Violenza giovanile
La scommessa di Bulgarella
Mario Lancisi
«35 milioni per il Palazzo ma Livorno non mi ama»
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LIVORNO. Quando ad Andrea Bulgarella, 58 anni, imprenditore e costruttore, capita, dall’ultimo piano dell’hotel Palazzo, in corso di restauro, di soffermarsi per qualche istante ad ammirare la vista d’incanto del mare e delle isole (Gorgona, Capraia, l’Elba e la punta nord della Corsica) -, il pensiero gli corre rapido ad un episodio cruciale di quasi quarant’anni fa. Era il ’69 e Bulgarella, allora ventenne, dopo aver studiato in collegio a Genova e Vercelli (è geometra ma lo chiamano tutti ingegnere, anche se gli mancano tre esami alla laurea), scelse di lavorare nell’azienda familiare, fondata a Erice, in provincia di Trapani, nel 1902 da nonno Andrea. Lo scontro con il babbo. La Bulgarella srl costruiva strade e possedeva cave di petrisco. Il giovane Andrea morse subito il freno: «Papà Giuseppe e mio zio costruivano strade ancora con la carriola, mentre io volevo ammodernare l’azienda e acquistare macchinari nuovi».
Uno scontro generazionale. Una sera Andrea tornando a casa sorprese mamma Agata, che a 97 anni ancora gli telefona ogni sera, recitare il rosario e piangere a dirotto: «Cosa è successo? E’ morto qualcuno?», domandò allarmato. «Piango e prego per te. Il babbo è molto preoccupato: dice che hai perso la testa, che vuoi spendere tanti soldi...Ha deciso di trovare un medico per curarti», spiegò la donna al figlio. Dodici albergi in Toscana. Il giovane Bulgarella non era affatto matto. Basti pensare che sotto la sua guida l’azienda familiare è riuscita a costruire un impero da 100 milioni di fatturato e 1700 dipendenti (più 1300 dell’indotto). Bulgarella ha diversificato l’attività del gruppo. Non solo strade, ma anche costruzione e gestione di alberghi. Il gruppo Bulgarella è diventato tra i primi tre colossi alberghieri italiani. Dall’hotel Misurina, vicino a Cortina, alla Tonnara di Bonagia Valderice, vicino a Trapani.
Solo in Toscana Bulgarella ha costruito o sta costruendo una catena di dodici alberghi: a Pisa, Firenze, Carrara, Empoli e Lucca. Alcuni commerciali, altri di grande fascino. Per non parlare del recupero delle colonie di Calambrone: un fiore all’occhiello per Bulgarella. 35 milioni per il Palazzo. Nell’aprile 2004 Bulgarella approda a Livorno. Ad indirizzarlo è un mediatore pisano, ex arbitro di calcio, un mondo che Bulgarella conosce bene (è stato nella prima metà degli anni Novanta presidente del Trapani, tra i suoi giocatori più noti l’interista Marco Materazzi), che gli suggerisce di dare «una guardata» all’hotel Palazzo, davanti ai bagni Pancaldi, un presente grigio (chiuso da sette anni e una struttura in parte fatiscente) ma con un passato lussuoso alle spalle. Nell’album dei clienti illustri il re Umberto e la regina Margherita, lo statista Giovanni Giolitti, lo scienziato Guglielmo Marconi e il mitico pilota Tazio Nuvolari.
A Bulgarella l’albergo piace a prima vista: «Splendido, un edificio di qualità, di grande valore storico e architettonico, che deve tornare al più presto a vivere», commenta entusiasta. Decide così di acquistarlo e di restaurarlo: a fine anno l’inaugurazione, costo 35 milioni (di cui 7 per l’acquisto). Lo chiamerà Grand Hotel Palazzo e punterà ad una clientela straniera. Ma Livorno non si scalda. Eppure a Bulgarella a volte viene il sospetto di essere considerato un po’ matto, come pensava papà Giuseppe. Ha investito fior di milioni per restituire al suo antico splendore l’albergo più emblematico di Livorno, ma la città non si scalda. Vorrebbe un terreno dove costruire un albergo commerciale con un centro congressi ma non lo trova. Puntava a ristrutturare l’albergo Corallo e a recuperare le omonime terme, ma Bulgarella sostiene di essersi sentito rispondere picche.
