Il Tirreno

Grosseto

Il caso

Maxisqualifica al calciatore Juniores in Maremma, parla la società: ma il referto diventa un caso

di Matteo Scardigli
Nella categoria Juniores giocano atleti under 19
Nella categoria Juniores giocano atleti under 19

Raffica di sanzioni dopo Roselle-Scarlino, il dirigente si smarca: «Non c’entro»

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GROSSETO. L’eco della bagarre della gara di campionato Juniores provinciale tra Roselle e Scarlino, che ha avuto come conseguenza la sospensione della partita con le successive decisioni del giudice sportivo è tutt’altro che spenta. E spunta il caso referto.

Ricostruzione e sanzioni

Secondo quanto riporta il vicegiudice sportivo, un giocatore – minorenne – dello Scarlino ha minacciato e preso a schiaffi l’arbitro, che aveva appena sanzionato un compagno: quattro anni di squalifica. Due compagni hanno preso, rispettivamente, quattro e una giornata. Stop fino al gennaio, invece, per il dirigente accompagnatore per «condotta intimidatoria nei confronti del direttore di gara e successivo atteggiamento irrispettoso assunto nello spogliatoi».

La società condanna

All’indomani dell’articolo de Il Tirreno lo Scarlino «condanna questi gesti che non rientrano nello spirito dello Scarlino Calcio 2020» e assicura che i ragazzi sono stati prontamente redarguiti dal direttore sportivo Piero Livaldi: «Il calcio è uno sport che non va nel verso in cui è stata approcciata la partita. C’è un direttore di gara e le decisioni vanno rispettate, condanniamo atteggiamenti di protesta eccessiva nei confronti di chi permette che si possano giocare le partite. Non sono tollerati atteggiamenti di questo tipo: un fatto che va ben oltre gli insegnamenti e i valori della società e che non dovrà più ripetersi in futuro».

Il dirigente: «Non c’entro»

Alle parole della società seguono quelle – a titolo personale – del dirigente accompagnatore Diego Murzi: «Smentisco tutto». Murzi è figura tecnica ma allo stesso tempo giocatore; ed è stato anche arbitro: «Gioco da trent’anni e non mi era mai capitato niente del genere: chi mi conosce sa che sono un tipo sanguigno ma, né in campo né fuori, sono mai stato protagonista di episodi di violenza; che condanno con fermezza. Per un periodo, quando mi sono rotto il perone, ho fatto anche il direttore di gara io stesso con la sezione di Grosseto; e non mi sognerei mai di fare quello che è stato scritto». Motivo del contendere è il referto consegnato al vicegiudice; almeno nella parte che lo riguarda: «In quel momento ero fermo in panchina, c’è un video che lo dimostra. Allo stesso modo non sono mai entrato nello spogliatoio, tant’è che l’arbitro stesso (a gara sospesa) mi ha consegnato tabellino e tutto il resto fuori, davanti a testimoni».

Il commento

Il vicegiudice sportivo (non potendo essere fisicamente presente a tutte le gare) delibera sulla base del referto che gli viene consegnato. «Un referto che non possiamo leggere», premette Rossano Giannerini, che il martelletto l’ha impugnato per circa vent’anni; e aggiunge: «Le sanzioni erogate sono in linea con gli episodi così per come vengono descritti, alla luce della delibera federale di inasprimento varata lo scorso anno proprio per prevenire questo tipo di comportamenti».

In quattro lustri o giù di lì, Giannerini ne ha viste di ogni: «Accade, purtroppo, che sul campo si possa perdere la testa; e ho avuto sotto mano anche episodi più gravi. Ma ci dev’essere un limite». Un limite tracciato prima ancora di mettere piede sul rettangolo verde: «Cominciando dalle scuole calcio bisogna insegnare che il pallone è solo un gioco. Invece (e questo accade sempre prima, fin dai Pulcini) si spinge verso l’obiettivo della vittoria; anche l’insegnamento delle regole, al di là di quelle base note a tutti, è in funzione del risultato». Ultimo ma non ultimo, un inciso sull’arbitro della partita: «Il direttore di gara, nella mentalità comune, è “quello che non sa giocare e quindi fa l’arbitro”. Non è così: per fare il direttore di gara ci vuole carattere. Lui sicuramente sarà stato segnato da questo episodio, ma nella mia carriera ne ho visti pochi che hanno appeso il fischietto al chiodo».


 

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