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Maradona, 40 anni fa in Toscana il debutto col Napoli. Chi lo marcò quel giorno: la battuta, i sorrisi e il regalo inatteso

di Paolo Mastracca

	Diego Armando Maradona sul campo di Castel del Piano
Diego Armando Maradona sul campo di Castel del Piano

Castel del Piano, il 2 agosto 1984 fischio d’inizio della gara d’esordio dell’argentino nel Belpaese. Il racconto di Corrado Corsini, primo in Italia a cercare di fermare D10s

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CASTEL DEL PIANO. Il borgo amiatino celebra, a distanza di quaranta anni, una partita che non ha soltanto scritto la storia calcistica dell’Amiata e della provincia, non ha soltanto rappresentato l’inizio dell’epopea di Diego Armando Maradona nel Napoli che ha fruttato i due indimenticabili scudetti sotto il Vesuvio, ma che è anche e forse soprattutto il simbolo di un mix stupendo di calcio e umanità che oggi non esiste più.

Non a caso Attilio Betti, storico imprenditore e presidente in quel periodo della Neania, parla di «momenti unici e irripetibili». Gli fa eco Corrado Corsini, anche lui famoso imprenditore che ebbe il piacere e l’onore, in quella partita giocata con la fascia di capitano al braccio, di marcare Maradona: «Mi dispiace non che siano passati gli anni ma che quei momenti stupendi e meravigliosi purtroppo non potranno più ripetersi perché il calcio e il mondo sono talmente cambiati che non sembrano trascorsi 40 anni; sembra che stiamo parlando di un secolo fa».

Il coro “Maradona è meglio ’e Pelè” diventato il simbolo dell’epopea Maradoniana era agli albori e riecheggiava già forte e chiaro quel giorno allo stadio di Castel del Piano da parte dei tantissimi tifosi partenopei arrivati appositamente per assistere al debutto del Pibe de Oro con la sua nuova maglia dopo l’esperienza controversa vissuta a Barcellona. Erano le 18 del 2 agosto 1984 e l’aria del tardo pomeriggio era gradevole, la parola afa era sconosciuta e anche questo è un segno dei cambiamenti, in questo caso climatici.

Le squadre si apprestavano a scendere in campo con le divise tradizionali perché allora il marketing non era neanche agli albori. Il Napoli agli ordini dell’allenatore Rino Marchesi sfoggiava la classica divisa celeste con bordi bianchi, la Neania Castel del Piano di mister Raffaele Zambonelli indossava la storica maglia rossa a bordi gialli. I titolari erano schierati con la numerazione classica dall’1 all’11. Maradona aveva il 10, Corsini sfoggiava il 3 e qualcuno scrisse che doveva emulare Gentile, ultimo italiano a marcare Maradona nella storica partita dei Mondiali ‘82 da cui la Nazionale iniziò la cavalcata che avrebbe portato i ragazzi di Bearzot a conquistare il titolo.

Corsini rammenta: «Maradona ancora parlava poco l’Italiano, cercava soprattutto lo sguardo e l’intesa dell’altro argentino del Napoli, Daniel Bertoni. Si vedeva chiaramente che era un fuoriclasse, fece giocate talmente belle che talvolta trovò impreparati anche i suoi compagni di squadra; ma aveva sempre gesti di incoraggiamento per tutti applaudendo e facendo segno di approvazione. Gli dissi che avevamo in comune soltanto una cosa, eravamo coetanei essendo nati entrambi nel 1960, lui comprese e sorrise, nei giorni seguenti mi regalò una maglietta. Se ci ripenso mi vengono i brividi perché ebbi la fortuna di trovarmi nel posto giusto al momento giusto, giocai questa partita storica con la maglia della squadra del mio paese, una partita irripetibile anche perché in futuro Maradona si sarebbe sempre aggregato alla squadra dopo il ritiro».

Nella Neania giocavano anche gli orbetellani Tagli, Carotti, Presicci e Manfredi. In squadra anche Luca Dionisi (padre di Alessio, ex allenatore del Sassuolo, che all’epoca assistette alla partita quando aveva appena quattro anni) a cui Maradona regalò gli scarpini. Attilio Betti non usa mezze parole: «Eravamo il centro del mondo, potrei raccontare storie e aneddoti per ore e ore. Nel 1982 venne in ritiro a Castel del Piano l’Inter con tanti giocatori che un mese prima avevano vinto il Mondiale con la Nazionale, vennero la Fiorentina di Eriksson, il Genoa di Tacconi e Caricola, la Lazio di cui era presidente Giorgio Chinaglia con il medico sociale dottor Ziaco che operò il nostro giocatore Manfredi che aveva subito un intervento gravissimo, gli fece fare la riabilitazione come se fosse un giocatore della Lazio. Altri tempi, altri uomini».

In perfetta sintonia ancora Corsini: «Nelle due settimane di ritiro avevamo l’opportunità di vivere con i giocatori e di conseguenza poterne apprezzare la qualità umane. Ricordo il compianto Borgonovo e capisco benissimo perché tutti gli vogliono bene, ho frequentato Krol, persona squisita, arrivato a Napoli prima di Maradona. Mi vengono i brividi a ricordare quel periodo memorabile».

Betti svela anche un retroscena: «Tra gli artefici di quegli straordinari anni mi piace ricordare il sindaco Francesco Elia Forti che si adoperava incessantemente e costantemente per portare questi prestigiosi club a Castel del Piano. In quei giorni si dimise dalla carica di sindaco per contrasti collegati alla situazione sanitaria dell’ospedale, e la seconda amichevole del Napoli fissata contro il Grosseto venne giocata nel capoluogo maremmano anziché a Castel del Piano come invece era stato deciso in un primo momento. Era la partita passata alla storia per il famoso tunnel che il portiere del Grosseto Gino Ferioli fece a Maradona».

Ai Mondiali del 1986 Maradona avrebbe alzato “la mano de Dios”. A Castel del Piano lasciò in custodia “il tocco de Dios”, e a distanza di 40 anni esatti il suo passaggio nella terra amiatina è ancora palpabile, fresco e indelebile.

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