Il Tirreno

Grosseto

L’indagine

Truffe sulle auto in Toscana, spuntano altri clienti raggirati. E la concessionaria denuncia: «Associazione per delinquere»

di Pierluigi Sposato

	L’ingresso della concessionaria in una foto di archivio
L’ingresso della concessionaria in una foto di archivio

False trattative e caparre sparite, la titolare della concessionaria Conte Motors di Grosseto chiede alla Procura di agire al più presto. Il primo caso era stato segnalato il 29 novembre

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GROSSETO. E se fosse stata messa in piedi una vera e propria associazione per delinquere finalizzata a truffare ignari acquirenti di automobili usate? Il sospetto si è fatto strada nella mente di Claudia Conte, che già una decina di giorni fa aveva presentato denuncia per l’ipotesi di sostituzione di persona, perché qualcuno si era spacciato per addetto alle vendite di Conte Motors di via Aurelia nord e si era fatto consegnare una caparra per una Volkswagen Polo vista su un sito specializzato: un’auto che la ditta non aveva mai posseduto né tanto meno messo in vendita.

Il sospetto le è venuto perché, oltre al sedicente “Paolo Conte” venditore e al misterioso “Claudio” intestatario del conto sul quale erano stati versati 3.375 euro, adesso sono comparsi altri personaggi, che avrebbero preso di mira persone abitanti in Toscana (Lucca e Pisa) ma anche nel Lazio e in Sicilia. E quindi Claudia Conte si è rivolta nuovamente alla Procura, non soltanto per denunciare i nuovi fatti – appunto gli altri clienti truffati, che hanno presentato querela – ma anche per chiedere di adottare il prima possibile tutti quei provvedimenti che possano fermare l’operazione criminale, a questo punto non improvvisata ma in grande stile. Un’associazione per delinquere, insomma, che a oggi comprenderebbe anche tali “Michele”, “Mario”, “Italo” e “Claudiano” – così si sono presentati i falsi venditori o sono stati indicati gli intestatari dei conti – che hanno agito tutti con le medesime modalità del primo caso, cioè quello della donna di Roma che era rimasta a bocca asciutta e anzi con qualche migliaio di euro in meno per quella Polo che le era tanto piaciuta sul web. Hanno utilizzato gli stessi numeri di telefono (estranei a Conte Motors) , in due profili whatsapp hanno inserito la foto di Claudio Conte, purtroppo defunto e ormai da tempo.

E Claudia Conte, la figlia, che ha voluto che la vicenda diventasse pubblica proprio per evitare che altri cadessero in inganno, non ha difficoltà a raccontare gli altri episodi che le sono state segnalati, per lo stesso motivo. Episodi che l’hanno lasciata sgomenta e che l’hanno indotta a rivolgersi di nuovo alla Procura di via Monterosa insieme al suo avvocato Guiscardo Allescia. Tra l’altro, ci sono casi in cui l’azienda è stata fatta passare come “Concessionaria ufficiale Mitsubishi”: Conte Motors non lo è più.

Cinque le persone rimaste finora più o meno vittima dei malfattori, secondo quanto accertato da Claudia Conte. La donna di Roma del primo caso, un’altra residente nella Capitale, un avvocato della provincia di Agrigento che però si è fermato in tempo, un uomo abitante in provincia di Pisa, un altro residente in provincia di Lucca. La sera dello stesso giorno (era il 29 novembre) del caso della Polo della truffa ai danni della donna romana, Claudia Conte era stata contattata mediante Messenger da una certa Alessandra che era in trattative con tale “Mario” per acquistare un Land Rover Defender, dopo aver versato una caparra da 2mila euro sul conto dell medesimo “Claudio” della Polo: chiedeva lumi per capire se era stata truffata o no: «Mario ha già emesso due fatture con tutti i dati della Conte Motors, ma poi ho scoperto che la concessionaria ha chiuso». Conte le aveva risposto, spiegando che la propria azienda – che comunque non ha cessato l’attività – era estranea. Alessandra non si è poi più fatta viva.

Non era finita. Il 2 dicembre si era presentata alla rivendita di via Aurelia nord un’altra donna di Roma, raccontando una storia identica: una Polo da 6.500 euro, un bonifico immediato da 1.000 euro sul conto di “Claudio” e altrettanti su quello di certo “Claudiano” e poi altri versamenti ancora, fino a 5mila euro. La donna si era riservata di versare il saldo, annunciando che avrebbe provveduto una volta arrivata a Grosseto: solo che da quel numero non rispondeva più nessuno, solo che a Grosseto (dove la donna era arrivata in treno con un’amica) non c’erano né “Paolo Conte” con il quale aveva trattato né l’auto, né quel “Michele Conte” che alla fine le aveva risposto al telefono spiegando che avrebbero potuto chiudere l’affare direttamente nell’autosalone.

Sempre il 2 dicembre era arrivata a Conte la mail di un avvocato siciliano che raccontava una storia non tanto diversa: una Land Rover Defender vista on linea e attribuibile a Conte Motors, contatti con un certo “Italo”, richiesta di caparra, fornitura della partita Iva della ditta (quella giusta, tra l’altro – a differenza del caso della prima donna romana). Ma l’avvocato non aveva abboccato, anche perché l’interlocutore aveva manifestato una fretta inconsueta, anche perché si era insospettivo della mancanza di un recapito telefonico fisso e anche perché il proprietario non era stato unico come era stato pubblicizzato ma (come risultava al report Aci) l’auto aveva avuto diversi proprietari.

C’è dell’altro. Il 4 dicembre Claudia Conte era venuta a sapere del caso di un uomo abitante in provincia di Pisa: un Suzuki Jimny 4x4 visto sempre sullo stesso sito, già pagato per intero per 6mila euro con bonifici a quello stesso “Claudio” dopo la trattativa con “Michele”, concessionaria trovata chiusa, mail falsa con carta intestata Mitsubishi che non è più operativa in Italia.

Il 5 dicembre infine il caso di un acquirente abitante in provincia di Lucca: la stessa Land Rover offerta all’avvocato siciliano, il prezzo era 18.500 euro, l’acconto da 4.200, viaggio verso Grosseto, concessionaria chiusa, consapevolezza di essere rimasto vittima di un raggiro, sottoscrizione della querela.

A questo punto, Claudia Conte si è rivolta di nuovo alla Procura: «Fermateli».

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