Si uccide a 15 anni lanciandosi dal grattacielo. Un idraulico: "Potevo salvarlo, non mi do pace"
Livorno: prima del volo, si filma con il cellulare, ma non si sa se abbia postato su Fb o inviato il video a qualcuno
LIVORNO. Lo zainetto, il piumino celeste. Il quaderno di scuola col libretto. E il cellulare, usato come cinepresa di un miserere senza speranza: un ultimo video prima del buio. Oggetti del vivere quotidiano che hanno perso l’anima. Se l’è portata via quel volo disperato dal 26esimo piano, dalla terrazza del palazzo più alto di Livorno: il grattacielo di piazza Matteotti. Protagonista del gesto estremo un ragazzino livornese. Non aveva ancora 15 anni, frequentava le superiori. L’ha fatta finita nella mattina di lunedì 6: era uscito per andare a scuola invece è salito sul tetto della città. Quella terrazza panoramica, già sfruttata da temerari paracadutisti come trampolino di lancio, trasformata in un balcone vista morte. Il giovane alle 8,30 s’è lasciato cadere nel vuoto ed è precipitato sul cofano di una Yaris. Inutili i tentativi di un passante di rianimarlo. E inutile il soccorso, pur tempestivo, della squadra della Misericordia. L’impatto al suolo è stato devastante.
UN PERCORSO A OSTACOLI
Sono le 7.30 circa. Lo studente, come ogni mattina, va a scuola pedalando sulla sua bicicletta rossa: ma il percorso consueto subisce una deviazione. Il ragazzo parcheggia la bici nel retro del grattacielo, dove di solito la lasciano tutti i residenti. Quindi prende l’ascensore e sale fino all’ultimo piano. Ma prima di raggiungere la terrazza, ci sono vari ostacoli da superare: una rampa di scale e tre porte. Il 15enne le supera tutte, una dopo l’altra. La prima è una porta anti-panico, che, per motivi di sicurezza, è aperta: quindi è la più facile. Poi c’è quella intermedia. E qui c’è il primo mistero. Lo spiega il portiere del palazzo, Vincenzo Sapio: «È una porta di ferro con le grate, chiusa con un grosso lucchetto. Quando noi siamo andati a controllare, il lucchetto era chiuso e non era neanche stato forzato». Gli stessi interrogativi se li pone l’amministratore del palazzo, Enrico Tribioli: «Non si può escludere che avesse la chiave: quella porta è chiusa con un lucchetto tipo quelli da saracinesca». Su questo punto sta indagando la polizia. Una cosa però è certa: il ragazzo ha pianificato tutto. Compreso l’ultimo step: forzare con un piede di porco una delle due porte che conducono alla terrazza. Il ragazzo prova a scassinarle entrambe. E alla fine riesce a passare in un piccolo varco, ricavato dalla porta di destra. Prima, però, fa un video col telefonino.
L’ULTIMO VIDEO
Le telecamere del grattacielo, i cui filmati sono stati acquisiti dalla polizia, hanno immortalato lo studente mentre si riprendeva col cellulare: per qualche minuto il quindicenne digita sulla tastiera. Poi usa lo smartphone come telecamera per riprendersi. Non è chiaro se prima di farla finita il giovane abbia postato quel video su Facebook o se l’abbia inviato a qualcuno. E non è noto neppure il contenuto di quel filmato. Quel che è certo è che il mistero, il giovane se l’è portato via con sé: il cellulare è stato ritrovato dagli agenti delle volanti della polizia tutto rotto per terra, accanto al suo corpo ormai privo di vita. Intanto la salma è stata portata al cimitero comunale e come stabilito dal pm Massimo Mannucci, è stata riconsegnata alla famiglia.
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«NON MI DO PACE»
Il primo a notare le porte che conducono alla terrazza del grattacielo forzate è stato l’idraulico Olinto Leone. Nel palazzo sono in corso dei lavori, ma ieri - ironia della sorte - sono iniziati più tardi per un guasto al ponteggio. «Quando sono salito e ho visto le porte forzate non ho toccato nulla per non intralciare il lavoro della scientifica. E ho dato l’allarme. Dopo pochi minuti, abbiamo sentito un tonfo: era il ragazzo che si era buttato. Se fossi andato in terrazza, lo avrei trovato lì, e forse avrei potuto fermarlo».
FIORI E SOGNI INFRANTI
La notizia della sua scomparsa ha sconvolto tutti, soprattutto a scuola. E nessun riscontro è stato trovato all’ipotesi circolata tra i ragazzi per cui a spingere il 15enne al gesto estremo poteva esser stato un “gioco” dell’orrore basato sull’autolesionismo, nato in Russia, noto come Blue Whale (balena blu). Chi conosceva il ragazzo, lo descrive come un adolescente introverso, bravo a scuola, appassionato di matematica, atletica e musica. Un ragazzo come tanti, pieno di sogni. Ormai infranti.
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