E ha come l’impressione di essere un po’ snobbato dal sindaco Alessandro Cosimi mentre il pisano Paolo Fontanelli lo coccola: «Una volta gli presentai un progetto, lui ascoltò ma non fece alcun commento. Dopo mezz’ora il responsabile dell’ufficio urbanistico di Pisa mi chiamò: “Il sindaco è entusiasta del suo progetto. Lo realizzi quanto prima”». Così Bulgarella non sa darsi una ragione della freddezza labronica. Lui ha tanti progetti in testa. Ha persino acquistato un vecchio documentario della Rai sulle terme del Corallo. Si entusiasma per la stazione ferroviaria: «E’ bellissima, in quell’area si potrebbe costruire un’area splendida. Poi a nord della città si potrebbe...». Sfoglia carte, esibisce cartoline della città in bianco e nero, progetti. La diffidenza della città. Un vulcano, questo Bulgarella, a cui Livorno dà del lei e tiene a distanza.
Lui invece vorrebbe pacche nelle spalle e non sa darsi pace. «Sarà che a Livorno comandano i poteri forti che si guardano bene dal dare spazio ad intrusi come me. Sarà che questa è una città che non sa sfruttare la sua vocazione turistica e come una bella donna non sa riconoscere la sua bellezza. Sarà...», pensa a voce alta Bulgarella. O sarà per una certa diffidenza per un personaggio dal presente troppo fragoroso e dal passato con qualche pagina scomoda. Come quando due anni fa un’inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Palermo ha coinvolto un dipendente di Bulgarella, il geometra Lamberto Perugini. «Ci risiamo. E’ la solita maledetta storia che continua a perseguitarci. Chissà quanto se ne riparlerà adesso...», commentò Bulgarella.
Attentati intimidatori. L’imprenditore di Erice, amico del fisico Antonino Zichichi, di padre Eligio di mondo X e dell’ex calciatore Gianni Rivera, nel 1985 denunciò gli appalti pubblici falsi della provincia di Trapani. Aveva investito molti milioni nell’azienda e l’inattività rischiava di farlo fallire. «Avevo osato partecipare e vincere un appalto per la costruzione dell’autoparco comunale presentando un’offerta migliore e più bassa della concorrenza, scardinando così accordi già conclusi da uomini che contavano. Fu il prefetto di Trapani Vito Colonna a salvarmi dal fallimento», ricorda Bulgarella, che nel corso degli anni ha subito una serie di attentati intimidatori. Nel 1990 trovò 50 chili di dinamite davanti a casa: «Ma io non ho mai inchinato la testa alla mafia», dice l’imprenditore di Erice. Forse anche per questo ha deciso di sbarcare nel continente, dove cicatrizzare antiche ferite. «Io non sono un palazzinaro alla Ricucci. A me piace costruire edifici belli. Io sono un poeta del mattone...», conclude Bulgarella mentre i suoi occhi si perdono nel mare che si ammira dall’hotel Palazzo.
Uno scontro generazionale. Una sera Andrea tornando a casa sorprese mamma Agata, che a 97 anni ancora gli telefona ogni sera, recitare il rosario e piangere a dirotto: «Cosa è successo? E’ morto qualcuno?», domandò allarmato. «Piango e prego per te. Il babbo è molto preoccupato: dice che hai perso la testa, che vuoi spendere tanti soldi...Ha deciso di trovare un medico per curarti», spiegò la donna al figlio. Dodici albergi in Toscana. Il giovane Bulgarella non era affatto matto. Basti pensare che sotto la sua guida l’azienda familiare è riuscita a costruire un impero da 100 milioni di fatturato e 1700 dipendenti (più 1300 dell’indotto). Bulgarella ha diversificato l’attività del gruppo. Non solo strade, ma anche costruzione e gestione di alberghi. Il gruppo Bulgarella è diventato tra i primi tre colossi alberghieri italiani. Dall’hotel Misurina, vicino a Cortina, alla Tonnara di Bonagia Valderice, vicino a Trapani.
Solo in Toscana Bulgarella ha costruito o sta costruendo una catena di dodici alberghi: a Pisa, Firenze, Carrara, Empoli e Lucca. Alcuni commerciali, altri di grande fascino. Per non parlare del recupero delle colonie di Calambrone: un fiore all’occhiello per Bulgarella. 35 milioni per il Palazzo. Nell’aprile 2004 Bulgarella approda a Livorno. Ad indirizzarlo è un mediatore pisano, ex arbitro di calcio, un mondo che Bulgarella conosce bene (è stato nella prima metà degli anni Novanta presidente del Trapani, tra i suoi giocatori più noti l’interista Marco Materazzi), che gli suggerisce di dare «una guardata» all’hotel Palazzo, davanti ai bagni Pancaldi, un presente grigio (chiuso da sette anni e una struttura in parte fatiscente) ma con un passato lussuoso alle spalle. Nell’album dei clienti illustri il re Umberto e la regina Margherita, lo statista Giovanni Giolitti, lo scienziato Guglielmo Marconi e il mitico pilota Tazio Nuvolari.
