Il Tirreno

TRASPORTO PUBBLICO AI TEMPI DEL VIRUS

I conducenti di autobus hanno paura: «Servono più corse o alle fermate sarà il caos»

Tommaso Silvi
Un autobus percorre il centro, a Livorno: a bordo poche persone, ma in base alle restrizioni anti-Covid il mezzo è al completo (Foto di Michele Silvestri)
Un autobus percorre il centro, a Livorno: a bordo poche persone, ma in base alle restrizioni anti-Covid il mezzo è al completo (Foto di Michele Silvestri)

Bus mezzi vuoti per le restrizioni anti-contagio da Covid-19, ma sempre più gente ha bisogno di spostarsi in città

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LIVORNO. Prima c’era il deserto, poi il buonsenso. Ora sta pericolosamente prendendo piede l’esasperazione. Le fermate degli autobus rischiano di diventare una polveriera. Lo dicono i conducenti dei mezzi pubblici. «La gente non può essere lasciata a piedi. Passiamo senza fermarci. Fino a qualche giorno fa abbozzavamo un cenno di scuse e i cittadini per strada capivano, ora ci urlano dietro. Hanno perso la pazienza, serve una soluzione. Così la situazione rischia di degenerare da un momento all’altro».

A parlare è Luca Vecce, da vent’anni al volante dei bus che girano per la città. È preoccupato. Come i colleghi. Perché le regole che hanno rivoluzionato il trasporto pubblico nell’ambito dell’emergenza coronavirus hanno bisogno di un sostegno concreto. Per intendersi: la capienza sugli autobus è stata drasticamente ridotta per garantire la distanza di sicurezza tra i passeggeri e combattere il rischio contagio da Covid-19, il numero di corse è stato ridotto, ma le persone stanno uscendo sempre di più fuori di casa, utilizzando il pullman per spostarsi in città e andare a lavoro. «Abbiamo girato per due mesi a vuoto, fino al termine di aprile sugli autobus non saliva praticamente nessuno», spiega Germano Canessa, autista della Compagnia Toscana Trasporti Nord, l’azienda che gestisce il trasporto pubblico a Livorno e in molte altre zone della regione.

Ma ora i tempi sono cambiati. I bar danno caffè e colazione da asporto, si può uscire per fare una passeggiata, e dal 18 maggio, salvo clamorose sorprese, riapriranno anche molte attività commerciali. «Con la capienza ridotta - prosegue Canessa - tante persone restano a piedi. Quando su un autobus salgono 7, 10 o 12 passeggeri, a seconda della grandezza del mezzo, non possiamo più aprire le porte a nessuno. Il numero è tassativo. E allora capita di passare di fronte alle fermate, con la gente che aspetta il pullman, e tirare a dritto lasciandoli a terra. Non possiamo andare avanti così». Cosa chiedono i conducenti? Come è possibile riuscire a caricare tutti i passeggeri sugli autobus senza rischi? «Deve essere ripristinato immediatamente il servizio feriale senza scuole. Ovvero, vanno aumentate le corse. Non c’è altra soluzione», dice ancora Luca Vecce.

La città è cambiata molto nell’ultima settimana. Ma il servizio di trasporto pubblico è rimasto lo stesso. «Dobbiamo tornare al servizio pre-Covid – ribadisce Germano Canessa – perché se a marzo e aprile alle fermate c’erano tre o quattro persone, ora ce ne sono dieci. Ma noi abbiamo la capienza super ridotta, e le corse sono poche». Fermata di via Grande, sono le 10.45 di una mattina come tante. L’autobus arriva e apre le porte, sale una manciata di passeggeri. Poi arrivano mamma e figlio adolescente. Il tempo di appoggiare il piede sulla pedana del pullman che dalla cabina del conducente arriva l’avviso: «Mi dispiace signora, non può salire, la capienza è esaurita». Le sedute libere sono tantissime, ma ai tempi del virus i pullman devono viaggiare così. Mezzi vuoti.

«È difficile dire alla gente di non salire, ma questo è quello che dobbiamo fare, e non sarebbe neppure giusto far ammassare le persone e quindi mettere a rischio la loro salute», racconta Andrea Petrucci, che tra pochi mesi andrà in pensione, concludendo un’esperienza da conducente di autobus cominciata nel 1982. Resta una domanda. Più che altro una curiosità. Ma come fanno gli autisti a controllare quanti passeggeri ci sono sul pullman? E a essere certi che il numero minimo sia sempre rispettato, fermata dopo fermata? «Contiamo con gli occhi. E siamo continuamente in contatto telefonico con la direzione centrale durante il tragitto. E poi dobbiamo annotare tutto a penna. Oltre a guidare, che è la cosa più importante e che comporta una grande responsabilità. Facciamo quattro lavori in uno – conclude Luca Vecce – e non ce la facciamo più».