da parte del Comune – spiega il presidente della Compagnia Enzo Raugei – ora non c’è più e la biblioteca è un costo perché ci lavora una persona, perché gli spazi vanno riscaldati e perché rappresentano un mancato reddito». Come già è accaduto per altri locali a piano terra. Il costo è totalmente a carico del circolo della Compagnia. Da qui continua Raugei: «E’ necessario fare una riflessione che potrebbe portare anche a una riduzione del servizio». O comunque a un impiego diverso se si presentasse l’occasione di una nuova iniziativa.

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Un colpo per le generazioni che oggi hanno oltre 40 anni, per quelli che ci hanno studiato e ci si sono divertiti grazie, come si legge nel libro di Luca Falorni “Voci possenti e corsare”, a una “felice intuizione Italo Piccini” anima e corpo dei portuali. In una colorita ricostruzione del libro, si legge che il console sfoderò l’idea della biblioteca nel palazzo “di fronte alle preoccupazioni delle mogli dei portuali per la presenza di una peccaminosa sala biliardi dove i mariti si giocavano la mensilità se erano soci effettivi. E la giornata se erano occasionali”.

L’inaugurazione risale all’ottobre 1967. In questo modo si coronò il sogno di Franco Antonicelli, senatore con la Sinistra indipendente alla fine degli anni Sessanta ma anche storico, giornalista ed editore che si affezionò a Livorno e alla Compagnia. E regalò alla biblioteca ventimila tra libri, fotografie e lettere. Un patrimonio immenso che però, con la chiusura della Fondazione a lui intitolata (e di cui faceva parte la Compagnia), è passata alla biblioteca comunale Guerrazzi di villa Fabbricotti. Che, al termine della catalogazione tre anni fa, ci ha fatto anche una mostra (in cui è stato proiettato pure un documentario sul fondo dal titolo “Una proposta di cultura” di un giovanissimo Paolo Virzì). Ci sono corrispondenze epistolari con Benedetto Croce, Eugenio Montale, Cesare Pavese e Vasco Pratolini. Poi libri del Cinquecento e ancora i nastri registrati in Rai per la collaborazione che Antonicelli ebbe e in cui difende libertà, democrazia. E parla di coraggio. Quello che servirebbe per tenere aperta ancora la biblioteca con l’aiuto di tutti gli ex che sono passati da quelle sale, prima vivaci e ora profondamente tristi. —


 

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