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La polemica

Il caso Carrai scuote la Toscana: tra Gaza, il Meyer e la politica, una regione divisa sul console d’Israele

di Elena Andreini e Mario Neri
Il caso Carrai scuote la Toscana: tra Gaza, il Meyer e la politica, una regione divisa sul console d’Israele

Divampa la polemica per il ruolo del manager e console di Israele come presidente della fondazione dell’ospedale pediatrico che cura anche bimbi di Gaza. Una sinistra in piazza ne chiede la destituzione dal Meyer, quella per Israele lo difende

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FIRENZE Il telo bianco della Tenda per la Palestina si gonfia lento sotto il vento caldo del Duomo. Dal pomeriggio, fino a sera, lì dentro si alternano voci, assemblee, proiezioni. Ma ieri - giorno di apertura della tendopoli pacifista voluta da una ventina di associazioni - il bersaglio non era a Gaza, bensì in viale Pieraccini: Marco Carrai, presidente della Fondazione Meyer e console onorario d’Israele. Un nome che in pochi giorni è diventato terreno di scontro politico, culturale, persino etico. L’accusa: incompatibilità tra il ruolo di rappresentanza diplomatica per lo Stato ebraico e quello di guida di un simbolo della sanità pediatrica toscana. Il fronte pro-Palestina chiede le dimissioni, e chiama in causa anche la Regione.

La sinistra Pro-Pal

«Perché – spiega Dimitrij Palagi, consigliere della gauche cittadina – la nomina ha una filiera politica: il direttore generale del Meyer lo sceglie il presidente della Regione d’intesa con la rettrice, e nel cda siede un rappresentante del Comune di Firenze. La politica, se vuole, può intervenire». Un appello condiviso dal sindaco di Sesto Fiorentino, Lorenzo Falchi: «Non è questione personale. È la politica a dover rispondere. Mettano in atto tutti gli strumenti formali e informali per sostituire Carrai. Altrimenti è un’offesa ai toscani». Più duro ancora nel giudizio sul conflitto in corso: «La crisi umanitaria a Gaza è una sostituzione etnica pianificata da Netanyahu. A dirlo sono l’Onu, la Corte penale internazionale. Non può esserci neutralità».

Mozioni spuntate

Intanto il Consiglio regionale approvava una mozione del Pd che chiede lo stop a ogni collaborazione istituzionale con il governo israeliano. Ventiquattro i voti favorevoli, sette i contrari. «Una decisione dal valore simbolico – precisa il presidente Eugenio Giani – ma che sarà seguita da una delibera per il riconoscimento dello Stato di Palestina». Una mozione «non contro Israele, ma contro il suo governo e le sue azioni criminali», spiega il capogruppo dem Vincenzo Ceccarelli. Ma sulla vicenda Carrai si è aperto anche un fronte opposto. Una lettera di solidarietà circola da due giorni – con oltre cento firme tra giornalisti, intellettuali, ex parlamentari – e difende il manager fiorentino e ne respinge le dimissioni. Per loro, è il clima attorno al dibattito a risultare «surreale».

La sinistra per Israele

Dalla parte di Carrai pure la sezione fiorentina di Sinistra per Israele - Due popoli due Stati: «Chi chiede le dimissioni si muove con un’antipatia ideologica verso Israele. Si rischia di appiattire tutto, ignorando i costruttori di pace di entrambi i popoli». Il riferimento è al voto regionale che ha bocciato una mozione del M5s che proponeva un boicottaggio: niente rapporti istituzionali, né accademici, né economici. «La Regione non può fare politica estera – dice il leghista Giovanni Galli – ma può sostenere gli sforzi diplomatici per la pace». Per la Lega, l’assenza di un atto unitario è «un’occasione mancata».

Intanto Marco Carrai non parla. Non ha risposto direttamente agli attacchi né ha replicato agli appelli pubblici. Ma è innegabile che il suo doppio ruolo -- presidente del Meyer e console d’Israele -- sia diventato, nel pieno del massacro di Gaza, un nodo politico difficile da sciogliere. Un nodo che la Toscana, tra mozioni votate, tende montate e lettere firmate, ha già trasformato in una prova di coscienza collettiva.

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