Il Tirreno

Firenze

Trova lavoro e perde l’accoglienza. Ma il Tar dà ragione al migrante

di Matteo Leoni
La sede del Tar della Toscana
La sede del Tar della Toscana

Annullata la revoca della prefettura di Firenze: «Reddito non continuativo»

10 giugno 2024
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FIRENZE. Ha trovato lavoro per alcuni mesi, e per questo si è visto revocare le misure di accoglienza dalla prefettura di Firenze – con tanto di conto di quasi 7mila euro da pagare per i costi sostenuti dallo Stato –, nonostante al momento dell’emissione del provvedimento fosse nuovamente senza un’occupazione. Ma l’uomo, un trentenne originario del Pakistan, non si è arresto e ha presentato ricorso al tribunale amministrativo, che gli ha dato ragione e ha annullato la revoca, che era già stata sospesa in via cautelare.

Effettivamente, nel 2022 l’uomo ha lavorato durante il periodo di fruizione delle misure di accoglienza, e ha percepito un reddito di circa 10.500 euro, come emerso dalla certificazione unica presentata nel 2023. In questo modo, ha di fatto superato l’importo dell’assegno sociale, fissato un 6.085,43 euro. Venuta a conoscenza della situazione, secondo quanto si legge nella sentenza, la prefettura «ha quindi disposto la revoca delle misure di accoglienza per superamento dell’importo dell’assegno sociale 2022 e ha ingiunto al ricorrente il rimborso dei costi sostenuti per le misure di cui ha usufruito (calcolati in base al costo lordo pro capite e giornaliero della convenzione tra l’ente gestore e la prefettura), riferiti al periodo che va dall’1 gennaio 2023 al 28 agosto 2023 e quantificati in euro 6.864».

Tuttavia, secondo i giudici del Tar l’aver lavorato, guadagnando una cifra più alta rispetto all’assegno sociale, non è un elemento sufficiente a far uscire il migrante dal sistema di accoglienza. Questo perché il lavoro, non essendo continuativo nel tempo, non ha permesso al migrante di raggiungere l’autonomia economica. Se è vero che nel 2022 ha guadagnato oltre 10mila euro, è altrettanto vero che l’anno successivo ha lavorato pochissimo, poco più di un mese, arrivando a un reddito annuo di circa 2mila euro. La «condizione economica del ricorrente al momento dell’adozione del provvedimento impugnato – spiega il Tar – era ben lontana a quella del 2022, che ha rappresentato solo una parentesi». «L’amministrazione – aggiungono i giudici – non ha effettuato una valutazione di sufficienza e continuità del reddito da lavoro».

 

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