In aula
Poerio (Benetti) «Ma il vescovo Giusti non si intende di navi»
Cantiere: lo sfogo dell'amministratore delegato: «Bisogna chiudere le partite su bacini e porto turistico. C’è un percorso aperto da 10 anni, ora è il momento di agire»
LIVORNO. «Noi speculatori? Nessuno ricorda che diamo lavoro a migliaia di persone». «Davvero vogliamo mettere in discussione un percorso decennale per gli interessi di chi spunta fuori all’ultimo?». E ancora: «Adesso anche il vescovo conosce i bacini e dice che c’è spazio per le grandi navi. Ve lo assicuro: non è così». Sono solo alcune delle dichiarazioni dell’ingegnere Vincenzo Poerio, amministratore delegato di Benetti (azienda leader mondiale nel settore dei megayacht), che si è tolto più di qualche sassolino dalla scarpa durante la conferenza organizzata con i responsabili di Confindustria, Cna, e Gestione Bacini.
Traguardi (forse) in vista. Il motivo “ufficiale” dell’incontro è stato l’aggiornamento sul «percorso cominciato nel 2003 e arrivato oggi, faticosamente, agli atti conclusivi». «Di questo - precisa Poerio - vogliamo dare notizia alla città, lasciando agli altri le polemiche quotidiane cui siamo ormai abituati».
Le questioni cui si riferisce l’ingegnere sono due: bacini e porto turistico. Parte dalla prima: «Non abbiamo mai avuto niente da dire nei confronti di chi ha operato nelle riparazioni navali in passato. Ci siamo limitati a far notare che il mondo si è trasformato, di conseguenza le riparazioni devono adattarsi al cambiamento».
Sul porto turistico: «Siamo vicini al completamento di un piano che, è bene ricordarlo, ci è stato chiesto dalle autorità. Ma - si lamenta l’amministratore delegato - ancora si sta perdendo tempo a “non prendere” le ultime decisioni».
Ma quali speculazioni... Incontro finito? Neanche per sogno. Perché Poerio ne approfitta per respingere al mittente le accuse di chi parla di Benetti come “gruppo di speculatori”, ricordando che «nel cantiere abbiamo dato lavoro a migliaia di dipendenti».
«Appena abbiamo messo piede in città, nel 2003 - ricorda - abbiamo speso 60 milioni di euro. Abbiamo trovato un cantiere monoblocco, una struttura costruita per produrre e riparare le grandi navi e basta. Ci venne chiesto espressamente qualcosa di diverso: dovevamo creare una parte industriale, una immobiliare e una turistica. Abbiamo accettato, partecipando a una gara e vincendola. Oggi fatturiamo 140 milioni all’anno: i Cantieri Orlando ne facevano la metà».
Percorsi e partite aperte. «Il problema - riprende Poerio - è che a Livorno, come in tutta Italia, si parte da un presupposto e poi, con tempi lunghissimi, si finisce per perdere il punto di partenza. C’è stato un accordo con 14 ministeri per andare in una certa direzione. L’abbiamo sostenuta con decine di milioni di investimenti (70 milioni solo per i capannoni). Eppure, a distanza di così tanto tempo, ancora non siamo capaci di chiudere queste partite fondamentali».
Jobson? No grazie. L’ingegnere ritorna ai bacini: «C’è un Piano operativo triennale in cui si parla di yacht e navi di medie dimensioni. Su questo ci siamo messi d’accordo con la Gestione Bacini. Ora - critica Poerio - lasciamo che arrivi qualcuno da La Spezia e rimettiamo tutto in gioco?».
Il riferimento è alla Jobson Group, che ha manifestato interesse per il bacino grande in muratura attraverso la curia. «La nostra proposta è farci carico del suo ripristino per farne un polo di riparazioni navali», aveva detto il presidente Massimo Netti.
«I bacini - gli risponde Poerio - attirano gli interessi di molti, ma sono interessi di chi pensa di venire qui e stravolgere un percorso per i propri scopi, che magari si concludono nel giro di due o tre anni…».
La curia (poco) esperta. L’amministratore delegato ne ha anche per il vescovo Simone Giusti, che in questi ultimi mesi ha insistito sull’idea di rimettere in pista il grande bacino di carenaggio per farne una opportunità di lavoro (mettendo sul tavolo l’idea Jobson): «Ora sembra che anche il vescovo conosca bene i bacini. Lui dice che c’è spazio per le grandi navi. Ma non è così - ribatte l’ingegnere - questo spazio non c’è, non tanto per il bacino in sé quanto per le infrastrutture che non ci sono più dietro».
Le cozze o il “tedeschino”? Chiusura sul porto turistico: «Se le autorità facessero presto, piuttosto che impiegare anni per le decisioni, ci sarebbe meno spazio per le polemiche. Detto questo - si domanda Poerio - preferiamo restare con le barchette di 4 metri dei pescatori che escono in mare, vanno a fare la loro bella raccolta di cozze, e poi se ne tornano a casa, o vogliamo far venire il “tedeschino” con la sua barca da 10-15 metri, che poi va a mangiare una pizza, a comprarsi i vestitini e a frequentare i locali che in parte già ci sono e in parte potrebbero trovare nuovi spazi, alimentando così l’economia della città? Cosa ci vuole - insiste l’a.d. - a approvare e costruire il progetto della Bellana?».
La chiusura del cerchio. «Oggi - ripete l’ingegnere - non possiamo investire, perché, ad esempio, abbiamo una gestione temporanea per il bacino galleggiante, sul quale abbiamo speso fior fior di milioni. È arrivato il momento di chiudere il cerchio con l’Autorità portuale e mettere la firma sul piano industriale che abbiamo concordato. Piuttosto che provocare altri attriti - conclude Poerio - procediamo e prendiamo le ultime decisioni su bacini e porto turistico. E poi cominciamo a lavorare».