Il Tirreno

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La storia

Rogo sull’Amiata, l’agriturismo circondato dalle fiamme: «Vivi per miracolo». E la comunità ora si mobilita

di Matteo Scardigli
La tavolata di compaesani e alcuni danni del rogo
La tavolata di compaesani e alcuni danni del rogo

Lanciata una raccolta fondi: il maxiregalo per i 30 anni della titolare in Maremma. Era arrivata da Bergamo per cambiare vita in mezzo alla natura

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ROCCALBEGNA. La comunità ha voluto fare un regalo speciale a Silvia Germani, ex insegnante bergamasca classe 1956, per i suoi 30 anni in Maremma: una giornata al suo agriturismo per aiutarla a ricostruire dopo l’incendio di Ferragosto che le ha tolto moltissimo; ma non la forza di andare avanti.

La storia

Germani si trasferisce a Roccalbegna il 25 agosto 1995 per cambiare vita, e appena un anno dopo nasce quella che all’epoca è un’azienda bioagrituristica: insieme ad alcuni amici riporta a nuova vita a un casale di epoca medievale (secondo alcuni era la residenza di un signorotto di Cana, con tanto di antica cisterna dell’acqua) in aperta campagna sulla sommità di un colle, immerso nella natura incontaminata. Il tempo passa e la compagnia cambia, e nel 2012 le redini passano a lei: è l’origine de La Rocca delle Pigne, alla gestione del quale ben presto la affianca il figlio Francesco Bisetti, che si prende cura con amore di tutto ciò che è natura.

Le fiamme

Poi, venerdì 15, l’inferno: temperature vicine ai 40 gradi, cinque squadre dei vigili del fuoco di Grosseto con il supporto delle sezioni di Ansedonia, Arcidosso e Manciano, oltre ai volontari del servizio toscano, due canadair del corpo nazionale e tre elicotteri regionali. «Siamo vivi per miracolo», racconta, ancora sotto choc, spiegando che «stavamo festeggiando il Ferragosto, come da tradizione, quando le fiamme hanno letteralmente lambito la struttura: c’era fumo che entrava da tutte le parti. Dei circa 500 ettari in fumo più o meno 30 erano i miei, con olivi secolari e una quercia pluricentenaria: un danno incalcolabile, per non parlare del cibo buttato dato che per tre giorni è mancata la corrente, e della cara vecchia Lada che “camminava anche sui muri”; mio figlio, rischiando la vita, è riuscito a mettere in sicurezza le altre auto ma quella no».

Quel giorno crollano anche le sue certezze: «Nel tempo siamo riusciti a fidelizzare una clientela abbastanza internazionale, che arriva in prevalenza da Booking , con coppie che tornano anche una volta al mese o un paio di volte l’anno; come tornano, spesso, i turisti di passaggio. In genere siamo sempre pieni e chiudiamo la stagione dopo novembre. L’incendio (non è stata ancora esclusa l’ipotesi del dolo) ha devastato i nostri campi coltivati e distrutto gli strumenti di lavoro che usavamo ogni giorno. Per fortuna la nostra struttura non è stata danneggiata ma il cuore pulsante della nostra attività, la terra, è stato completamente bruciato».

Di qui la campagna social per ripartire attraverso una raccolta fondi: «Ho messo come limite 80mila euro solo per coprire il mancato guadagno e per coprire le spese per la ripartenza: solo per i tubi dell’acqua stiamo spendendo l’ira di Dio, poi ci sono tutte le scorte da rimettere in frigo e freezer (speriamo che qui l’assicurazione...). Il trattore è stato bruciacchiato ma assolutamente non lo vogliamo sostituire: è un pilastro dell’azienda, diciamo che avrebbe bisogno di una “lucidata”», assicura.

Ma social, da queste parti, è una storpiatura di sociale; con la “e” finale. «Domenica avevamo più di una trentina di persone, quasi tutte amici della zona (Cana, Roccalbegna...), che non appena scesi dalle macchine si sono messi al lavoro nel casale e nei terreni pulendo e sistemando tutto quello che si poteva pulire e sistemare. Le donne, poi, si sono messe ai fornelli e hanno cucinato per tutti: è stata una giornata straordinaria e voglio ringraziare uno per uno tutti coloro che ci hanno dato e ci stanno dando una mano», confessa trattenendo l’emozione. Per contribuire è possibile fare una donazione sul sito qui.

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