Il Tirreno

Grosseto

Tribunale

Stalking condominiale: «Andate via o vi ammazzo», famiglia costretta a dormire in macchina. Vicino condannato


	I primi episodi trattati in aula risalivano all’agosto dell’anno scorso
I primi episodi trattati in aula risalivano all’agosto dell’anno scorso

L’uomo dovrà risarcire con 10mila euro la famiglia costituita parte civile

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GROSSETO. Non era stata sufficiente la prima misura, cioè il divieto di avvicinamento ai vicini di casa e di comunicare con loro, emessa alla fine dell’anno scorso. L’aveva violata e il Tribunale a febbraio aveva aggiunto anche il divieto di dimora e di accesso all’abitazione. Adesso è arrivata la sentenza: l’uomo, un 45enne abitante in un centro collinare della provincia, è stato condannato per stalking condominiale. Un anno e quattro mesi (con la riduzione di un terzo prevista dalla scelta del rito abbreviato - condizionato all’audizione di una testimone) da scontare con 970 ore di lavoro di pubblica utilità in un circolo già individuato anche grazie al suo difensore, l’avvocata Silvia Madoni.

L’uomo è stato condannato anche al risarcimento dei vicini costituiti parte civile con l’avvocato Nicola Giribaldi: 10mila euro. Quello che il giudice Marco Mezzaluna ha ritenuto provato è un vero e proprio inferno, così come era stato descritto dalla coppia dei vicini che l’aveva querelato: per loro due ma anche per la loro figlia di pochi anni.

Un inferno iniziato nell’agosto dell’anno scorso e arrivato a una gravità tale che la coppia si era trovata spesso a dormire in auto pur di non rientrare in quel palazzo: non si sentivano sicuri, temevano anche per l’incolumità della bambina, se ne avessero avuto la possibilità economica se ne sarebbero andati. Il 45enne era spesso in stato di alterazione da alcol. Cosa era accaduto? L’uomo aveva parcheggiato la propria auto nel cortile condominiale in modo da impedire il passaggio a quella della coppia: lo aveva constatato la pattuglia dei carabinieri chiamata appositamente. La sera successiva aveva impugnato un bastone e l’avrebbe brandito all’indirizzo dei coniugi: «Vi ammazzo se non andate via di casa»; avrebbe minacciato di tirare addosso a loro dell’acido, avrebbe incitato il cane (un pitbull) ad aggredirli. E avrebbe poi colpito uno dei coniugi alla spalla (sette giorni di guarigione). Il cane sarebbe stato spesso lasciato libero e senza controllo, con lo scopo di spaventare i vicini.

Non era finita: la notte del giorno successivo, vedendo la moglie che rientrava in casa, l’avrebbe seguita insistentemente dicendo che le voleva parlare; quando la donna si era chiusa in casa, avrebbe iniziato a bussare ripetutamente alla porta. Una settimana più tardi si era accanito sulla porta del garage della coppia, sulla quale avrebbe battuto i pugni. Una volta avvicinatosi alla porta di ingresso della loro casa avrebbe ripetuto le minacce: «Andate via di qua! Ti stacco la testa e la metto al contrario! Non vi voglio nel palazzo! Stacco anche la testa di tua moglie».

L’8 settembre nuovo episodio: «Andate via» e poi li avrebbe seguiti con la propria auto. Tregua di tre mesi, fino a dicembre: nel frattempo era intervenuto il divieto di avvicinamento ma lui il 18 l’aveva violato. Ai primi di febbraio una serie di offese dirette alla donna, accompagnate da minacce («vi ammazzo con le mie mani»). La coppia era davvero in pensiero, aveva anche installato una videocamera all’esterno della propria abitazione per sorvegliare cosa succedeva: il 25 febbraio l’imputato si era avvicinato (e aveva di nuovo violato la misura) e l’aveva danneggiata, strappandola dal muro e orientandola verso la propria porta di ingresso. E poi sputi. E poi minacce, le solite di morte. Con una frase terribile: «Non cercate più vostra figlia perché la faccio diventare acqua».

E ancora: «I miei parenti e amici vi stanno cercando per ammazzarvi». Quella sera erano arrivati i carabinieri che non erano riusciti a calmare il 45enne, in preda a uno stato di agitazione aggravato dallo stato di ebbrezza. Il giudice ha ritenuto inattendibile la testimonianza di un’amica della mamma dell’imputato, che avrebbe cercato di addebitare ai coniugi la responsabilità dei dissidi: abita altrove, non ha mai assistito direttamente. Al termine della discussione, la pm Valeria Lazzarini aveva chiesto una condanna a un anno e otto mesi. Tra l’altro, nel procedimento che adesso si è concluso, tra l’altro a pochi mesi dall’inizio dei problemi denunciati, sono stati acquisiti anche gli atti di un fascicolo risalente al 2023 che vedeva lo stesso 45enne nei guai per fatti analoghi a questo ma commessi nei confronti di altri condomini.

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