Giallo dei cadaveri a Grosseto, indagine archiviata: la verità di “Ape” che ora si candida
Già pronte le magliette per la campagna elettorale
GROSSETO. «Ora basta con le hazzate». L’espressione maremmana (di facile comprensione anche dai non autoctoni) scelta da Michele Rossi, all’indomani del suo proscioglimento per archiviazione del fascicolo nel quale era indagato per occultamento e soppressione di cadavere, è il filo di Arianna in un dedalo di vicende dal quale lui, per tutti semplicemente “Ape”, ora si tira fuori; per candidarsi alla guida del Comune, ma anche per mettersi al riparo da eventuali ritorni di fiamma.
La vicenda
È maggio 2023 quando i carabinieri, coordinati dalla sostituta procuratrice Valeria Lazzarini, entrano nel terreno dove Ape vive nella sua roulotte. Sono i giorni del “giallo di via Giordania”, della ricerca a tappeto dei cadaveri di due persone che Rossi avrebbe ucciso e sotterrato: i militari passano l’intera zona al setaccio con i cani molecolari, un escavatore dell’esercito e un elicottero. Ma niente. Anzi: vengono trovati un fazzoletto sporco di sangue e un osso; umano, ma vecchio di anni. Nessun corpo.
La parola fine
Passato un anno e mezzo il giudice per le indagini preliminari Marco Mezzaluna scrive la parola fine. La penna appena posata viene raccolta da Ape, che su un foglietto pianifica punto per punto la sua revanche. «Io sono un rubagalline, mica il Joker», premette. E racconta: «Da tempo mi era venuto il sospetto che il mio telefono fosse sotto controllo: c’erano state troppe “coincidenze” tra le mie conversazioni e la comparsa delle forze dell’ordine. Così ho deciso di fare una telefonata a un amico e gli ho detto: “Mi sono venuti due in casa. Li ho ammazzati e li ho sepolti sotto l’albero marcio, e in quel punto ho infilato un paletto con sopra un casco”. E poi gli ho detto che un bracciante, nel sistemare il terreno, con il trattore aveva tirato su il teschio di uno dei due cadaveri, che io avevo raccolto e gettato nel campo accanto, e che al bracciante avevo dato dei soldi perché stesse zitto».
Nel frattempo entrano in gioco due conoscenti di Ape. Uno dei quali, si dice, sarebbe l’autore della soffiata. «È una persona con problemi certificati che, a quanto so, era stato “sventolato” da un uomo delle forze dell’ordine oggi in pensione come testimone attendibile. Per altro l’avevo cacciato due anni prima, come avrebbe fatto a sapere certi dettagli?», sottolinea Rossi, che di quei giorni un dettaglio lo ha bene impresso nella memoria: «Pioveva e c’era il fango fino al ginocchio, eppure puntarono dritti sotto l’albero marcio, dove avevo infilato il paletto con il casco. Come mai tanta precisione? Perché Ape è matto, mica scemo! E ora voglio vedere».
La scelta
In attesa che il suo avvocato prenda visione delle carte legali, Rossi cala le proprie. «Ho fatto stampare delle magliette con davanti lo slogan e dietro un prisma tipo quello dei Pink Floyd (la celebre copertina dell’album The Dark Side of the Moon, ndr): un raggio che fa luce su tutti gli aspetti della mia storia. Perché con questa archiviazione finalmente la gente di Grosseto si è svegliata, ha capito che per tutti questi anni hanno crocifisso Ape per niente», annuncia, cogliendo la palla al balzo: «Ho intenzione di candidarmi per fare il sindaco. Tanto, peggio di queste ultime giunte non posso fare».
Con l’amministrazione corrente, in particolare, non corre buon sangue. Nella sua vita ai margini, Rossi (coinvolto anche nell’incidente in cui morì Amerigo Cinelli, proprio qualche giorno dopo il blitz dei carabinieri), ritiene che il Comune non gli abbia dato pace: «Hanno sempre cercato di mettermi i bastoni tra le ruote, da quando stavo in viale Sonnino e poi il municipio mi ha messo in via Giordania, accanto al campo che in teoria dovrebbe essere di quelli che lavorano negli spettacoli itineranti; quando mi sono opposto una delle mie roulotte è andata a fuoco, poi il Comune mi ha sequestrato auto e animali. E ora che sono qui, accanto alla ferrovia, ci vogliono costruire il nuovo centro di Sei Toscana; con la strada di accesso che taglierà la mia: mi stanno murando vivo».