Concordia, indagato il commissario che salvò decine di turisti
Giampedroni, direttore dell’albergo della nave, era stato definito un eroe. Avviso anche al timoniere indonesiano che non avrebbe capito gli ordini
GROSSETO. Otto con l'avviso di fine indagini, tre con una possibile richiesta di archiviazione come dice il procuratore capo Francesco Verusio, tre nuovi indagati (per un totale di 12) rispetto all'incidente probatorio. La fase clou sull'inchiesta Concordia si avvicina e aumentano le novità. Come quella del coinvolgimento del commissario-eroe, Manrico Giampedroni, il direttore dell'albergo della nave che aveva salvato decine di passeggeri rimanendo ferito. Un coinvolgimento inatteso - l'ipotesi è cooperazione in omicidio colposo - visto che dall'incidente probatorio non erano emersi indizi a suo carico.
A differenza di Simone Canessa, secondo ufficiale, cartografo, per il quale i periti del gip Montesarchio avevano evidenziato «una mancanza di professionalità e attenzione» insieme al comandante Francesco Schettino nella pianificazione della nuova rotta, quella dell'inchino al Giglio, sulla base dell'unica carta disponibile a bordo. Il terzo “nuovo” indagato è il timoniere indonesiano Jacob Rusli: non avrebbe capito gli ordini di Schettino. È possibile che l'archiviazione interessi Francesco Ursino (in addestramento), il comandante in seconda Roberto Bosio (in cabina), il componente dell'unità di crisi Paolo Giacomo Parodi. E l'ufficiale di coperta Andrea Bongiovanni. Giampedroni, spezzino, 57 anni, era in plancia al momento dell'urto, alle 21,45 di quel 13 gennaio: anzi, aveva raccontato di essere salito poco prima proprio insieme a Schettino.
A lui la Procura non contesta, verosimilmente, comportamenti anomali per quando riguarda rotta e manovra ma irregolarità legate alle sue funzioni di hotel director e cioè di assistenza dei passeggeri; omissioni o comportamenti sbagliati rispetto ai protocolli. Eppure, Giampedroni si era dato da fare dal primo minuto: «L'ordine di abbandono della nave non fu dato immediatamente ma io non ero già più sulla plancia, avevo raggiunto il punto a me assegnato per prestare i soccorsi», aveva dichiarato ai carabinieri che lo avevano sentito insieme ai sostituti Leopizzi e Pizza, il 16 gennaio. Perché Giampedroni era rimasto intrappolato per 36 ore al buio nel ristorante Milano, col relitto ormai adagiato su un fianco, dove le pareti erano diventati scivoli: per radunare gli ultimi 15 passeggeri era caduto dentro quella che era una porta e che si era trasformata in una botola: «una porta si era aperta sull'interno, sarò caduto per circa 4 metri e mi sono rotto la gamba ritrovandomi al ponte 3. Credo di essere svenuto».
Era rimasto immerso nell'acqua gelida, sopravvivendo grazie a un panino e a una coca cola. Si era fatto sentire dai soccorritori battendo con una pentola su una parete. Nella relazione discussa davanti al gip Montesarchio, i periti lo citano due o tre volte ma sempre e soltanto per riferirne la sua presenza in plancia.