Il Tirreno

Livorno

Polveriera sfratti, Livorno record

di Mauro Zucchelli
Polveriera sfratti, Livorno record

Nessun’altra provincia ne ha più di noi. Sos affitti, la metà paga in ritardo: nei guai anche i proprietari

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LIVORNO. Non esiste in tutta Italia una provincia in cui sia più alto che da noi il numero di sfratti emessi in proporzione al numero dei residenti: uno ogni 170 famiglie nei dodici mesi dello scorso anno. Il doppio rispetto a Pisa (uno ogni 336 famiglie) o Lucca (uno ogni 356), e, guardando fuori dal recinto regionale, il quadruplo di Ancona (uno ogni 701) e il quintuplo di Cagliari (uno ogni 818). Addirittura quasi due volte e mezzo la media nazionale.

Macché aridità delle statistiche, si tratta di uno tsunami sociale senza precedenti che parla di gente in carne e ossa, lacrime e rabbia: i numeri li abbiamo scovati nel dossier “Gli sfratti in Italia” che porta la firma del ministero dell’interno per mano della sua Scuola superiore dell’amministrazione.

Le cifre hanno la testa dura: 909 sfratti emessi lo scorso anno. Con una impennata all’insù del 57,3% rispetto all’anno precedente che quasi non ha eguali in tutta Italia (lo superano solo da Crotone, Frosinone e Grosseto): mentre nel resto della Toscana l’incremento non supera il 3% e a livello nazionale c’è perfino una diminuzione di quasi tre punti percentuali.

Non basta: alle spalle c’era già un’annata pesante, se è vero che il 2010 aveva fatto registrare un balzo del 26,5%.

E ancora: il dossier parla di 369 sfratti eseguiti su scala provinciale, il 30,8% in più dell’anno precedente (mentre a livello nazionale sono calati del 4,2%). Fra le oltre cento province del Bel Paese solo un pugno mettono in risalto una esplosione di sfratti più rilevante che qui da noi (Potenza, Catania, Macerata, Rieti e, ma solo d’un soffio, Ferrara).

«A Livorno ci sono mille sfratti esecutivi in lista, hanno dovuto raddoppiare il numero dei giudici (da uno a due) che seguono questo settore», segnala Paolo Gangemi (Unione inquilini), mettendo l’accento sul fatto che «ci sono tre sfratti al giorno per tre giorni alla settimana, dunque in pratica 80 sfratti ogni due mesi».

A giudizio dell’organizzazione dell’inquilinato è «di fatto saltato» il tentativo del sindaco di trovare un accordo con il prefetto per tirare il freno agli sfratti fino a fine settembre: «Ce ne sono meno ma ci sono».

Il problema numero uno? «Il fatto che l’emergenza casa – dice Gangemi – non sia diventata l’impegno principale delle istituzioni, magari coinvolgendo il mondo del credito e quello della grande proprietà immobiliare». E aggiunge: «La crisi picchia duro, il governo Monti ha fatto orecchie da mercate anche di fronte alla mozione in Parlamento che gli chiedeva di intervenire di fronte alla polveriera sociale degli sfratti per morosità incolpevole, dovuta quasi sempre al fatto che in famiglia il marito ha perso il lavoro». Eppure – rincara – qui abbiamo «mille sfratti, 7mila appartementi vuoti e ci sono strutture pubbliche che potrebbero essere utilizzate per dare un tetto: come quelle invendute dell’Asl o come il secondo piano dell’ex Lamarmora».

I guai degli inquilini si rovesciano sulle spalle dei piccoli proprietari: capita di trovare famiglie che vogliono smetterla di stare in affitto e hanno acquistato una casa locata e si ritrovano fra l’incudine (l’inquilino non paga) e il martello (la banca che vuole le rate del mutuo e il padrone di casa che a sua volta vuole la pigione). Risultato: si rischia un effetto domino anche fra i piccoli proprietari. Lo ammette anche l’Asppi, l’organizzazione della piccola proprietà immobiliare: «Ormai l’aggiornamento Istat non lo vuol pagare nessuno, ci sono difficoltà anche sui soldi della registrazione del contratto o per le straordinarie manutenzioni. Non ci si rende conto che tutto questo finisce per creare morosità. Noi consigliamo ai nostri associati di cercare un dialogo con l’inquilino perché il muro contro muro non giova a nessuno. I ritardi nel pagamento dell’affitto? Entro una settimana ormai è quasi la norma, riguarda più dell’80% dei casi, secondo le nostre rilevazioni-test. Nel 60% supera il mese di ritardi e in più del 40% oltrepassa i due mesi».

C’è bisogno che la politica cittadina affronti con decisione questo problema, torna a ripetere l’Unione inquilini: «Personalmente mi auguro – afferma Gangemi – che si segua l’esempio di Bobigny che, in virtù dell’obiettivo “sfratti zero”, prevede che si esca da una casa solo per andare in un’altra. Ma ci sono anche strumenti già utilizzabili per riuscire quantomeno a mitigare gli effetti devastanti della crisi: ad esempio, ci sono 8mila euro di incentivo pubblico al proprietario che accetti il passaggio a canone concordato oppure 3mila euro accordabili in cambio di un congelamento dello sfratto per un anno. Solo che tutto passa da una azione forte della politica che prenda in mano una situazione esplosiva».

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