Il Tirreno

Firenze

Il lutto in ateneo

Firenze perde un maestro: Leonardo Morlino, ex preside della “Cesare Alfieri” e allievo di Giovanni Sartori

di Mario Neri
Firenze perde un maestro: Leonardo Morlino, ex preside della “Cesare Alfieri” e allievo di Giovanni Sartori

E’ morto il professore che portò la politologia ad indagare fra le pieghe del potere: la democrazia, sosteneva, deve essere ancorata a cittadini partecipi e media liberi

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FIRENZE È scomparso Leonardo Morlino, 78 anni, figura centrale della politologia italiana, maestro per generazioni di studiosi. Il suo nome è indissolubilmente legato a Firenze, dove mosse i primi passi alla celebre Scuola di Scienze Politiche “Cesare Alfieri”, culla della politologia italiana, istituita nel 1875 e di cui Morlino è stato preside dal 1992 al 1995. Qui, Morlino ebbe come guida il grandissimo Giovanni Sartori, professore e poi preside dell’Istituto, fiorentino doc che trasformò un campus universitario in un laboratorio della democrazia e che considerava Morlino tra i più degni continuatori di quel progetto.

All’Università di Firenze, tra le note di cordoglio, si legge che Morlino era “mente rigorosa, maestro di generazioni, capace di collegare l’analisi comparata al profondo impegno civile”. L’ateneo parla di “grave perdita per la comunità fiorentina” e ricorda la sua capacità di “tenersi sempre aperto al confronto, con garbo e lucidità”, incurante del valore del nome che portava, e grande solo per la sostanza. Dal Comune di Firenze arriva un messaggio di “profondo dolore”: si propone di intitolargli un’aula della Cesare Alfieri, in omaggio a chi ha saputo portare nel mondo l’autorità scientifica e morale della città. Morlino, nato a Montemurro (Potenza), avrebbe compiuto 78 anni il 28 giugno. A Firenze era stato anche prorettore alla ricerca e vicario di Ateneo (dal 2003 al 2006) ed era professore emerito di scienze politiche alla Luiss di cui era stato prorettore.

L’eredità politica: da Sartori a "Changes for Democracy"

Fu proprio sotto la guida di Giovanni Sartori che Morlino imparò che la politologia non è scienza astratta, ma indagine dentro le pieghe del potere. In Democrazie e democratizzazioni (2003) e soprattutto in Changes for Democracy: Actors, Structures, Processes (Oxford, 2011), Morlino costruisce quel legame tra Firenze e la democratizzazione globale, elaborando il concetto di “sottoprocessi ricorrenti e misurabili” che non cercano soluzioni magiche, ma approcci sistematici .

Nel 1998 introduce con autorevolezza la “teoria dell’ancoraggio” in Democracy Between Consolidation and Crisis: secondo Morlino, per consolidare una democrazia servono istituzioni salde – un sistema partitico efficace, media liberi, cittadini partecipi – proprio come insegnava la scuola fiorentina dove si formò Sartori. E ancora, insieme a Larry Diamond, traccia con The Quality of Democracy (2004) un modello articolato su libertà, regole, responsabilità e rappresentanza – un decalogo che, nato a Firenze, ha percorso il mondo.

Una testimonianza di concretezza

Guardava la politica con la lente del cronista, pur conoscendone i codici scientifici. Il suo rigore era documentaristico, ma sempre dentro le implicazioni della vita reale. Visiting professor a Stanford, Sciences Po, Yale e Oxford, il suo approccio internazionale non ha scalfito l’attenzione ai comportamenti dei cittadini italiani, alle loro fratture.

Cordoglio e riconoscimenti

Firenze aveva già celebrato Sartori con un Fiorino d’oro alla memoria a Palazzo Vecchio, ora si raccoglie in un secondo abbraccio per Morlino. L’Università parla di “insegnamento generoso e rigore metodologico”; il Comune, di “liberal convinto e studioso che ha fatto della qualità della democrazia un valore civile”. Si fa strada l’idea – avanzata dagli stessi studenti – di creare un archivio digitale o un “laboratorio di democrazia” all’interno della Cesare Alfieri, per tramandare quel patrimonio alle prossime generazioni.

A lezione di democrazia: parole e sguardo

Chi ha ascoltato Morlino in aula ricorda il suo mantra: «Una buona democrazia deve rispondere ai cittadini». Parole che suonano semplici, ma dietro c’era la forza di quaranta anni di raccolta dati, saggi, studi comparati, una vita spesa a guardare il declino della fiducia nelle istituzioni e a cercare antidoti scientifici. Nei suoi ultimi lavori – tra cui La qualità della democrazia in Italia, 1992‑2012 – ha analizzato la crescente sfiducia del cittadino verso la politica istituzionale, tracciando vie concrete di contrasto attraverso riforme misurate e la rinascita del dialogo pubblico.

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