«Schettino doveva sostituire il timoniere che non capiva gli ordini»
Processo Concordia, parlano gli esperti della Procura
"Sarebbe stata buona norma sostituire il timoniere, che non rispondeva correttamente agli ordini del comandante e che già al primo errore aveva dimostrato una scarsa comprensione della lingua inglese". Parole di Domenico Picone, ammiraglio in pensione, consulente della Procura, richiesto dal sostituto procuratore Alessandro Leopizzi (nella foto Bf) di dare una valutazione sulla navigazione seguita dalla Concordia la sera del 13 gennaio 2012 e sul comportamento del timoniere indonesiano Jacob Rusli Bin. "Non dico Ursino, che poi avrebbe dovuto sostituire Ambrosio - ha aggiunto il consulente - ma certamente Coronica o il terzo ufficiale potevano essere messi al timone. Lo avrebbe dovuto fare il comandante, che lo aveva proposto come timoniere".
Lo scoglio come un apriscatole. E' calcolabile scientificamente uno sviluppo causale diverso dell'urto contro lo scoglio? chiede il pm: "Nessuno può dire come sarebbe stato l'urto se non ci fossero stati gli errori - risponde il professor Antonio Scamardella, altro consulente della Procura - Troppe le variabili. L'urto sarebbe comunque avvenuto. Ma se lo scoglio fosse rimasto ancorato al fondale, invece che staccarsi e infilarsi nella nave, magari lo squarcio sarebbe arrivato fino alla poppa della nave. Avrebbe fatto da apriscatole".
"La Concordia riportata dal Padreterno". "Nessuno a bordo può essere intervenuto dopo l'urto per fare manovre. Nessuno poteva sapere quale sviluppo avrebbe avuto la rotta. Non ci sono ordini di Schettino atti a far tornare indietro la Concordia. Si può dire che è stato davvero il Padreterno a portare indietro la nave alla Gabbianara. Le ancore? Volevano fermare la nave ed evitare lo scarroccio verso la costa della Toscana". E' il giudizio senza appello dell'ammiraglio Picone sulla rotta seguita dalla nave dopo l'impatto.
L'audio dell'urto. Il professor Scamardella ha fatto proiettare in aula un filmato in cui all'audio del Vdr ha abbinato la rotta tracciata sulla carta nautica a disposizione della plancia della Concordia. Un paio di minuti di registrazione nei quali si percepiscono i comandi di Schettino e il rumore dell'urto contro lo scoglio alle Scole, con gli allarmi che partono ad alto volume. Registrazioni già sentite nel corso del processo, registrazioni che comunque aggiungono drammaticità all'evento. A proposito della cartografia, l'ammiraglio Picone ha aggiunto che la Concordia aveva come obbligo la dotazione cartacea. "Quella carta era idonea per la navigazione normale, era appena sufficiente per un passaggio a mezzo miglio dal Giglio, non lo era affatto per navigazioni più prossime".
"Mai sentita la parola inchino". «In quaranta anni di servizio nelle capitanerie non ho mai sentito l’espressione “inchino”, non era qualcosa di risaputo, di formalizzato. Si è sempre parlato di avvicinamento per motivi turistici. Ma al Giglio, di notte, d’inverno, all’ora di cena, non si poteva parlare di qualcosa fatto per i passeggeri» dice ancora Picone al processo nei confronti di Francesco Schettino. L’ufficiale, ha parlato di cartografia, ecoscandaglio e sistemi Ais: «Le capitanerie non hanno alcun obbligo di sorveglianza. L’Ais serve solo per controlli di polizia marittima e di ricerca-soccorso». Possono esservi estranei sul ponte di comando? «Assolutamente no, durante la navigazione. E meno che mai devono telefonare, lo dice anche Costa. Le uniche comunicazioni consentite sono quelle inerenti motivi di sicurezza».
"Pericoli con quella velocità". C'erano pericoli a passare a quasi 16 nodi, di notte, a quella distanza dal Giglio? "Assolutamente sì - risponde Picone - Quella era anche una zona poco conosciuta. Potevano esserci barche di pescatori vicino al porto. E anche il solo spostamento della massa d'acqua avrebbe potuto far capovolgere eventuali imbarcazioni. E poi può sempre capitare un'avaria al timone o un inconveniente del genere".
"Morti anche se il generatore funzionava". La perizia supplementare sugli apparati della Costa Concordia "dice che il generatore d'emergenza non funzionò, ma nessuno dei periti, né dei nostri consulenti sa dire perché. Tuttavia, se anche il generatore d'emergenza avesse funzionato, non sarebbe cambiato niente, cioè non abbiamo prova che qualcuna delle 32 vittime sia morta per il mancato funzionamento del generatore d'emergenza: di ciascun decesso sappiamo come avvenne, e nessuno è da attribuire al mancato funzionamento del generatore". Così il procuratore di Grosseto, Francesco Verusio, commenta l'andamento, finora, delle udienze 'tecniche' fissate questa settimana per il processo sul naufragio di Costa Concordia. "Anche sui timoni il generatore non influì, perchè la nave era alla deriva e non c'era propulsione, senza propulsione i timoni non sono utilizzabili", ha detto Verusio, contestando indirettamente un punto di difesa di Schettino, e cioè di aver potuto manovrare la nave dopo l'urto.