Grosseto, morì in ospedale a 65 anni: archiviazione per i dieci sanitari
Secondo la consulenza tecnica: «la loro condotta fu corretta e commisurata»
GROSSETO. Il gip Marco Mezzaluna ha archiviato, su richiesta del pm Giovanni De Marco, la posizione dei dieci sanitari dell’ospedale di Grosseto inizialmente finiti sotto indagine, per l’ipotesi di omicidio colposo, in relazione al decesso di un paziente, Roberto Santoni, 65 anni, meccanico e poi autista.
«Gli elementi acquisiti nel corso delle indagini non risultano idonei e sufficienti a configurare la fattispecie di reato ipotizzata, e in particolare l’esistenza di un profilo di responsabilità medica degli indagati che hanno avuto in cura la persona deceduta». Santoni era stato ricoverato il 28 febbraio 2019, era deceduto il 2 marzo successivo. I familiari – il figlio Livio e la compagna Lia – si erano rivolti alla Procura che aveva iscritto nel registro degli indagati Alessandra Bianciardi, Angela Parbuono, Rebecca Lanfranchi, Francesca Scotto, Giovanna Morelli, Alessia Geyer, Barbara Ricciardi, Bruno Sposato, Samantha Esposito, Konstantinos Ntaflos, per consentire loro di esercitare le prerogative difensive, nominando dei propri esperti. La Procura aveva affidato la consulenza tecnica al professor Mario Gabbrielli (anatomopatologo) e alla professoressa Maria Serena Verzuri (specialista in patologie cardiovascolari e medicina interna). «Ebbene – osserva il pm – gli esiti della consulenza hanno fornito un quadro scevro da dubbi che possano lambire, anche velatamente, l’alveo del penalmente rilevante».
Perché, si legge nella consulenza, «il comportamento dei medici del pronto soccorso fu corretto e commisurato al caso in esame; in un soggetto affetto dal riacutizzarsi di patologie note fu effettuato un corretto inquadramento diagnostico non necessitante di terapie straordinarie (ad esempio trasfusione) e fu disposto il ricovero in un reparto specialistico». E anche in questo reparto, quello di nefrologia, «il comportamento dei sanitari fu corretto rispetto allo stadio terminale»; in quel reparto «fu approntata un’idonea terapia di supporto alle funzioni vitali che non poteva certo risolvere il quadro patologico di base; in questo contesto la mancata somministrazione della terapia la mattina del 2 marzo (peraltro determinata da difficoltà oggettive) non influì sul decorso mortale».