Distretto moda, Montblanc si difende dalle accuse di sfruttamento del lavoro: «C’è un codice, facciamo controlli»
L’azienda respinge le accuse lanciate dal sindacato Sudd Cobas dopo un documentario di Al Jazeera
FIRENZE. Il distretto moda della piana è alle prese con una crisi economica importante e, nello stesso tempo, con le proteste dei lavoratori, in gran parte pakistani, alle dipendenze di aziende gestite da cinesi. E a queste chiedono con forza condizioni di lavoro più dignitose e di minor sfruttamento. In questo contesto vengono coinvolti anche marchi del lusso accusati, in particolare dal sindacato Sudd Cobas, di utilizzare appalti e subappalti con queste imprese orientali che pagano poco e utilizzano contratti non chiari. Quindi in sostanza anche le griffe sarebbero parte dell’ingranaggio dello sfruttamento.
Il documentario di Al Jazeera
In un documentario di Al Jazeera è stata accusata Montblanc (nota per la produzione di penne, orologi, gioielli e pelletteria di lusso) che ora decide di rispondere punto su punto alle accuse attraverso il responsabile della sede fiorentina, Domenico Oliveri. Che in sostanza lancia questo messaggio: «Si evidenzia, con il video diffuso, solo la distorsione del meccanismo e non c’è una visione globale di quelli che sono i fornitori e i loro rapporti con noi».
La versione di Montblanc
E fornisce modalità di lavoro e dati dell’azienda tedesca: «Abbiamo 60 fornitori esterni nell’area fiorentina e abbiamo un tessuto di imprenditori sani con cui ci rapportiamo – spiega Oliveri – nello stesso tempo non siamo ingenui da non pensare che ci sia qualcuno che violi le regole. Per questo Montblanc si è dotata di un codice di condotta per i fornitori che vengono sottoposti a controlli continui. Quest’anno sono stati 250, la metà a sorpresa. E con una media di due volte all’anno per ditta. E sono questi in particolare che ci permettono di scoprire se ci sono problemi. In relazione alle criticità emerse abbiamo chiuso i rapporti con 6 fornitori, 5 nell’area fiorentina». Nei contratti Montblanc prevede due livelli di fornitura, capogruppo e livello 2 ed entrambi sono sottoposti a ispezioni. Spiega nel dettaglio: «Il processo è continuo e agli imprenditori sani non dispiace avere i nostri audit. I primi aspetti che guardiamo sono la qualità, l’affidabilità e il rispetto delle regole. Anche perché spostare la produzione da un fornitore a un altro per la nostra azienda è un costo».
Il caso mediatico e la risposta dell’azienda
Nel caso evidenziato da Al Jazeera c’era un’azienda italiana (capogruppo) che aveva appaltato il lavoro una seconda. Con entrambe Montblanc ha cessato i rapporti. «Contesti questi che rappresenta una minoranza – sottolinea ancora Oliveri – come l’azienda Zeta Production che ha iniziato a lavorare con noi nel 2019. A seguito di un ispezione abbiamo deciso di interrompere i rapporti con questo fornitore a febbraio 2023 e sono stati dati 10 mesi di preavviso per non provocare impatti sugli addetti. Abbiamo incontrato anche i sindacati ma alla fine non siamo stati noi a licenziare i lavoratori». E conclude: «Noi non facciamo produzione e non possiamo costringere i fornitori virtuosi ad assumere le maestranze che rimangono senza lavoro per via delle inadempienze da parte una minoranza di aziende che agiscono scorrettamente».