Depuratore di Terrarossa, sversamenti illeciti: rinvio a giudizio per 8 imputati
Una parte dell’impianto era stata messa sotto sequestro dai carabinieri nel novembre 2022: ecco quali sono le accuse
GROSSETO. Ci sarà un processo per accertare le responsabilità per il presunto inquinamento della laguna di Orbetello, depuratore di Terrarossa.
Lo ha deciso al termine dell’udienza preliminare il giudice Marco Mezzaluna che ha accolto la richiesta del sostituto procuratore Giovanni De Marco. Questi aveva chiesto il rinvio a giudizio per Andrea Alleva, Marcello Milano, Valentina Celleno, Claudio Antonioni, Giordano Rossi, Loretta Tiberi, Dashamir Shata e Lorenc Xhafa, imputati a seconda delle responsabilità per uno o più capi di imputazione. I fatti contestati risalgono al periodo 2019-2022, in particolare fino al novembre 2022, epoca del sequestro preventivo su alcuni settori (l’impianto aveva comunque continuato a funzionare). Prima udienza a marzo davanti alla giudice Agnieszka Karpinska. La società Integra concessioni srl, incolpata per le persone che rivestivano ruoli di rappresentanza, amministrazione e direzione, traendo vantaggi dalle condotte ritenute illecite, è uscita dal procedimento con un patteggiamento da 42mila euro.
Milano (rappresentante di Integra e dal dicembre 2021 procuratore speciale del Sistema idrico integrato), Alleva (procuratore fino al dicembre 2021), Celleno (referente Ippc, cioè contatto tecnico tra gestore e autorità) e Antonioni (conduttore dell’impianto) in concorso tra loro avrebbero gestito illecitamente i rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi in violazione dell’Autorizzazione integrata ambientale datata 2011, deteriorando significativamente l’ecosistema del canale collegato alla laguna di ponente di Orbetello: l’inquinamento si sarebbe realizzato mediante la conduzione dell’impianto di depurazione delle acque reflue al servizio dei Comuni di Orbetello e Monte Argentario, cioè quello di Terrarossa.
Sarebbero stati smaltite illecitamente 5.700 tonnellate di rifiuti non pericolosi, cioè fanghi prodotti dal trattamento chimico-fisico, contenente il cosiddetto Brenspec 022 (rifiuti organici contenenti sostanze pericolose): uno sversamento che sarebbe stato attuato dalla linea di trattamento chimico-fisica appunto fino alla vasca di ossidazione della linea di trattamento biologico. Inoltre, i quattro sono imputati di aver riversato attraverso lo scarico S3B ingenti tonnellate di fanghi attivi, dirette nel canale di conterminazione collegato direttamente alla laguna. Contestato anche l’utilizzo del Brenspec 022, perché non vi sarebbe stata l’autorizzazione della Regione Toscana. Tutti nel periodo 2019-2022.
Nel periodo agosto-dicembre 2021 sarebbero stati infine superati i limiti tabellari autorizzati per fenoli (1,97 milligrammi per litro il dato rilevato, 1 quello autorizzato), aldeidi (28 e 2), alluminio (5,4 e 2) e zinco (3,7 e 1): i campionamenti erano stati effettuati nello scarico S3 della linea chimico fisica.
Milano, Celleno e Antonioni devono rispondere anche di un’ipotesi di gestione illecita di Terrarossa per aver ricevuto rifiuti provenienti dalle ditte autorizzate al conferimento (in particolare: filiera prosciutti) non conformi di limiti previsti dall’autorizzazione del 2011 e con aggiornamento del 2016 (fatti del 2022).
Milano, Alleva, Celleno e Antonioni devono rispondere dello stoccaggio nella stazione di Ansedonia di circa 8 tonnellate di acido peracetico e dello smaltimento, in concorso con Rossi e Tiberi (legali rappresentanti Grossetana Servizi Manutenzioni srl) e con Shata e Xhafa (dipendenti che avevano agito materialmente), di rifiuti organici contenenti sostanze pericolose: circa 4.400 kg di acido peracetico che sarebbero stati sversati nella stazione di sollevamento e che attraverso una condotta sarebbero finiti in mare (giugno 2020-settembre 2022).
Indagini di Arpat, Asl, carabinieri anche forestali passati anche al vaglio di un perito nominato nel corso di un incidente probatorio: conclusioni che sono state contestate in alcune parti dalla difesa, che avrà modo di proporre le proprie consulenze nel corso del dibattimento.
Il giudice ha accolto il patteggiamento di Integra Concessioni srl, società di Vicenza attualmente in liquidazione, difesa di fiducia dagli avvocati Alessandra De Pretto e Massimiliano Arcioni. Era incolpata per non aver adottato modelli di organizzazione idonei a prevenire i reati contestati e per aver indebitamente ricavato vantaggi dalle gestioni che sono state ritenute illecite dalla Procura di via Monterosa: un risparmio di costi di smaltimento dei fanghi (utilizzata la linea biologica invece che quella chimico-fisica); l’utilizzo del Brenspec 022 in luogo del cloruro ferrico quale coagulante; la mancata attivazione dei controlli in entrata, come quelli per i rifiuti accettati a titolo oneroso provenienti dalla filiera prosciutti; la mancata attivazione, e il conseguente risparmio per lo smaltimento, dei controlli in entrata dell’acido peracetico.
Di questo non si parlerà in dibattimento perché la società ha scelto di patteggiare: gli illeciti costeranno una pena di 42mila euro, pari a 140 quote. Per quattro mesi, la società sarà interdetta dall’esercizio di attività; le sono state revocate le autorizzazioni, non potrà contrattare con la pubblica amministrazione, sarà esclusa da agevolazioni, finanziamenti e contributi, non potrà pubblicizzare beni o servizi.
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