Il Tirreno

Firenze

Addio possesso palla e ritmi slow. La svolta tattica fa volare la Viola

di Francesco Gensini
Addio possesso palla e ritmi slow. La svolta tattica fa volare la Viola

Uomini e mosse che hanno invertito la rotta della Fiorentina in un mese da urlo. Cinque vittorie e tante sorprese: dalle punte a Dodo, da Barak e Mandragora

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FIRENZE. Un mese quasi perfetto che per diventare perfetto ha bisogno solo di un ultimo, importantissimo passaggio: la qualificazione ai quarti di finale di Conference League. La Fiorentina vola domani ai 1. 300 metri di Sivas, Anatolia della Turchia centro-orientale, con la convinzione e la forza di aver costruito qualcosa d’importante dal 16 febbraio ad oggi, sia in Italia che Europa, grazie alla evidente metamorfosi tecnico-tattica che ha trasformato la squadra viola,

Incerta e in crisi di risultati nelle prime settimane del 2023, sicura e rullo compressore dal momento in cui c’è stato il clic che ha sconvolto tutto. In positivo. Tanti i motivi, tanti i fattori, tante le componenti del meccanismo che ha prodotto la Fiorentina bella e vincente: giovedì è il 16 marzo e se Amrabat e compagni torneranno a Firenze con i quarti in tasca avranno messo insieme il mese perfetto. Che conviene ripercorrere per intero perché dà l’esatta dimensione del nuovo corso.

In origine c’erano state le due sconfitte consecutive contro Bologna e Juventus che andavano ad aggiungersi a quelle rimediate in precedenza contro Roma e Torino, e insomma in un mese (sempre minimo comune denominatore) da metà gennaio a metà febbraio la formazione di Italiano era riuscita a conquistare appena un punto in cinque partite (1-1 all’Olimpico con la Lazio). Parziale e fondamentale inversione di tendenza. Il 2-1 proprio ai granata di Juric per ottenere l’accesso alle semifinali di Coppa Italia, ma in campionato cose e classifica stavano “precipitando”. Non lo spirito giusto per avvicinarsi alla trasferta di Braga, andata degli ottavi di Conference, in casa di un avversario dato in grande spolvero e in grande condizione: 4-0 per la Fiorentina con una doppietta a testa di Jovic e Cabral. Clic.

Sì, è vero, la domenica dopo c’è stato il pari al “Franchi” con l’Empoli – ci può stare in una partita comunque sui generis qual è il derby – ma il prosieguo del cammino viola ha dato ulteriore valore anche a quell’1-1: sono arrivate ben cinque vittorie di fila, due in Europa per archiviare prima la pratica Braga e poi per mettersi in posizione di favore nei confronti del Sivasspor verso l’imminente gara di ritorno, e tre (Verona, Milan e Cremonese) per risalire la classifica di Serie A fino ad una posizione che è ancora nella parte sinistra, però con un’interessante visuale sul settimo posto distante adesso solo quattro lunghezze. Convenite: un mese fa nessuno se lo sarebbe potuto immaginare uno scenario del genere e il merito è del tecnico siciliano e dei suoi giocatori che l’hanno reso possibile.

Come ogni rincorsa che si conviene c’è un punto d’arrivo che ancora ovviamente non c’è, ma senza questo mese (quasi) perfetto sarebbe tutta un’altra storia. Cos’è che ha fatto cambiare radicalmente il rendimento? Che cosa è intervenuto per ribaltare prospettive e giudizi? Quali sono le certezze che la Fiorentina si deve portare dietro per continuare ad essere protagonista su tre fronti come in Italia solo Inter e Juventus sono in grado di fare? Un po’ di tutto e di tutto un po’.

Italiano ha trovato il giusto equilibrio tra i due moduli tattici che preferisce, prima tornando all’amato 4-3-3, ma poi utilizzando di nuovo il 4-2-3-1 per adattarlo alle caratteristiche dell’avversario: e così, ad esempio, è arrivata la vittoria di Verona, forse quella più preziosa per chiudere definitivamente ogni preoccupazione di classifica indotta dalla serie negativa. Altro valore trasmesso da Italiano: i capisaldi del gioco rimangono quelli, ma li ha scardinati a seconda delle esigenze per passare dal possesso palla quasi ossessivo e spesso sterile al possesso palla quanto serve, per aumentare il ritmo della manovra in fase di costruzione, per verticalizzare l’azione con più frequenza, per un “disordine” tattico che esaltasse le qualità del singolo in fase offensiva.

La squadra ha recepito il messaggio, ci ha lavorato sopra e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. I singoli, si diceva: Terracciano con i piedi fa un po’ penare, ma tra i pali è una garanzia, e a Sirigu a Cremona è bastato un solo intervento in novanta minuti (per questo ancora più complicato a livello mentale) per far capire perché è campione d’Europa e ha giocato nel Paris Saint Germain.

Dodô sembra il fratello bravo di quello che era arrivato dallo Shakhtar Donetsk con otto, pesanti mesi di inattività e, per rimanere in difesa, Quarta-Igor hanno tirato su un muro davanti alla porta (quattro volte su sette nel mese quasi perfetto la Fiorentina ha chiuso le partite senza subire gol). Ancora: Amrabat sta tornando Amrabat, Mandragora è l’equilibratore del centrocampo che ogni allenatore vorrebbe avere, Bonaventura e Barak sono i due incursori che garantiscono qualità e gol, gli attaccanti si sono messi a fare gli attaccanti con una media realizzativa di assoluto rispetto. Così la squadra viola si è lasciata i problemi alle spalle per costruirsi un presente non più pieno di incognite, ma di sicurezze.


 

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