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Bambina scomparsa a Firenze, le indagini sulla telefonata arrivata dal Perù: perché è una pista valida

di Matteo Leoni
Bambina scomparsa a Firenze, le indagini sulla telefonata arrivata dal Perù: perché è una pista valida

Il sospetto è che i familiari, magari anche in buona fede, possano aver nascosto qualcosa. Intanto, il giudice conferma il carcere per lo zio della piccola Kata

17 agosto 2023
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FIRENZE. Una telefonata dal Perù, che riaccende la speranza sul destino della piccola Kataleya Alvarez, scomparsa il 10 giugno scorso dall’ex hotel Astor. L’episodio, finito al vaglio degli inquirenti, risalirebbe ai giorni immediatamente successivi al rapimento. Il padre della piccola sarebbe stato contattato da un parente, detenuto in carcere in Perù. «Kata è qui, l’hanno rapita per sbaglio, ci penso io». Sarebbe stato questo il succo della conversazione. Il padre della bimba avrebbe chiesto al familiare di attivarsi per avere informazioni. ll padre di Kata, sentiti i suoi avvocati, avrebbe poi riferito la circostanza alla procura. La pista che porta al Perù, e secondo la quale la bambina sarebbe ancora viva, per il momento non avrebbe portato a risultati concreti, ma resta sempre aperta, tanto che sarebbero in corso contatti tra la polizia peruviana e quella italiana.

L’ipotesi privilegiata dagli investigatori resta quella di un sequestro di persona a scopo di estorsione, nell’ambito della guerra per il racket della camere. Ma anche lo scenario di un possibile trasferimento della bimba in Perù sarebbe preso in considerazione, nonostante le oggettive difficoltà che i rapitori avrebbero dovuto incontrare per attuare un piano simile (il lungo viaggio, i trasferimenti in aereo e i controlli negli scali aeroportuali).

Alcuni elementi utili alle indagini potrebbero arrivare dall’esame, ancora in corso, dei cellulari dei genitori di Kata e dei loro familiari, posti sotto sequestro dai carabinieri nelle scorse settimane. La decisione di effettuare una copia forense e di analizzare le memorie degli smartphone sarebbe scattata a seguito di ricostruzioni dei fatti “poco limpide”. Il sospetto è che i familiari, magari anche in buona fede, possano aver nascosto qualcosa, forse nella comprensibile speranza di riuscire a salvare la figlia: ad esempio delle richieste di riscatto.

Ieri, sulla vicenda della telefonata dal Perù e sul rapporto con la procura sono intervenuti gli avvocati dei genitori, Sharon Matteoni e Filippo Zanasi, che hanno negato in modo deciso l’eventualità che i genitori di Kata possano aver omesso dettagli agli inquirenti. «Il padre e la madre di Kata hanno cercato di informare quotidianamente le forze dell’ordine e la procura fornendo qualsiasi tipo di notizia e continuano a farlo – hanno affermato –. Ogni minimo ricordo o avvenimento, anche irrilevante, è stato riportato. Tutto questo per contribuire attivamente alle indagini. Le ricerche non si sono mai fermate, neppure nei giorni di festa. La ricerca non è andata in ferie, così come la speranza di ritrovare Kataleya. Purtroppo sono già trascorsi più di due mesi dalla scomparsa, ma non vogliamo assolutamente neppure immaginare un epilogo infausto».

Sulla scomparsa di Kata la procura ha aperto un’indagine per sequestro di persona a scopo di estorsione, coordinata dall’aggiunto Luca Tescaroli, dalla pm Christine Von Borries e dal pm Giuseppe Ledda. Il sospetto è che si sia trattato di un rapimento a scopo di vendetta, nell’ambito delle guerra per il controllo delle camere nell’ex hotel Astor, una battaglia nella quale la famiglia di Kata avrebbe avuto un ruolo certo non secondario, almeno stando alle indagini.

Proprio ieri il gip di Firenze Angelo Antonio Pezzuti ha stabilito, respingendo la richiesta della difesa, che debbano restare in carcere tre dei quattro uomini arrestati nell’ambito dell’inchiesta sul racket delle camere e sul tentato omicidio avvenuto all’Astor la sera del 28 maggio scorso, pochi giorni prima che Kata fosse rapita, quando un quarantenne dell’Ecuador fu costretto a buttarsi da una finestra al secondo piano dell’hotel per sfuggire a coloro che volevano ucciderlo. In cella restano lo zio di Kata, Argenis Abel Alvarez Vasquez (detto Dominique), il presunto padrone dell’Astor Carlos Martin De La Colina Palomino, e Nicolas Eduardo Lenes Aucacusi. Va agli ai domiciliari, per motivi di salute, Carlos Manuel Salinas Mena. Il difensore degli indagati, avvocato Elisa Baldocci, starebbe valutando la possibilità di ricorrere al tribunale del riesame.

A incastrare lo zio di Kata e Carlos è stata, tra le altre, la testimonianza del fratello del padre della bimba, riportata anche nell’ordinanza del gip. Nel dettaglio, Marlon Edgar Chicclo Romero ha raccontato che suo fratello (ossia il padre di Kata, ndr), insieme ad Abel «avevano la gestione delle stanze nell’albergo; in particolare, ogni volta che una famiglia andava via, loro acquistavano il diritto a entrare nella stanza e la rivendevano a chi ne faceva richiesta» e che «erano soliti vendere una stanza piccola a 800 euro una tanum mentre quelle col bagno a circa 1.200 euro una tantum».

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