Il Tirreno

Firenze

Il reportage

Una “favela” nata sotto la Fi-Pi-Li a pochi metri da cinema e albergo

di Leonardo Borghesi
Una “favela” nata sotto la Fi-Pi-Li a pochi metri da cinema e albergo

Firenze, sono state costruite baracche per dormire e anche angoli per cucinare

06 maggio 2024
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FIRENZE. Sacchi. Scatoloni. Buste. Vetri. Pezzi di legno. Cocci. La montagna di rifiuti è alta quasi quanto un essere umano. Qua e là spuntano anche delle scarpe e un paio di ruote di bici, mentre in cima al cumulo svetta solitario un sacchetto dell’Esselunga.

L’accampamento

Siamo a un accampamento di fortuna situato sotto un cavalcavia della Fi-Pi-Li, a pochi metri dall’Uci Cinemas e dall’hotel Hilton, in via del Cavallaccio. Questo rifugio per disperati, all’occorrenza anche discarica, sembra popolarsi solo in certi periodi. «Ultimamente non viene quasi nessuno, ogni tanto passano a buttarci qualcosa - afferma una commerciante della zona - ma qualche tempo fa giravano in piccoli gruppetti, soprattutto di notte per poi andare a dormirci. A volte la mattina venivano al Village per avere un caffè e una sigaretta».

Dentro alla città nascosta

Arrivando dalla strada si notano subito i divani blu mezzi distrutti, sommersi in parte dai sacchi di spazzatura. Andando più avanti il panorama si fa sempre più desolante, tra montagne di immondizia e baracche costruite con pezzi di legno, teli e coperte. I rifiuti sono ovunque, e ogni tanto qualche oggetto nascosto tra l’erba e le piante scricchiola sotto i piedi. Accanto ai piloni della superstrada è ammucchiato di tutto, dai cocci di qualche gabinetto ai resti di porte in legno, dai cassetti sparsi in terra ai comodini, alcuni ancora in buono stato. E poi tavoli, infissi, sedie mezze rotte, elettrodomestici a malapena riconoscibili, sacchetti, bottigliette di plastica, vecchi contenitori, a un certo punto spunta addirittura il ripiano di un calcio balilla. I rifugi per dormire, baracche approntate alla bell’e meglio, sono due. Il primo, quello più grande, ha il tetto sfondato e le pareti, semplici cartoni in legno, sembrano poter crollare da un momento all’altro. Su un lato della baracca c’è una porta in legno con una serratura rudimentale, da cui si accede all’incredibile confusione che regna nell’ambiente interno. In mezzo ai rifiuti, un divano sfasciato e un materasso con delle coperte sporche sono i giacigli di fortuna su cui probabilmente dormono i disperati. Il secondo riparo, molto più piccolo, si trova in fondo all’accampamento, accanto ad altri rifiuti sparpagliati ovunque. Di fronte, quello che sembra essere l’angolo adibito al “fuoco”. Pentole e padelle fanno capolino tra i ciuffi d’erba, mentre alcuni scarti bruciati sono abbandonati poco più lontano. Appoggiato al pilone c’è un ripiano in pietra completamente annerito, usato probabilmente per cucinare o per scaldarsi al tepore del fuoco nelle notti più fredde. Degrado, abbandono, disperazione, ecco cosa si respira in questo angolo di desolazione.


 

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