A Bulgarella l’albergo piace a prima vista: «Splendido, un edificio di qualità, di grande valore storico e architettonico, che deve tornare al più presto a vivere», commenta entusiasta. Decide così di acquistarlo e di restaurarlo: a fine anno l’inaugurazione, costo 35 milioni (di cui 7 per l’acquisto). Lo chiamerà Grand Hotel Palazzo e punterà ad una clientela straniera. Ma Livorno non si scalda. Eppure a Bulgarella a volte viene il sospetto di essere considerato un po’ matto, come pensava papà Giuseppe. Ha investito fior di milioni per restituire al suo antico splendore l’albergo più emblematico di Livorno, ma la città non si scalda. Vorrebbe un terreno dove costruire un albergo commerciale con un centro congressi ma non lo trova. Puntava a ristrutturare l’albergo Corallo e a recuperare le omonime terme, ma Bulgarella sostiene di essersi sentito rispondere picche.
E ha come l’impressione di essere un po’ snobbato dal sindaco Alessandro Cosimi mentre il pisano Paolo Fontanelli lo coccola: «Una volta gli presentai un progetto, lui ascoltò ma non fece alcun commento. Dopo mezz’ora il responsabile dell’ufficio urbanistico di Pisa mi chiamò: “Il sindaco è entusiasta del suo progetto. Lo realizzi quanto prima”». Così Bulgarella non sa darsi una ragione della freddezza labronica. Lui ha tanti progetti in testa. Ha persino acquistato un vecchio documentario della Rai sulle terme del Corallo. Si entusiasma per la stazione ferroviaria: «E’ bellissima, in quell’area si potrebbe costruire un’area splendida. Poi a nord della città si potrebbe...». Sfoglia carte, esibisce cartoline della città in bianco e nero, progetti. La diffidenza della città. Un vulcano, questo Bulgarella, a cui Livorno dà del lei e tiene a distanza.
Lui invece vorrebbe pacche nelle spalle e non sa darsi pace. «Sarà che a Livorno comandano i poteri forti che si guardano bene dal dare spazio ad intrusi come me. Sarà che questa è una città che non sa sfruttare la sua vocazione turistica e come una bella donna non sa riconoscere la sua bellezza. Sarà...», pensa a voce alta Bulgarella. O sarà per una certa diffidenza per un personaggio dal presente troppo fragoroso e dal passato con qualche pagina scomoda. Come quando due anni fa un’inchiesta della direzione distrettuale antimafia di Palermo ha coinvolto un dipendente di Bulgarella, il geometra Lamberto Perugini. «Ci risiamo. E’ la solita maledetta storia che continua a perseguitarci. Chissà quanto se ne riparlerà adesso...», commentò Bulgarella.
Attentati intimidatori. L’imprenditore di Erice, amico del fisico Antonino Zichichi, di padre Eligio di mondo X e dell’ex calciatore Gianni Rivera, nel 1985 denunciò gli appalti pubblici falsi della provincia di Trapani. Aveva investito molti milioni nell’azienda e l’inattività rischiava di farlo fallire. «Avevo osato partecipare e vincere un appalto per la costruzione dell’autoparco comunale presentando un’offerta migliore e più bassa della concorrenza, scardinando così accordi già conclusi da uomini che contavano. Fu il prefetto di Trapani Vito Colonna a salvarmi dal fallimento», ricorda Bulgarella, che nel corso degli anni ha subito una serie di attentati intimidatori. Nel 1990 trovò 50 chili di dinamite davanti a casa: «Ma io non ho mai inchinato la testa alla mafia», dice l’imprenditore di Erice. Forse anche per questo ha deciso di sbarcare nel continente, dove cicatrizzare antiche ferite. «Io non sono un palazzinaro alla Ricucci. A me piace costruire edifici belli. Io sono un poeta del mattone...», conclude Bulgarella mentre i suoi occhi si perdono nel mare che si ammira dall’hotel Palazzo.