L’inchiesta
A Firenze il militante-quercia della sinistra, Bruno e la sua ottantesima tessera: «Dal Pci al Pd mai abbandonata la militanza, anche se le delusioni...»
Giaconi, 96 anni, vive a Tavarnuzze e pochi giorni fa ha preso l’ultimo "cartoncino" di partito: «Tutta la mia famiglia era di sinistra, mio padre perseguitato, mio fratello partigiano. Un tempo i politici sapevano ciò ce volevano, ora c’è confusione ma io nutro la speranza»
IMPRUNETA. Bruno Giaconi è una quercia "rossa". Aveva 16 anni nel 1945 quando si iscrisse per la prima volta alla Federazione Giovanile Comunista a Tavarnuzze. Da allora la sua militanza politica - prima nel Pci, poi Pds, Ds e oggi Pd - non è mai stata messa in discussione. L’ultima tessera, celebrata anche su Facebook dai dem dell’Impruneta, gli è stata consegnata pochi giorni fa e gli ha permesso di arrivare a quota 80. Gran parte di questi "cartoncini", narratori di una storia privata sempre a sinistra piena di ricordi ed emozioni, sono ancora presenti nella sua casa: li ha stesi qui, sul tavolino a cui si è seduto per le foto e sembrano un mosaico perfetto per spiegare quest’uomo che della attività politica ha forgiato se stesso per quasi un secolo, documentano con la storia personale anche quella della comunità e scandiscono attraverso i caratteri di stampa e la consistenza del materiale l’età dell’oro del Pci, la sua fine, i passaggi epocali, le spaccature, le disillusioni e le rinascite della sinistra.
Bruno Giaconi ha la capacità di raccontare quel mondo che molti non hanno conosciuto e tanti non ricordano, le sue parole sono dirette e piene di commozione, divertimento, suggestioni nel descrivere i ricordi e accende come un occhio di bue sul palcoscenico, le atmosfere della metà del secolo scorso. «Sono trascorsi 80 anni dalla data della mia prima tessera della Fgci - racconta Giaconi, 96 anni compiuti il 25 febbraio - di tempo ne è passato e anche per me c’è stata una crescita. Nel 1947 diventai segretario della prima sezione e nel 1950 andai al congresso della Federazione Giovanile a Sesto Fiorentino. La mia attività cresceva e poi nel 1951 al congresso nazionale della gioventù lavoratrice ebbi una grande emozione perché incontrai Giuseppe Di Vittorio».
Un incontro fugace, ma ancora intenso. Bruno ogni tanto guarda le tessere sul tavolo, conservate nei fogli di plastica, i cui segni grafici, le scritte e i colori come il rosso acceso, il disegno denso e mai sfumato, il carattere tipografico deciso, ripercorrono i cambiamenti non solo politici ma anche sociali ed emozionali. In un album conserva i piccoli grandi momenti iconici: l’inaugurazione della Casa del popolo con Nardi, Pampaloni e Terracini nel 1963, la visita alla Coop, i comizi, le cene alle feste dell’Unità, una di quando nel 2004 ospitò Michele Ventura, un’altra con l’allora governatore Claudio Martini, una col ministro Visco.
Bruno continua ancora oggi ad essere attivo nella Casa del popolo di Tavarnuzze rivestendo il ruolo di cassiere dopo essere stato per 16 anni presidente. Nel corso degli anni ha scritto libri sulla storia locale, raccolto foto di incontri tanto da avere oggi una nutrita documentazione della storia politica della sinistra. «La mia famiglia era di sinistra, mio padre era stato perseguitato e mio fratello partigiano, quindi ero già nell’ambiente - racconta -, quando c’è stata la Liberazione abbiamo ripreso la Casa del popolo costruita nel 1910 dai cavatori di Tavarnuzze e sequestrata dai fascisti per lungo tempo. Alla Liberazione la riprendemmo e cominciai a fare attività politica all’interno della struttura, mi occupavo anche di affiggere i manifesti». Ma a far incontrare il giovane Bruno con la politica, è stato Gino.
«Dopo 20 anni di esilio in Francia tornò da Parigi un esule di Tavarnuzze, Gino Boscherini. Mi prese sotto la sua ala protettrice dandomi consigli e facendomi un po’ di scuola di partito, e questo è stato il mio inizio nella militanza politica». Gino e il giovane Bruno si ritrovavano a parlare alla Casa del popolo. «Gino mi raccontava la sua vita da giovane comunista e di quando il Pci nacque nel 1921 a Livorno al Teatro Goldoni. Mi raccontava tutta la storia e ne rimanevo affascinato e interessato, seguendo lui ho ripercorso la sua vita, ma anche quella delle persone che avevano fondato il partito. Ho sentito fin da subito la necessità di occuparmi della comunità e ho proseguito con le attività all’interno della Casa del popolo». Da allora Giaconi percorre tutti i cambiamenti avvenuti a sinistra: dal Pci, al Pds, ai Ds fino al Pd. La sua fedeltà è rimasta immutata a volte incrinata da qualche delusione e da qualche critica.
«Erano anni lontani - racconta - quando i politici sapevano quello che volevano e si rispettavano, combattevano nella maniera giusta. Ora le cose sono cambiate, c’è un po’ più di confusione e molte persone non vogliono andare a votare: questo per me è fonte di delusione, ma ho sempre la speranza di ripartire, se non per me per coloro che verranno dopo». Sfogliando gli album fotografici, dagli scatti in bianco e nero a quelli a colori, si rianimano atmosfere passate dal comizio tenuto da Giaconi nel 1951 alla festa della gioventù a Gambassi Terme, all’inaugurazione della Casa del popolo il 21 luglio 1963 con Umberto Terracini. Sono foto che virano al seppia con la cornice dentellata. A sostenerlo in tutti questi anni la moglie Gigliola, sposata nel il 24 aprile 1954. Da allora sono stati sempre insieme e per suggellare il loro amore lo scorso anno in occasione dei festeggiamenti per le Nozze di Titanio, 70 anni insieme, è stata inaugurata nei giardini pubblici della frazione una panchina con tanto di targa-ricordo. La politica è sempre stato il filo che ha segnato la vita di Giaconi, artigiano, ma non è stata la sola passione, tra le altre c’è anche lo spettacolo.
«Eravamo un gruppo, si saliva sul palcoscenico e si faceva varietà. Ho anche scritto 7 commedie». Tra gli incontri che Giaconi ricorda con piacere anche quello con Maurizio Costanzo. «Fui chiamato al Costanzo Show - racconta - perché erano state eliminate le barriere architettoniche alla Casa del Popolo e questo era argomento della trasmissione. E poi ero seduto accanto a Leo Gullotta».A 96 anni, pochi giorni fa, l’ultima tessera. Certo, di partito, ma anche di una comunità, perché è questo il filo rosso della sua militanza. «L’ho visto cambiare tanto, ma per me è sempre stato il partito». Nell’era del consenso liquido e volatile, Bruno è un militante di titanio, una quercia, la cui passione è sopravvissuta alle mutazioni (e alle delusioni) della storia politica, per lui sempre e comunque la stessa, nonostante le virate e le cadute, perché espressione di una «comunità». Come l’amore per Gigliola, un fuoco inestinguibile.