Firenze, incendio nella sezione psichiatrica di Sollicciano: detenuti ustionati. L’allarme dei volontari
Un rogo scoppiato dieci giorni fa nell’area dedicata alla tutela della salute mentale del carcere fiorentino ha provocato ustioni e traumi tra alcuni detenuti fragili. L’associazione Pantagruel denuncia la gravità dell’episodio
FIRENZE. A Sollicciano il fumo si è già diradato, ma resta l’odore acre di una vicenda che non può finire in fondo a un registro. Nell’Atsm, la sezione dedicata alla tutela della salute mentale, dieci giorni fa è divampato un incendio. Un episodio breve, violento, che ha lasciato il segno: capelli bruciati, ustioni leggere, lo sguardo ancora impaurito di chi c’era dentro. A darne notizia ora sono i volontari di Pantagruel, che da anni frequentano il carcere fiorentino e ne conoscono pregi e falle.
I volontari
«È un fatto gravissimo, che è avvenuto una decina di giorni fa ma non può essere archiviato come un semplice caso, anche perché di roghi ne sono avvenuti altri negli ultimi mesi», dice il vicepresidente Stefano Cecconi, e basta ascoltarlo per capire che non si tratta della cronaca di un incidente domestico. Qui parliamo di un reparto che dovrebbe essere rifugio, non innesco. Le persone ricoverate nell’Atsm sono fragili, portatrici di diagnosi che in altri contesti richiederebbero un percorso clinico, non celle blindate. «Ci sarebbe già da chiedersi perché siano lì dentro invece che in un luogo di cura adeguato», insiste Cecconi. Domanda semplice, risposta che nessuno sembra voler dare.
«Come è possibile?»
E poi c’è l’altra questione, ancora più bruciante: come è possibile che un’area pensata per proteggere si trasformi nel teatro di un rogo? Se prende fuoco una sezione per detenuti psichiatrici, il sistema non sta funzionando. Pantagruel chiede risposte, non promesse: Regione, Asl, amministrazione penitenziaria. Tutti chiamati a intervenire, senza la solita liturgia dei rinvii. «La tutela della salute mentale deve fermarsi davanti alle mura del carcere? Ma oltre a questa riflessione generale – aggiunge Cecconi – non possiamo che un reparto destinato alla cura si trasformi in un contesto dove accadono episodi pericolosi. Se una sezione per detenuti con disturbi psichiatrici prende fuoco, significa che il sistema non sta funzionando».
Perché la salute mentale in carcere non è un capitolo marginale. È una crepa che, se ignorata, rischia di aprire voragini. E l’incendio di dieci giorni fa ne è l’ennesimo segnale. «Occorrono risposte immediate, non solo parole – conclude Cecconi – La Regione, l'Asl e l'amministrazione penitenziaria devono affrontare questa situazione senza rinvii. La salute mentale in carcere non può continuare a essere un capitolo marginale».
