Lo stadio archeologico, benvenuti al Picchi nel circo dei sentimenti - Le foto
Livorno, aperto nel 1933 il vecchio Comunale oggi è un monumento alla decadenza nel quale sono conservati i pezzi migliori della nostra storia: lo scudetto mancato del 1943, la doppietta di Vitulano al Pisa, la festa per la serie A e la vittoria con il Milan, ma anche i Pink Floyd e il dolore per il corteo funebre dopo la morte di Morosini. E ora si pensa a un nuovo impianto
LIVORNO. Ora che all’Armando Picchi ci si potrà anche sposare – forse già il prossimo anno – il circo dei sentimenti capitali che legano la città al suo stadio sarà completato con la più classica delle forme dell’amore. Le altre declinazioni degli umani tormenti: passione e delusione, euforia e dolore, rabbia e riscatto, invece, abitano dentro all’Ardenza da sempre. Almeno dall’ottobre del 1933 quando l’impianto, allora intitolato a Edda Ciano Mussolini (figlia del Duce e moglie di Galeazzo Ciano), venne aperto nonostante le curve dovessero essere ancora completate. Erano gli anni dell’Italia fascista e dei giovani balilla che ci sfilavano dentro il sabato mattina.
Ottantaquattro anni dopo, il vecchio Comunale è un monumento alla decadenza, l’Area 51 della memoria collettiva, incastrato com’è dentro alla cittadella dello sport, tra piscine, canestri, il ricordo delle corse dei cavalli e la pista di atletica. Un simulacro di se stesso recintato da tornelli e cancelli dal 2007 come se si trattasse di un sito archeologico nel quale, però, sono conservati i pezzi migliori della nostra storia.
Ricordare per credere: lo scudetto mancato del 1943 contro il grande Torino, il debutto di Picchi e Lessi in amaranto, la doppietta di Miguel Vitulano al Pisa il 5 marzo 1978, il primo gol di Igor Protti con la maglia del Livorno – era il 3 novembre 1985 –, l’attesa lunga e dolcissima nella notte tra il 29 e 30 maggio 2004 quando la squadra conquistò la serie A dopo 55 anni e venne abbracciata da una città intera, la vittoria contro il Milan dell’allora premier Berlusconi firmata da Corrado Colombo, la sfida con i Glasgow Rangers in Coppa Uefa la sera del 19 ottobre 2006. E l’ultima festa – 2 giugno 2013 – con il ritorno in serie A guidati da Davide Nicola. Da allora sono trascorsi appena quattro anni e sembra di raccontare di un’era geologica fa. Ma nella navicella spaziale delle passioni terrene non sono passati solo cross, sassate e bestemmie.
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In un’altra epoca si ricordano le volate di Olimpio Bizzi ai giri d’Italia in bianco e nero, e i concerti dei Pink Floyd e Bob Dylan del 1989. Ma anche quel dolore silenzioso e condiviso durante il corteo funebre dopo la morte di Piermario Morosini, era 17 aprile 2012, c’era il sole sopra al Picchi, ma pioveva a dirotto sulle anime dei tifosi.
Adesso per accorgersi come i ricordi, anche i più profondi, facciano a pugni con la realtà, basta mettersi spalle al mare, ritti sul piazzale Montello, fissare lo sguardo ai lati della scritta “Armando Picchi”, stadio Comunale e guardare le vene che affiorano sulla facciata dell’impianto. Sono i segni della vecchiaia, le ferite del tempo che passa e che nessuno ha mai curato, ma solo medicato. Così quel morbo ha attaccato tutto il corpo dello stadio: curve, piloni, gradinate, tanto da costringere il Comune a posizionare delle reti anti-caduta e ad amputare la capienza da 20.000 a poco più di 10.000 spettatori.
Camminare poi lungo il perimetro dell’ovale significa iniziare un viaggio tra divieti e pericoli. L’amministrazione, fuori dall’impianto, ha delimitato gli spazi a rischio – cioè quelli senza reti – con una segnaletica a terra (“Divieto pedoni e auto”) e con alcuni cartelli sui muri (“Caduta intonaci”). Tutto qui? Macché, all’interno nonostante qualche mano di vernice la situazione non è migliore: bagni mezzi distrutti, seggiolini scassati, spogliatoi angusti e mille altri disastri. Ecco perché da tempo si parla di una mega ristrutturazione.
Ma tra le proposte del sindaco Nogarin c’è anche quella di un nuovo impianto da 10-15mila spettatori coinvolgendo i privati perché le casse comunali sono a secco. Sarebbe l’addio al Picchi. E a quella forza che ha dentro e fa dire a Cristiano Lucarelli: «Dopo aver fatto gol all’Ardenza, mentre correvo verso la Nord sentivo una forza dentro indescrivibile. Tipo? Che avrei potuto sfidare Tyson e mandarlo al tappeto». Adesso è il vecchio stadio a rischiare di andare ko e senza avere neppure un degno sostituto da mettere in campo. (7- continua)
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