Oltre settemila contagi per il virus chikungunya, in Cina ritorna la paura della quarantena
La città di Foshan, nella provincia del Guangdong, alle prese con un’epidemia di chikungunya: ospedali pieni, controlli serrati e una campagna massiccia di disinfestazione. Le autorità impongono misure rigide e la popolazione denuncia una nuova ondata di restrizioni
Tamponi obbligatori, isolamento e reparti ospedalieri sotto pressione: la città cinese di Foshan, nel sud della Cina, è tornata a vivere un incubo che ricorda da vicino i momenti più difficili della pandemia da Covid-19. A scatenare l’allarme, questa volta, non è però un virus respiratorio, ma il chikungunya, una malattia virale trasmessa dalle punture di zanzara.
Dall’inizio di luglio, nella metropoli della provincia del Guangdong sono stati registrati oltre 7.000 casi. Il virus non si trasmette da persona a persona, ma solo attraverso la puntura delle zanzare del genere Aedes – le stesse responsabili anche della diffusione di dengue e Zika – che pungono individui infetti e poi veicolano il virus ad altri.
Cos’è la chikungunya
La chikungunya, identificata per la prima volta in Tanzania negli anni ’50, provoca sintomi debilitanti: febbre alta, nausea, vomito e soprattutto forti dolori articolari, che in alcuni casi possono protrarsi per mesi o addirittura anni. A rischio maggiore sono bambini, anziani e persone con patologie pregresse.
Cosa ha favorito la crescita delle zanzare
In Cina il virus era stato segnalato solo sporadicamente dal 2008, ma quest’anno le condizioni climatiche estreme – piogge abbondanti e alte temperature – hanno favorito una crescita fuori controllo della popolazione di zanzare, portando all’attuale emergenza sanitaria. Le autorità riferiscono che, finora, i casi sono rimasti per lo più lievi e che il 95% dei pazienti è stato dimesso entro una settimana, dopo un tampone negativo o un ricovero precauzionale.
La situazione, tuttavia, si sta aggravando: solo nell’ultima settimana si sono registrati quasi 3.000 nuovi casi. Oltre a Foshan, almeno 12 città nella provincia del Guangdong hanno segnalato focolai. Anche Hong Kong ha confermato un caso: un ragazzino di 12 anni che ha mostrato sintomi tipici dopo aver soggiornato a Foshan.
Le misure per la popolazione
Per limitare la propagazione del virus, le autorità locali hanno avviato una campagna capillare di disinfestazione. Squadre munite di mascherine e tute protettive stanno spruzzando insetticidi nei luoghi pubblici e nei quartieri residenziali, mentre droni sorvolano le città alla ricerca dei focolai larvali. Parallelamente, sono state introdotte soluzioni biologiche, come l’impiego di "zanzare elefante" (una specie predatrice delle larve di zanzara portatrici del virus) e il rilascio di pesci larvivori negli stagni cittadini.
Le misure non si fermano qui: agli ingressi degli edifici gli operatori spruzzano repellenti sui residenti, e i cittadini sono obbligati a rimuovere qualsiasi ristagno d’acqua dalle abitazioni, pena multe fino a 10.000 yuan (circa 1.200 euro). Oggetti comuni come sottovasi, ciotole per animali o bottiglie aperte sono finiti sotto stretta osservazione.
Queste misure, considerate da molti come un ritorno alle rigide politiche di "Zero Covid", hanno sollevato forti critiche sui social cinesi. La popolazione denuncia un’escalation di controlli e restrizioni e teme un ritorno ai lockdown e alla sorveglianza di massa. Intanto, le autorità ribadiscono la necessità di agire con decisione per evitare che l’infezione si diffonda in altre regioni del Paese.