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Sos stipendi, la provincia di Grosseto maglia nera: la “retribuzione giusta” è lontana

di Matteo Scardigli
Nell’immagine la ciminiera di Venator, simbolo del Casone di Scarlino, principale polo industriale della provincia ed emblema della crisi del territorio (foto d’archivio)
Nell’immagine la ciminiera di Venator, simbolo del Casone di Scarlino, principale polo industriale della provincia ed emblema della crisi del territorio (foto d’archivio)

Tonfo di dieci posizioni nel Geography Index, che conferma il report della Cgia. Territorio in balìa della crisi Venator e ostaggio di contratti a tempo determinato

25 settembre 2024
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GROSSETO. Un tonfo netto di dieci posizioni. L’autunno si apre con una doccia fredda per il territorio della Maremma e dell’Amiata, maglia nera tra le province italiane che scendono maggiormente nella “classifica degli stipendi”.

La conferma arriva dalla decima edizione del Geography Index dell’osservatorio JobPricing, che raccoglie i dati sulle retribuzioni dei lavoratori nel settore privato attraverso il “calcolatore dello stipendio giusto” di Repubblica. Il dato nazionale, relativo al 2023, è di una Rga (la Retribuzione globale annua, comprensiva di parte fissa e variabile) che in media si attesta sui 31.442 euro. A Grosseto sono 16.698.

E trova ulteriore riprova nel recentissimo report diffuso dalla Cgia di Mestre (elaborazioni su dati Inps del 2022) in merito alle retribuzioni medie lorde per provincia di lavoro: Grosseto all’83° posto in Italia su 103 con 16.698 euro annui, da cui si ricava una retribuzione media giornaliera di 76,04 euro; un piazzamento ancora peggiore, l’89° (sempre su 103), determinato dal numero medio di giornate retribuite, appena 219,6 (la media nazionale è di 244,4).

In estrema sintesi: fanalino di coda della Toscana e del Centro Italia tutto.

L’Index approfondisce poi il divario tra colletti bianchi e tute blu: un paragone che trova ben poco margine in un territorio storicamente privo di poli manifatturieri e industriali; eccezion fatta per il Casone di Scarlino, trainato dalle difficoltà dalla locomotiva Venator che hanno iniziato a manifestarsi nel 2021 raggiungendo uno dei punti più bassi proprio nel 2022 (l’annus horribilis di una crisi non ancora finita sarà il 2023), con un effetto domino che ha travolto anche le aziende dell’indotto: centinaia di lavoratori a casa tra cassa integrazione e fallimenti.

Meglio, quindi, affidarsi alle cartine di tornasole offerte dal centro studi della Camera di commercio della Maremma e del Tirreno. Secondo l’ultimo report sul mercato del lavoro pubblicato dalla Ccia guidata da Riccardo Breda, a giugno 2023 (ultimo semestre preso in esame) gli occupati di età compresa fra i 15 e i 64 anni in provincia costituivano il 40,6% dei residenti, valore in posizione intermedia tra quello della Toscana (42,5%) e dell’Italia (38,6%).

Prendendo in considerazione anche gli occupati tra i 64 e gli 89 anni la percentuale passa al 44,3% per Grosseto e Toscana e al 39,8% per l’Italia. Da notare come gli occupati in età pensionabile (65-89 anni) a Grosseto costituiscono ben l’8,4% degli occupati contro il 3,9% della Toscana e il 3,1% della media nazionale. A livello provinciale i residenti disoccupati erano oltre 6.200, ovvero il 2,9% del totale (2,6% Toscana, 3,4% Italia); insieme agli occupati costituiscono la cosiddetta popolazione attiva sul mercato del lavoro, che ammontava pertanto a quasi 100 mila unità e incideva sul complesso dei residenti per il 43,5% (45,2% Toscana, 41,9% Italia).

Unendo i puntini di Geography Index, Cgia e Ccia emerge quindi l’immagine di un territorio sempre più a trazione “anziana”, che offre ben poche opportunità di impiego ben retribuito a fronte di un’ampia offerta di lavoro saltuario (le previsioni trimestrali di settore fanno segnare, senza eccezioni, una nettissima prevalenza di contratti a tempo determinato) che richiede basse qualifiche, e con una percentuale di popolazione attiva ma senza un impiego ben lontana dal Nord delle fabbriche e molto più vicina all’assistenzialismo endemico del Sud. I Neet (i giovani che non lavorano né studiano), in particolar modo, sono il 18,5% (sempre dati Istat 2022).

Lo stesso Progetto Excelsior di Unioncamere, in accordo con il ministero del lavoro, neanche un mese e mezzo fa segnalava che il 36% delle offerte di lavoro si rivolge ad aspiranti senza un titolo di studio specifico.

Le poche realtà imprenditoriali – a qualsiasi livello – in grado di brillare sono vere e proprie mosche bianche. È ancora la Ccia a fotografare, proprio a fine agosto, una demografia di impresa in provincia – si parla del secondo semestre 2024 – ancora caratterizzata da un andamento discendente (la bilancia della natalità e mortalità delle aziende pende in favore della seconda) con pochi scossoni. A tenere a galla i numeri il proliferare di piccole e micro imprese nel settore dell’edilizia nate per cogliere le opportunità del Superbonus; spesso per accaparrarsi commesse mai completate. All’ultimissima rilevazione, il saldo era di uno zero spaccato.


 

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