Il pattugliatore nazista riappare sui fondali
Livorno, affondato dagli inglesi, il Kreta è stato ritrovato a 167 metri di profondità nelle acque di Capraia. Era salpato dal nostro porto per scortare un posamine fino alla Corsica
LIVORNO. La mattina del 21 settembre del 1943 la nave tedesca Ss Kreta, pattugliatore della Kriegsmarine - la Marina da guerra di Hitler - salpò dal porto di Livorno con lo scopo di scortare tre unità navali (il posamine Brandenburg e due motodragamine) che avrebbero dovuto posare uno sbarramento di bombe nello stretto di Bonifacio, tra Corsica e Sardegna, e nelle vicinanze dell'isola di Caprera.
A poche miglia dall’isola di Capraia però il convoglio fu attaccato dal sommergibile britannico Unseen. A niente servirono le 28 mitragliere da 20 millimetri montate a bordo, né le due turbine da 6000 cavalli che permettevano alla Ss Kreta di raggiungere la velocità di 21 nodi. Con una salva di quattro siluri il sottomarino inglese riuscì ad affondare sia il Kreta che il Brandenburg, che colarono a picco col loro carico di armi. L’equipaggio ebbe appena il tempo di calare le scialuppe di salvataggio, ma almeno cinque militari morirono imprigionati in quel cimitero di ferro immerso negli abissi.
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72 anni dopo quella tragica pagina di marineria, i relitti delle due fregate sono stati ritrovati nelle acque a est dell'isola di Capraia.
Il rinvenimento porta la firma di Massimo Bondone, subacqueo professionista genovese, che appena due anni fa, sempre nel nostro mare, aveva ritrovato i relitti dei piroscafi tedeschi Geierfels e Freienfels, adagiati alla profondità di 137 metri sui fondali dell'isola di Gorgona.
Stavolta Bondone si è spinto oltre: perché nave Kreta si trova a 167 metri di profondità, mentre il Brandenburg è a quota 195. Il subacqueo genovese è riuscito ad esplorare il pattugliatore, mentre motivi tecnici hanno vanificato l'unico tentativo possibile per raggiungere il posamine Brandeburg, la cui perlustrazione sarà tentata la prossima estate.
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A contribuire al ritrovamento delle due unità della Marina militare tedesca sono stati gli studi di Francesco De Domenico, Giorgio Spazzapan e Gabriele Milani (come Bondone membri dell’associazione italiana documentazione marittima e navale), che hanno incrociato le loro ricerche con le informazioni ricevute dai pescatori locali che ripetutamente nel tempo avevano segnalato l’incagliamento dei loro attrezzi da pesca.
Uno studio durato due anni, culminato con cinque immersioni, ognuna della durata di sette ore con una permanenza reale sulla nave, alla massima profondità, di 20 minuti. Una volta arrivato negli abissi, lo spettacolo che si è aperto agli occhi di Massimo Bondone e della sua telecamera è stato emozionante, un tuffo nella storia.
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E’ lui stesso che racconta al Tirreno questo viaggio a 167 metri di profondità, a bordo di una nave da crociera che i tedeschi avevano trasformato in nave da guerra, impiegata come guida notturna per aerei da caccia che contrastavano le flotte di bombardieri alleati, con attrezzature radar avanzatissime, «l’unica nave di questo tipo utilizzata dalla Kriegsmarine nel Mediterraneo», spiegano dall’associazione documentazione marittima.
Il racconto del sub sembra un quadro che non si può non riportare così, tutto d’un fiato, come lo ha ritratto lui, quasi prendendo per mano il lettore e accompagnandolo sott’acqua tra il ponte e la sala macchine della Ss Kreta.
«Il relitto - racconta -, malgrado l'impatto con il fondo che ne ha distrutto la poppa, si presenta ben conservato anche se parzialmente collassato, popolato di vita marina e graziato da una visibilità assolutamente fuori dal comune, soprattutto verso prua, tale da consentirne l'esplorazione anche senza luce artificiale».
«Una rete a strascico, sostenuta dai galleggianti, fascia la prua. Subito dietro troviamo il cannone principale da 105 millimetri e le postazioni antiaeree. Sdraiato a fianco, l'albero con la coffa che alloggiava la vedetta».
Il viaggio continua. «Il ponte di comando non ha retto al passare del tempo e custodisce i suoi segreti negando l'accesso, al contrario della grande sala macchine che si offre alla vista di chi vi si affaccia attraverso l'osteriggio principale».
«Scale, passerelle, tubi e altri macchinari riempiono quello che era il cuore pulsante di una bella e veloce nave da crociera trasformata in un concentrato di tecnologia militare dell'epoca».
L’occhio si sposta verso il grande fumaiolo che «non si erge più in posizione, ma conserva ancora parte della sua imponenza resistendo alle insidie della corrosione».
«Le gruette delle scialuppe di salvataggio testimoniano l'ordinato abbandono della nave da parte dell'equipaggio, il quale venne elogiato dal Comandante per la disciplina dimostrata. Purtroppo non tutti riuscirono ad imbarcarsi, cinque furono i militari uccisi».
«Qualche colpo di pinna fa sorvolare maniche a vento abbattute, postazioni antiaeree nascoste da rottami di ogni genere. Vecchie lenze da pesca incrostate drappeggiano le passeggiate laterali attraverso le quali si accede alle cabine che ospitavano gli ufficiali della Kriegsmarine e il personale radar della Luftwaffe».
«Una grande antenna radar sdraiata sul fondo conferma quanto si supponeva: ora possiamo dare un nome a quello che prima era un relitto sconosciuto: è davvero il Kreta».
Tutto cambia quando ci si avvicina alla poppa. «L'acqua diventa torbida - racconta Bondone -, le cose perdono forma e il paesaggio appare lunare, il fondale è piatto con una strana cavità nella quale giacciono rottami. Parti metalliche sparse sembrano invitare ad allontanarsi dal relitto e a seguire la via che tracciano sul fondo».
Dopo l’esplorazione, l’omaggio dell’appassionato, quasi una preghiera. «E' tempo di ritornare nel "mondo di sopra", si rende omaggio alla bella nave e al suo equipaggio spegnendo le luci video come in un immaginario minuto di silenzio. Si assapora il momento dello stacco mentre l'ombra del relitto piano piano svanisce nel blu dell'alto fondale e inizia la lenta risalita».