Il Tirreno

Livorno

Siamo la piccola Eur Ecco la mia Livorno patria del razionalismo

di Roberto Riu
Siamo la piccola Eur Ecco la mia Livorno patria del razionalismo

Macché trionfalismo fascista o bombe distruggitutto: parla Massimo Sanacore, direttore dell’Archivio di Stato

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LIVORNO. Massimo Sanacore dice che a Livorno c’è una “piccola Eur” con riferimento al quartiere romano dominato dal monumentale Palazzo della Civiltà italiana (soprannominato il “Colosseo quadrato”). «Non solo perché – spiega Sanacore – un insieme edilizio così ampio e coerente non è riscontrabile in altre città al di fuori di Roma, ma anche perché non è stato frutto del caso, ma della stessa intuizione e dello stesso tecnigrafo di Marcello Piacentini, l'architetto del regime chiamato nel 1938 a Livorno, dove abitò nel Palazzo dell'Aquila nera, e che proprio dalla vecchia città pentagonale trasse addirittura l'ispirazione per disegnare il nuovo Pentagono dell'Esposizione Universale di Roma, mai giunta al 1942».

Sanacore, direttore dell’Archivio di Stato, guarda a una serie di fotogrammi di architetture livornesi sotto il segno dell’architettura razionalista. Come l'imponente Palazzo del Governo, iniziato nel 1939, a cui si aggiungono vari edifici di costruzione postbellica come il Palazzo del Portuale disegnato da Giovanni Salghetti Drioli, il nuovo Palazzo della Provincia (che ripropone tuttavia lo stile originario del pronao) ad opera di Ghino Venturi, l'architetto pisano autore anche del Palazzo dell'Anagrafe il cui prospetto principale riprende il tema della "fenètre en longueur" (ovvero la "finestra a nastro") concepita da Le Corbusier. In epoca prebellica a Ghino Venturi si devono per altro pure gli Spedali Riuniti, così come la sede del nostro giornale, il gazebo alla Terrazza Mascagni e la Colonia Regina Elena a Calambrone.

All'elenco degli edifici in stile razionalista innalzati nel dopoguerra a Livorno vanno poi aggiunti il Palazzo Grande (noto come il “Nobile interrompimento”) disegnato da Luigi Vagnetti, ai cui lati sorgono il Palazzo dell'Inail ed il Palazzo delle Assicurazioni Generali. In posizione più arretrata vediamo invece il Palazzo della Banca d'Italia terminato nel 1964 su progetto dell'ingegner Rocco Giglio sempre in chiave razionalista, a cui fanno riferimento anche la sede dell'Inps (formata da due corpi di fabbrica) ed un edificio condominiale privato, entrambi affacciati sulla Darsena Vecchia come è stato evidenziato due anni fa nella mostra “Fronte del porto” organizzata dall'Archivio di Stato.

Lo stesso impianto attuale di via Grande richiama infine con i suoi ampi portici il progetto Piacentini già adottato a Torino, nel nuovo tratto di via Roma risalente al 1936.

In definitiva si può dire che le incursioni aeree alleate non abbiano fatto altro che sancire un destino già scritto per quella parte del centro cittadino «molto bombardato – chiarisce Sanacore – ma di certo non totalmente, come troppo spesso ancora si crede»: nel senso che la via Vittorio Emauele II (già via Ferdinanda, ora via Grande) così come la vediamo nelle vecchie foto di primo '900 era in ogni caso condannata alla demolizione. Come pure il progetto del Piacentini prevedeva già la realizzazione di un “nobile interrompimento”, sebbene dalle dimensioni più contenute, che avrebbe separato la “piazza religiosa”, in cui spicca la chiesa cattedrale, dalla “piazza civica” dove si affacciano gli edifici della pubblica ammininistrazione.

Ma come valorizzare il vasto patrimonio architettonico novecentesco livornese? «Innanzi tutto va creato un contesto della città – sottolinea Sanacore – nel quale si dimostri che Livorno pur nella sua breve storia è ricca di elementi architettonici di tutti gli stili, compresi quelli novecenteschi come appunto il razionalismo presente non solo in centro, ma anche in alcune ville sul lungomare di Antignano. E' necessaria insomma una rivalutazione del Novecento livornese, da cui emerge che Livorno è una città di ricostruzione con un processo iniziato durante il fascismo e proseguito nel dopoguerra in stile razionalista che era quello dell'epoca ovvero contemporaneo».

L'altro binario sul quale muoversi è fare come fanno molte città ovvero cercare fondi regionali e comunitari per il recupero del centro cittadino e dei suoi elementi artistici, afferma Sanacore. «Livorno è un'importante città novecentesca in cui si è abbattuto e ricostruito, dove la guerra è stata soltanto un episodio. Pensiamo alla demolizione integrale del quartiere San Giovanni iniziata nel 1938 alla quale, senza la guerra, sarebbe seguita quella degli altri tre settori individuati dal piano di risanamento in effetti portato a termine nel dopoguerra».

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