Biogas, sequestro preventivo: la Procura fa scattare i sigilli
Grosseto, polizia giudiziaria a San Martino: maleodoranze nel mirino
GROSSETO. La Procura della Repubblica presso il tribunale di Grosseto ha inviato ieri – 27 maggio – la sezione di polizia giudiziaria (carabinieri) a San Martino per apporre i sigilli di sequestro preventivo agli impianti a biogas ai sensi dell’articolo 321 del codice di procedura penale. Il sostituto procuratore Giampaolo Melchionna vuole infatti approfondire la questione dei cattivi odori che ciclicamente si diffondono in città.
Le strutture rientrano tra quelle che a marzo la portoghese Capwatt annunciò di aver già acquistato (tra fine dicembre e inizio gennaio, partecipando all’asta ministeriale del Gestore dei servizi energetici) per una cifra top secret e sulle quali – nel complesso – aveva in programma un investimento di revamping (ammodernamento e passaggio da biogas a biometano) da quasi 20 milioni di euro per creare un circolo virtuoso tra agricoltura e produzione di energie rinnovabili; con una scadenza – Pnrr, di quelle da rispettare – fissata al 30 giugno 2026.
Era stato proprio il sindaco Antonfranesco Vivarelli Colonna (da sempre “in guerra” con l’assessora regionale Monia Monni) a ribadire che il progetto dell’azienda avrebbe contribuito a risolvere problemi ambientali, in primis quello delle maleodoranze: tra gli obiettivi principali di Capwatt quello, infatti di chiudere le vasche degli impianti. E lo aveva certificato lo stesso Sandro Bracchi, amministratore delegato di Capwatt Italia (con sede a Brescia): traguardo da raggiungere con i quasi 20 milioni di investimento per la riconversione è il cosiddetto ciclo corto, insieme all’implementazione dei “colini” (filtri per separare l’anidride carbonica dal metano); ma soprattutto «la copertura delle vasche e, allo stesso tempo, con lo studio di materiali ancor più isolanti per portare le emissioni di cattivi odori il più vicino possibile allo zero; obiettivo che non si può raggiungere ma al quale ci corre l’obbligo di tendere».
E oggi – si apprende dall’azienda – il concetto è ribadito nuovamente: «L’iter per affrontare la questione maleodoranze era già stato avviato, in un’ottica di bilanciamento con la produzione di energie da fonti rinnovabili; che è interesse primario dello Stato». A questo punto il solco della giurisprudenza di legittimità in materia di sequestro preventivo e facoltà d’uso, nella difficile ricerca di un bilanciamento tra esigenze di cautela ed esigenze produttive, appare consolidato: in presenza di un sequestro preventivo non può essere riconosciuta alcuna facoltà d’uso del bene vincolato perché incompatibile con lo scopo della misura cautelare stessa, che volta a sottrarre fisicamente la cosa alla disponibilità del titolare.
In questo contesto nel 2018 lo Stato ha approvato un decreto che ha di fatto istituito per la prima volta il termine di inquinamento olfattivo, dopodiché ne ha demandato alle Regioni la legiferazione per il controllo e la regolamentazione. Sul tavolo della Toscana c’è la proposta di legge 150 dal 2022 (consigliera Silvia Noferi, Movimento 5 stelle) ma non è mai stata calendarizzata in Commissione ambiente.
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