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Uccide i figli e nasconde i corpi in due valigie per 4 anni: fugge all’estero e viene scoperta – Condannata all’ergastolo

di Redazione web

	Un momento del processo
Un momento del processo

L’orribile storia di una 45enne che in Nuova Zelanda ha compiuto un doppio omicidio con un succo contaminato da antidepressivi

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La vicenda di Hakyung Lee, 45 anni, originaria della Corea del Sud e residente da tempo in Nuova Zelanda, ha lasciato un segno indelebile nelle cronache giudiziarie del Paese. Dopo anni di mistero e silenzio, la donna è stata condannata all’ergastolo per l’omicidio dei suoi due figli, Yuna e Minu Jo. Una sentenza che chiude un capitolo doloroso, ma che lascia dietro di sé domande senza risposta e un senso di incredulità diffuso.

Il delitto e la fuga

Era il 27 giugno 2018 quando, nella casa di un sobborgo di Auckland, Lee somministrò ai bambini un succo contaminato da antidepressivi. Yuna aveva otto anni, Minu sei. Dopo aver tolto loro la vita, nascose i corpi in due valigie custodite in un deposito, continuando a pagarne l’affitto come se nulla fosse. Poco dopo cambiò identità e tornò in Corea del Sud, lasciando dietro di sé solo assenze e sospetti.

La scoperta quattro anni dopo

Il segreto rimase sepolto fino al 2022, quando una famiglia acquistò all’asta l’unità di stoccaggio. Dentro le valigie, invece di oggetti dimenticati, trovarono un orrore inimmaginabile. La scoperta riaprì un caso che sembrava destinato all’oblio e portò all’estradizione di Lee in Nuova Zelanda, dove il processo iniziò tra rinvii e perizie psichiatriche.

Una madre sola davanti alla giustizia

L’8 settembre, Lee scelse di difendersi senza avvocati, assistita solo da un’interprete e due consulenti tecnici. Un’immagine potente: una madre isolata, accusata di aver infranto il legame più sacro, quello con i propri figli. La difesa la descrisse come una donna fragile, devastata dalla morte del marito e precipitata in una spirale depressiva. Le perizie confermarono la malattia, ma esclusero l’incapacità di intendere.

L’accusa e il verdetto

Per i procuratori, invece, le azioni di Lee furono il frutto di un calcolo lucido: occultamento dei corpi, cambio di identità, fuga all’estero. Una pianificazione che dimostrava piena consapevolezza. La giuria impiegò meno di quattro ore per dichiararla colpevole di duplice omicidio. In aula, la madre dell’imputata, Choon Ja Lee, espresse il dolore di una famiglia distrutta: «Se voleva morire, perché non è morta da sola?». Il giudice Geoffrey Venning ha inflitto l’ergastolo, con un minimo di 17 anni prima della possibilità di libertà condizionale. Ha ricordato che le vittime erano «particolarmente vulnerabili»: due bambini che avrebbero dovuto trovare protezione nella madre, e che invece hanno trovato la morte.

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