Il Tirreno

Conclave

Nuovo Papa, Parolin e Pizzaballa favoriti. Ma occhio al vento dell’Asia

di Chiara Graziani

	Tutto pronto per il conclave
Tutto pronto per il conclave

I pronostici in vista del conclave: tra gli italiani anche Zuppi, c’è chi punta su Besungu

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Scommettereste denaro sul nome del prossimo Papa? The Economist, bibbia del giornalismo britannico, la mette giù piatta. Ne vale la pena? Il 267° successore di Pietro, l’uomo che traghetterà la Chiesa nel mondo della Terza Guerra Mondiale a pezzi, potrebbe essere un outsider ignoto all’opinione pubblica ma in grado di rappresentare il compromesso “alto” necessario all’unità della Chiesa.

I blocchi di partenza, dunque, sono virtuali. Comunque in molti stanno scommettendo e scommetteranno perché poche competizioni come l’elezione del Papa riservano tanta imprevedibilità e per i bookmakers è un grande gioco. L’incognita del cardinale kenyota dall’età incerta (79 o 80), John Njue, che afferma di non essere stato invitato al Conclave, mettendone a rischio la validità, non è che l’ultima variabile “pazza”. Ciò premesso i nomi in campo, con chances di attirare voti, sono una decina. Li riassumiamo.

I nomi in pole

A seguire la stampa italiana il favoritissimo sarebbe Pietro Parolin, ex segretario di Stato e capofila della triade italiana dei candidati con Pierbattista Pizzaballa (patriarca Gerusalemme, in un ruolo cruciale mentre Gaza scivola nell’abisso dello sterminio di civili) e Matteo Zuppi (arcivescovo di Bologna, vicinissimo alla comunità di Sant’Egidio, ultimamente però dato in calo per eccesso di esposizione).

L’ex segretario di Stato Parolin, artefice con Francesco dello storico accordo con la Cina Popolare inseguito per anni da tre pontefici, dispone di un cosiddetto partito dei Nunzi, gli ambasciatori vaticani, che lo accredita presso i giornalisti di 60/65 voti al primo scrutinio. Numero altissimo al debutto, il quorum è di 89. Ma come ha ammonito uno che se ne intende, il professor Alberto Melloni, ordinario di storia del Cristianesimo ed autore del prezioso “Il Conclave”, i cardinali sono bravi a comunicare. E talvolta, a fin di bene ovviamente, non dicono la verità sulle loro carte ed intenzioni.

A seguire i bookmakers il superfavorito sarebbe il filippino Antonio Tagle, nato da madre cinese e detto il “Francesco d’Asia”. Il candidato e senz’altro fortissimo, carismatico e adatto al compito di guida di una Chiesa sempre più globale ed universale. Aprirebbe gli orizzonti dal punto di vista dell’Asia, sarebbe cruciale per il dialogo con la Cina popolare che non vede l’ora di accreditarsi come nuovo interlocutore globale di un mondo multipolare, opposto agli Stati Uniti (che non a caso vedono la scelta di Tagle come il fumo negli occhi come dicono le bordate di fake news in arrivo da oltreoceano) . Non è detto però che non tiri la volata ad un papa asiatico che garantisca la prosecuzione della grande riforma sinodale. Il vento dell’Asia, come vedremo, tira forte.

Gli outsider

C’è poi la pattuglia europea, disomogenea, con candidati ben piazzati per motivi diversi. Il vescovo di Stoccolma Anders Arborelius, carmelitano, è il volto mite e apprezzato del conservatorismo. Già protestante convertito al cattolicesimo, è uomo di profonda cultura e capacità di mediazione. Jean Marc Aveline, è, a sua volta, detto il “Francesco di Marsiglia”, esponente di quella Chiesa sempre più svincolata dall’influenza geopolitica francese e dall’attivismo del presidente Macron (che si sta dando da fare per provare ad entrare in una partita non sua). Con il cardinale corso Dominique Mamberti (al quale è affidato l’annuncio del nuovo Papa dalla Loggia delle Benedizioni) è pienamente in linea con l’afflato di Francesco a liberare la Chiesa da servitù di cortile nazionaliste e geopolitiche, per un dialogo diretto con i popoli. Occorre aggiungere agli europei Péter Erdò, arcivescovo di Budapest. È definito “l’erede di Giovanni Paolo II” per il suo richiamo alle radici cristiane dell’Europa ed è identificato con il cosiddetto schieramento conservatore. La sua scelta, eurocentrica, non sembrerebbe in linea con lo spirito dei tempi. Ma il nome potrebbe calamitare i voti in caso di stallo.

Una scelta insieme europea ed universale sarebbe quella di Mario Grech, maltese. Dire Grech significa dire Sinodo, ossia l’impegno a rivoluzionare la Chiesa dal basso dando parola a laici, donne e a tutti i battezzati.

Non si sottovaluti che l’impegno sul Sinodo è gradito anche a molti africani per i quali la candidatura più in vista è quella di Fridolin Ambongo Besungu, schematicamente inserito fra i conservatori per le posizioni su famiglia ed omosessualità (sarebbe il primo africano dopo papa Gelasio nel quinto secolo) .

Con lui si nomina Robert Sarah, difensore vecchio stampo dell’ortodossia. Sul fronte degli outsider piace segnalare un altro italiano, pur se solo all’anagrafe, Giorgio Marengo. Troppo giovane, è il ritornello che si sente. 51 anni in Conclave sono pochi effettivamente. Ma il giovane profeta in terra di missione, la Mongolia, pastore di una Chiesa minuscola che vive nelle tende dei nomadi dalle porte sempre aperte (le Ger) e votata all’annuncio di Cristo, sembra coincidere con l’identikit sognato dai sinodalisti. E, loro sì, sono oltre 60 fra quelli che sceglieranno il Papa. 
 

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